Quello di “Monsters”, il nuovo EP di Anna Bassy uscito il 15 ottobre, è un progetto che accompagna l’ascoltatore in un viaggio tra il folk e il soul, tra influenze africane e un sound di respiro internazionale. Il risultato sono cinque tracce delicate ma allo stesso tempo intense: abbiamo intervisto la cantautrice per sapere qualcosa in più su di lei e sul disco.
Ciao Anna, da dove nasce la scelta di cambiare “Bassi” in “Bassy”?
Cercavo un nome che mi rappresentasse e che fosse allo stesso tempo più “autentico” possibile. Mi risultava difficile però usare il mio nome anagrafico perché Anna Bassi è praticamente l’equivalente di Mario Rossi :). Ne è piena l’Italia e rintracciarmi sarebbe stato davvero complicato, mentre io, beh…voglio farmi trovare. Quindi un po’ per gioco la “I” è diventata una “Y”. In seguito, ho scoperto che Bassy/Bassey deriva da Abasi, che in Efik, lingua della Nigeria significa “dio, creatore”. Mi è sembrata quindi la scelta che più potesse rispecchiarmi, essendo così vicina al mio nome vero ma allo stesso tempo un rimando alle mie origini nigeriane. Infine, anche se meno forte, c’è un riferimento a Shirley Bassey (peraltro anche lei di origini nigeriane) come tributo alle grandi voci della musica black. Già da ragazzina mi ispiravo proprio al suo nome per creare le “identità alternative” che utilizzavo per giocare.
Qual è il primo ricordo che hai legato alla musica?
La ninna nanna che mi cantava mia madre, quella che comunemente è conosciuta come “Ninna Nanna” di Brahms. Tuttora quando la sento, mi commuovo. Ho un ricordo molto vivido di me e lei nella casa in cui abitavo da bambina, mentre cercava di farmi addormentare. Dalle imposte socchiuse entrava un raggio di sole molto intenso, immagino quindi fosse l’ora del riposino pomeridiano. E il suo canto mi consolava. Ancora oggi trovo che per me sia particolarmente importante proprio questa funzione di conforto che la musica può rappresentare.
Nei tuoi brani si incontrano diversi mondi, ritroviamo soul, folk e pop. Come riesci a combinare tra loro i suoni che ti hanno influenzata nel tempo?
Credo e spero che si combinino in maniera spontanea, naturale. Probabilmente le maggiori influenze provengono dal soul, R&B, hip-hop, i generi che più mi hanno appassionata, ma quando scrivo e canto, penso esca tutto ciò che sono, tutta la musica che ho ascoltato e che ho amato. Inoltre, i musicisti della band con la quale collaboro, hanno a loro volta background musicali talvolta molto distanti tra loro, ma che siamo riusciti a far interagire e integrare.
“Monster” è il titolo del tuo debut EP, parlacene un po’.
L’EP era in lavorazione ormai da due anni, la pandemia ha rallentato i piani. Doveva uscire un anno fa, abbiamo rimandato più volte, ma forse è stato meglio così. Nel frattempo, infatti ho scritto un altro brano che è stato inserito nell’Ep ed è proprio la traccia che dà il titolo all’album “Monsters”. È una traccia nata quasi all’improvviso in una giornata di agosto, in seguito ad un sogno, molto istintiva e viscerale e che rispecchia proprio il modo che ho di vivere la musica.
Per tutte le cinque tracce di “Monster” il tema della paura nelle sue diverse forme è centrale. La paura ha mai interferito con il tuo processo creativo impedendo o rallentando la scrittura?
Continuamente. Penso che in particolare, la paura di sbagliare sia nemica di qualsiasi progetto e intento. La paura dell’insuccesso è proprio ciò che causa l’insuccesso, in fin dei conti. Perché ti blocca, ti fa credere che fallirai ancor prima di provarci. Superare queste paure è un percorso da fare giorno dopo giorno; a volte sembra di dover ripartire da zero, altre volte invece si riesce ad avere la consapevolezza che qualche passo avanti lo si è fatto. In questo mi aiuta molto la musica.
Qual è il messaggio che speri colga chi ascolterà l’EP?
Ci sono degli appelli sparsi qua è là nei brani che spero arrivino a chi ascolta. Ma non dei messaggi veri e propri, semplicemente canto le mie fatiche, le mie speranze. Con queste canzoni mi sono presa cura di me stessa, e fanno parte di una sorta di cammino di guarigione. Ed è questo l’augurio più forte che mi sento di fare all’ EP in uscita, ovvero che possa rappresentare almeno in piccola parte, questa stessa cosa per altri.
Nonostante il tuo sia un progetto solista in live sei affiancata da una band. Cosa credi che abbia dato in più alla tua musica?
Devo dire che la presenza della band va ben oltre il live. Con loro sono nati molti degli arrangiamenti del disco, e l’identità del progetto oggi dipende molto anche dal loro apporto. Sono riusciti ad entrare nei brani e nella mia visione della musica, cogliendone l’essenza e portando ognuno la propria, sia musicalmente che umanamente. E poi hanno creduto in me, nella mia musica, e di questo non posso far altro che essere grata.
Quanto è stato difficile ritagliare un tuo spazio nel panorama musicale italiano?
Metterei questa domanda al presente. La strada è ancora lunga, e in un certo senso sono ancora all’inizio. Non credo di esserci riuscita a dire il vero, ma posso dire cosa mi spinge a provarci giorno dopo giorno. Innanzitutto, per me la motivazione deriva dal credere che questo spazio ci sia effettivamente. E con determinazione (a giorni alterni) lavorare per raggiungerlo, ma senza forzature; è necessario anche dare il giusto tempo ad un progetto per maturare.
