
PLACEBO - Battle for the Sun
Quanto può influire in una band il cambio di un elemento?
Io l’ho vissuto e posso dire che influisce molto, soprattutto se l’elemento che si cambia è il batterista, e quest’ultimo partecipa attivamente alla stesura dei pezzi.
Nel caso di un trio come i Placebo il cambio di batterista influisce tantissimo sul sound, sullo stile, sull’attitudine. Infatti in “Battle fo the Sun” si sente tantissimo l’apporto del nuovo entrato. I Placebo non sono cambiati nello stile o nel songwriting, sono sempre loro e si sente più che mai, ma hanno qualcosa di diverso, qualcosa di fondamentale: l’attitudine.
Vi ricordate Meds? Ecco dimenticatevelo, se non l’avete già fatto. Non perché non sia bello, anzi, ma l’ho sempre trovato un disco “stanco”, “pesante”, e molto studiato a tavolino (nonostante dicessero che fosse basato molto sulla performance).
“Battle for the Sun” è tutto l’opposto. E’ un disco fresco, istintivo, diretto, molto giocato sulle chitarre, con distorsioni leggermente più pesanti del solito e pochi sample/tastierini vari. Insomma è un vero disco Rock. Sembra incredibile ma hanno riacquistato quell’urgenza espressiva che si sente solo nei gruppi emergenti o nelle band al debutto. Anche la voce di Brian Molko è molto più emotiva, sanguigna e disperata del solito, in alcuni tratti è anche commuovente come non lo è mai stato.
In questo disco sentirete la stessa atmosfera di sottile e generale eccitazione che si respira in una classe di sole ragazzine quando viene presentato il compagno nuovo e un po’ fighetto che viene da fuori.
In questa mutazione ci sono di mezzo sicuramente le mani e i piedi di Steve Forrest, il nuovo batterista 22enne che ha sostituito il “vecchio” e sicuramente stanco Steve Hewitt. E si sente. Come tecnica, fantasia e impatto è sicuramente superiore al suo predecessore, anche se mi manca un po’ il suo tipico doppio colpo di rullante. Sicuramente agli altri due membri storici deve aver stimolato molto questo confronto con un ragazzo così giovane.
Il risultato di tutto questo ha la sua massima espressione nel brano che da il titolo all’album, che è sicuramente il più complesso come struttura, riff di chitarra e drumming di tutta la produzione Placebo. Un continuo crescendo carico di tensione che sfocia in un’esplosione finale che da i brividi. Il singolo che ha anticipato il disco invece è forse il pezzo più freddo e impersonale, valido per far capire l’”attitudine”, ma a mio avviso uno dei peggiori di tutto il disco.
Per sentire forte e chiaro i tipici “tastierini” (non è assolutamente un termine tecnico ma rende bene l’idea) che hanno costellato più o meno ogni canzone dei Placebo negli anni passati dovete aspettare la quinta traccia “Devil in Details”. Dove si sente tutto il loro stile e la loro impronta, con una strofa costruita su un ritmo sincopato e un ritornello invece molto esplosivo e lineare. Altro pezzo a mio avviso splendido e in pieno stile Molko & Co è “The Never Ending Why”, una canzone trascinante dove c’è anche spazio per dei fiati nello special.
Ma l’oscar di pezzo più bello di questo disco lo vince sicuramente “Happy You’re Gone”, una ballad veramente struggente. Una strofa sussurrata e un ritornello carico e disperato, in cui Molko da il meglio di se come cantante e come interprete, con un testo che non è nulla di nuovo, ma parla della perdita di qualcuno in un modo molto toccante, che abbinato all’interpretazione di Brian ha un risultato davvero commuovente. Pane per cuori teneri e autolesionisti.
Tirando rapidamente le conclusioni (altrimenti mi dilungherei troppo), questo forse sarà un disco che deluderà i fan più dark, ma chi ama il lato più rock e diretto dei Placebo esulterà come ho fatto io sentendo questo “Battle for the Sun”.

Valentina
12/03/2010 at 19:33
… Ho letto molti commenti denigratori su questo Buttle for the Sun…. ma io la penso proprio come te.
Adoro questo album…. e nn c’è un pezzo ke nn mi piaccia ( cosa ke non ho provato con Meds) e sopratutto mi piace molto il nuovo Steve, la sua potenza e il suo carisma sono unici.