Gli Endrigo, nuovo acquisto della famiglia Garrincha e Manita Dischi, sono una band bresciana alternative rock dal sound compatto e potente, composta da tre elementi: Gabriele Tura, voce, chitarra, Matteo Tura, voce, basso, piano e tutto quello che serve, e Ludovico Gandellini alla batteria. Negli ultimi mesi sono stati pubblicati i tre i singoli che anticipano il prossimo disco della band: “Infernino”, “Smettere di Fumare” e “Anni Verdi”, disponibile dal 5 giugno.
L’ultimo pubblicato, “Anni verdi”, racconta di feste, sesso e notti in viaggio dei musicisti, come dei ragazzini in un mondo di adulti.
«Tutti gli anni che ci siamo fumati. Quelli in cui non c’eravamo per chi ne aveva bisogno, quelli dove le piccole cose diventavano enormi e uccidevano chi rimaneva a casa. Sono stati i nostri anni verdi. Gli anni sempre con la botta. Chissà se a questo giro ci scende davvero e possiamo cambiare. Le persone a cui lo abbiamo promesso per l’ennesima volta forse non ci credono più. Forse si sbagliano. Forse no…»
Questo è il terzo tassello che anticipa un disco d’impatto, soprattutto in dimensione live, che dobbiamo ancora immaginare un po’ prima di viverlo di persona. Nell’attesa abbiamo fatto qualche domanda per stuzzicare la curiosità, ecco cosa ci hanno raccontato.
Vi abbiamo conosciuto in passato per il vostro stile diretto, autoironico, con chitarre distorte e batterie potenti. Cosa dobbiamo aspettarci dal vostro nuovo progetto?
In questo disco abbiamo fatto qualsiasi cosa ci passasse per la testa, fregandocene di chitarra-non chitarra, urla-non urla, batteria spinta-non spinta ecc. Restiamo diretti nel senso che non ci censuriamo nemmeno quando rischiamo di essere “troppo morbidi” o “troppo pop”, cosa che a volte in passato abbiamo avuto paura di affrontare.
Anni Verdi è il vostro nuovo singolo, parla di quegli anni spensierati che ci trascinano senza responsabilità. Come state affrontando la vostra crescita personale e musicale?
In realtà Anni Verdi è già ambientata ai giorni nostri, parla già della vita adulta. Solo che suonando si cresce in modo strano, sempre un po’ con la coda in un’altra realtà, che ogni tanto ti richiama indietro e ti incasina mentre provi a fare le cose come si dovrebbe.
“Questa volta con la testa sarò qui, ti giuro che mi laverò tutti i giorni i denti” troviamo anche delle promesse a qualcuno che ci vuole diversi. In cosa vi piacerebbe essere più responsabili?
Siamo diventati molto responsabili come gruppo, abbiamo scelto alcune cose per cui batterci e per cui esporci dal punto di vista delle idee, e allo stesso tempo ci siamo liberati dalla paura di certi purismi musicali che in realtà non ci sono mai appartenuti in maniera così drastica, ma in cui a un certo punto ci siamo sentiti un po’ in gabbia.
Siete pronti per uscire da questi Anni Verdi dal sangue rock o vi piacerebbe vivere con questo spirito per ancora molto tempo?
Se uscire dagli Anni Verdi significa imparare ad avere una vita stabile e regolare temo che di fatto non siamo affatto pronti, anche se ora forse ci piacerebbe.
Il brano “Infernino” dice: “fa niente se fa male, domani passa tutto // non ci prenderanno mai”, un invito a reagire e a non abbattersi. Può considerarsi un messaggio valido anche per affrontare questa ultima crisi che ha colpito tutti?
