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Interviste

Damon Arabsolgar e la sua “Nitida”, un brano che ha trasformato il suo debutto solista in un progetto collettivo

foto di Ginevra Battaglia

É uscito venerdì 17 novembre 2023 in distribuzione Believe Digital il singolo di debutto del progetto solista di Damon Arabsolgar (attualmente, anche una delle metà dei MOMBAO) dal titolo “Nitida“. Una canzone d’amore scritta durante l’inizio di una separazione, un tentativo inconsapevole di imprimere un’istantanea, lasciare una traccia del sentimento per cui valeva la pena lottare per tenere tutto insieme. Damon si svela così, con questo anticipo di un disco di quella che sarà un’autobiografia musicale, indossando una veste sinora inedita che si compone di fragilità e vulnerabilità sussurrate, lontano dall’immagine impattante a cui ci avevano abituato i Mombao.

Complice l’influenza e l’energia che si respira al Supermoon Studio di Giacomo Carlone (un luogo caro a Damon in cui aveva deciso di traslocare il suo pianoforte su cui aveva scritto tutte le canzoni del disco di prossima uscita) e la collaborazione del musicista e compositore di musica contemporanea Vincenzo Parisi, il primo singolo di Damon Arabsolgar condensa suggestioni che derivano dalle sue esperienze musicali e non, attraversando mondi che sono apparentemente ossimorici come la musica contemporanea, il rock, l’elettronica e il cantautorato folk.

Questo brano ha coinvolto tantissimi personaggi, un pianoforte, uno studio, un trio di archi e condensa una storia che Damon si porta dietro da anni, abbiamo provato a districarla in questa lunga e bellissima intervista.

Saremmo curiosi di sapere la storia di quel pianoforte, quello che hai parcheggiato a casa di Giacomo Carlone, anche dal punto di vista di Giacomo. Come mai questo piano è così importante per questo primo capitolo solista? 


Il pianoforte in questione appartiene a mia sorella e siamo cresciuti entrambi studiando su quello strumento quando era a casa dei miei genitori.
Ho sempre scritto fin da piccino le mie composizioni su quel pianoforte, registrandole su cassette magnetiche e scrivendone spartiti psichedelici illustrati come “Un Extraterrestre alle Olimpiadi”, opera assolutamente incompresa dal sistema scolastico in cui ero immerso da piccolo. Mi dicevano sempre “strofa, ritornello, strofa, bridge ritornello!” e io invece mi ostinavo a scrivere questi lunghi flussi lisergici e surreali che partivano da un punto e andavano chissà dove.
Quando mi sono trasferito nella mia nuova casa, l’ho portato con me, continuando a scriverci sopra le canzoni che sono finite in questo disco. Ho cominciato a registrare questo disco da solo, proprio su quel pianoforte nel corso di quasi sei anni, prima a casa dei miei genitori, poi a casa mia. Nel momento in cui quella relazione è terminata stavo per registrare i pianoforti definitivi del resto dei brani così ho avuto la balzana idea di avere sul disco esattamente il suono del pianoforte su cui sono cresciuto e su cui ho scritto tutte le canzoni della mia vita. Così ho chiamato dei trasportatori e l’ho traslocato al Supermoon, lo studio/casa/spazio yogico in cui lavoro con Giacomo Carlone (IG @giacomocarlone).
Non è il pianoforte migliore del mondo, cigola e scricchiola però è esattamente il suono che sentivo quando le ho scritte ed qualcosa che posso definire come casa, è molto “Damon”, mi fa un po’ male e un po’ bene insieme.

foto di Ginevra Battaglia

Avevi già avuto modo di collaborare con Vincenzo Parisi? Che cosa vi ha unito sin da subito? Gli hai lasciato carta bianca?


