Questa volta l’artista napoletano utilizza il vino per dare la sua lettura e la sua interpretazione delle ingiustizie sociali. Tuttavia, Sepe non si limita a parlare di vino e a ironizzare sulle ubriacature, ma più in generale affronta la questione dell’alimentarsi e della convivialità nei luoghi del lavoro (“Tempi moderni”) e dei quartieri napoletani. Accompagnato dal solito nutrito di amici e compagni di viaggio, tra i quali i Blue Stuff, storico gruppo di blues partenopeo, il rapper Paolo “Shaone” Romano, il romeno Florin Barbu e tanti altri, il sassofonista ci allieta per settantatré minuti tra folk, jazz’n’blues e hip hop.
In mezzo a brani più allegri, come la tarantella “Fresca fresca” e i folk balcanici “Ouzo” e “Drunk man song”, entrambi intarsiati da momenti jazz e prog, Daniele Sepe non smette di ricordarci le vigliaccherie del potere di ieri e di oggi nell’omaggio all’anarchico Franco Serrantini, ucciso dalla polizia a Pisa nel 1972, brano che ha un filo diretto con le più recenti vicende di Cucchi e Aldrovandi. Coinvolgente il blues “Black and brown” di Big Bill Bronzy, con un arrangiamento alla jazz di New Orleans, allo stesso modo del raggamauffin-hip hop di “Vlata de la tara”.
Come sempre Sepe ha pubblicato un altro grande disco nel quale spazia e include i vari tipi di musica che più gli aggradano, con la professionalità e la passione che lo contraddistingue, senza filtri.