Il modo di affrontare questo periodo è per forza di cose una novità per tutti. Nessuno aveva mai vissuto nulla di simile, nemmeno le generazioni passate, non in questo modo almeno, tutti bloccati ma potenzialmente sempre in contatto. Per questo non ci sono modi sbagliati di affrontarla, dal non fare un cazzo al fare diecimila cose, dal deprimersi allo sdrammatizzare, dall’isolarsi al cercare gente che non si sentiva da anni. In realtà Infernino è una canzone piena di bugie che si dicono a chi sta male e ci si racconta per resistere nello star loro a fianco. Nessun consiglio, dunque.
Come nasce la collaborazione in questo pezzo con Bologna Violenta?
Nicola collabora spesso con i dischi che vengono registrati al Donkey Studio, che è lo studio di Garrincha, perciò è stata una collaborazione nata per motivi strettamente artistici, non ci conoscevamo direttamente prima, anche se ora ci siamo scambiati qualche messaggio porno. Tornerà in diversi brani del disco e ne siamo veramente felici perché ha scritto delle parti molto belle e in generale siamo sempre stati fan del suo progetto; credo sia stato il primo concerto che ho visto quando sono arrivato all’università (trivial random).
“Di fumare non si smette mai” (ovviamente se non lo si desidera). C’è un vizio a cui non rinuncereste mai oltre a questo?
Tutti quelli che abbiamo ce li teniamo stretti, fanno male al corpo e bene a tutto il resto. Se ci sono bambini che leggono: imitateci.
Avete partecipato al mixtape della Garrincha insieme ad altri nomi della musica indie Italiana come Cimini, Stato Sociale ed Ex Otago. Vi piacerebbe collaborare in futuro con qualcuno di loro?
Molti dei gruppi del mixtape sono amici o comunque persone che abbiamo incrociato sul cammino. Sarebbe sicuramente molto bello, ma comunque in qualche modo spesso al Donkey Studio fa capolino qualcuno e magari butta un’idea o un suono su un pezzo, quindi indirettamente è già successo.
Avete solcato più di 300 palchi in giro per l’Italia ma questa quarantena degli ultimi mesi ci ha bloccati in casa. Avete ancora negli occhi (e nelle orecchie) ricordi legati allo scorso tour? Un aneddoto simpatico che vi ha segnato particolarmente?
Il palco ci manca da morire, in realtà avendo il disco che doveva ancora uscire non eravamo comunque in procinto di ripartire con il tour, ma fosse per noi suoneremmo tutti i giorni. Gli aneddoti sono veramente infiniti, la maggior parte non raccontabili. Tra quelli non censurabili potremmo citare così al volo Massa – che è il disgraziato che suona la chitarra dal vivo insieme a noi – che si è fatto uscire una spalla fuggendo in stato confusionario dopo aver rubato dell’acqua da un backstage in cui però aveva diritto di stare, essendo il nostro. Una volta abbiamo occupato un castello di notte, un’altra ancora rischiato di non venire pagati per aver preso possesso abusivo del dj set; abbiamo invaso un karaoke diventandone padroni, abbiamo fatto infinite cadute dal palco, tentativi di lanciarsi sul tettuccio del furgone senza motivo dal tetto del locale. Niente di cui andare fieri, anzi, però non ci annoiamo, ecco.
La musica in streaming può colmare la mancanza dei live?
Gli eventi in streaming organizzati professionalmente e fatti bene sono sicuramente interessanti come alternativa temporanea e perché no anche come cosa in sé ogni tanto. A noi piacerebbe poter ricominciare adattando il live alla nuova situazione, con un concerto più intimo e studiato, un ibrido tra elettrico e acustico, fruibile anche in questo momento in cui potrebbe essere necessario stare seduti o comunque fermi. Abbiamo altrettanta voglia di fare rumore e stare ammassati ma visto il momento sarebbe un buon modo per buttarsi in una nuova sfida. Le dirette dal divano sono una palla al cazzo da guardare perché abbiamo la soglia dell’attenzione bassissima e anche da fare perché siamo timidi.
Giada Consiglio
