Full-Heads
Finanziato con il crowfunding il nuovo lavoro di Daniele Sepe, è stato realizzato con una ciurma di ben 62 musicisti, tra cui sue vecchie e nuove conoscenze. L’artista napoletano ci aveva abituato a numeri così elevati di musicisti, ma non era mai giunto a tanto. Il suo nome, inoltre, non appare in copertina e per questo lavoro Sepe ha voluto ricreare un clima simile a quello che era presente durante le registrazioni di “Vite perdite”, dato che ha voluto in qualche modo fotografare di nuovo la scena musicale partenopea. Come sempre il saxofonista è riuscito a coordinare un lavoro corale con maestria e con la professionalità che lo ha sempre contraddistinto.
A differenza dei lavori degli ultimi anni in questo disco Sepe ha espresso una maggiore vena goliardica, un po’ meno ideologizzata. Piuttosto si è divertito a dileggiare certi personaggi e usanze, come i rampolli viziati e incapaci di uscire dal guscio materno nel funky di “Spritz e rivoluzione”, per non parlare dello scanzonato folk ironico sulla relazione tossica di “Amò”. Gli elementi musicali prevalenti in questo lavoro sono il funky, il folk e il blues. Il folk, in questo caso è soprattutto di matrice greca con il sirtaki di “Penelope”, irlandese (“La chiamavano Sanità”) e balcanico-orientale (“Jovano”).
Il blues con una forte ascendenza New Orleans caratterizza il sarcasmo di “Poggioreale mia”, mentre il finale è dedicato interamente alla napoletanità più verace nella tarantella di “Pusilleco addiruso”. Finale perfetto per un ritorno a casa della ciurma di Capitan Sepe.

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