Io e Vincenzo (IG @vincenzoparisimusic) ci siamo conosciuti tanto tempo fa, quando ancora non era un compositore di musica contemporanea ma suonava in una band “Pirate Mexican Porno Rock”, una cometa astrale di nome “Kafka On The Shore”. Chi li ha visti dal vivo non se li dimenticherà mai e chi non li ha visti non ha idea di cosa si sia perso. In ogni caso, fra alti e bassi negli ultimi anni ci eravamo stati molto vicini, aiutandoci a credere nei nostri sogni prima che chiunque altro lo facesse per noi. Siamo stati fondamentali l’uno per l’altro. In tanti anni abbiamo raramente provato a fare qualcosa insieme, forse perché ci siamo sempre trovati così bene a parlare di musica che avevamo paura di farla insieme e scoprire che questa vicinanza era solo un’illusione.
Ci ha unito fin da subito un sogno, una visione, la convinzione che la musica non è soltanto una forma ma qualcosa di più grande, una via di salvezza, di estensione della realtà. C ha unito di sicuro anche una necessità interiore di fare musica insieme ad un desiderio di riscatto. Per pura casualità siamo diventati vicini di casa e abbiamo cominciato a vederci tutte le sere, così durante il covid siamo diventati praticamente coinquilini e lì, tra una cena e l’altra, parlavamo continuamente senza mai esaurire i discorsi, ipnotizzandoci vicendevolmente sugli argomenti più disparati.
Qualcosa di profondo e innegabile ci ha uniti.
Nel momento in cui ho ripreso seriamente in mano il disco, non era più tempo di cedere a nessun compromesso, l’unico modo per chiudere l’arrangiamento di Nitida era lavorare con Parisi.
Nel frattempo lui aveva vinto una serie di premi di composizione per musica contemporanea molto importanti, fra cui quello del Conservatorio di Milano e fremeva dalla voglia di applicare la sua scrittura a brani più “tradizionali”.
Ricordo che il primo tentativo che mi aveva proposto era abbastanza canonico così gli dissi di non fare quello che pensava che sarebbe andato bene a me ma di andare dritto a quello che davvero lo rappresentava, senza compromessi. Ci siamo scambiati delle reference, fra cui Warren Ellis e Nick Cave, Daniel Blumberg, Sakamoto, Fausto Romitelli e Morton Feldman. Da lì è successa la magia, un’esperienza che non dimenticherò mai e per cui ho il piacere di ringraziare anche Giacomo e Simone Coen per le registrazioni e Alessio, Andrea ed Elisa Cavalazzi per l’esecuzione dello spartito. 

Anche se questo è un progetto solista, percepiamo che sono coinvolte davvero tante persone del tuo passato e del tuo presente. Forse “Nitida” è anche un riassunto di quanto è successo nella tua vita sinora?


A parte Vincenzo in realtà le persone coinvolte sono tutte derivanti da percorsi recenti. Ho cominciato a lavorare con Giacomo Carlone alla produzione per la prima volta quasi cinque anni fa per mettere mano ai materiali che poi sono diventati parte di questo disco, ma con lui, nel frattempo, ho prodotto anche tutte le canzoni dei Mombao e aperto uno studio di colonne sonore chiamato “Cavallipazzi”.
Nitida è contemporaneamente un diario legato al passato e un mondo completamente nuovo da cui partire per scoprire qualcosa che ancora non conosco. 
E’ qualcosa del passato che mi sta permettendo di mettere le basi per spiccare il volo verso un futuro imprevedibile ma che ho sempre sognato.

“Nitida” è il racconto di quattro anni di relazione. Che cosa ti è rimasto di quel periodo? E non hai mai avuto paura di esporti troppo a riguardo?


Più che una paura intrinseca al brano specifico di per sé, ho molta paura ad espormi in questa veste solista anche perché significa vedere quali sono effettivamente i miei limiti. Ho sempre messo le mie idee dentro a progetti collettivi, poi addirittura nascosto (o liberato, dipende dai punti di vista) il mio viso dietro ad una maschera (vedi i Mombao @mombao_mombao).
Ora si tratta semplicemente di tornare a dare spazio in maniera istintiva e libera a quella parte bambina di me, che c’è sempre stata e sempre ci sarà, quella parte più vulnerabile e sincera che penso sia la più importante e rappresentativa di chi sono veramente. Mi sono semplicemente permesso di essere me stesso in maniera completa, fino all’ultima goccia di scintille.

Questo aspetto cantautorale, fragile e blu, è sempre stato al centro della mia vita, mi accompagna da quando avevo due o tre anni e chi mi conosce da sempre mi ritrova davvero in quella sfumatura ipnotica e oceanica.
Non ho mai avuto paura di espormi da un punto di vista di contenuti o testi molto intimi e personali, lo faccio da quando sono piccolo ed è il mio modo per sentire quel senso di libertà e salvezza nella musica. 
Non posso dirti ora cosa rimane di una relazione, ora che ho sciolto i sentimenti negativi con il perdono, il tempo e il lavoro su me stesso, rimane di sicuro “una grande quantità di malinconie e ricordi, vento che annoda i capelli e avventure selvatiche, piccole attese e gesti quotidiani” nonché una grande lucidità su cosa invece voglio nel mio futuro: la capacità di trasformare le crisi in opportunità di rinascita, il coraggio di superare le proprie paure, il supporto nei propri percorsi di crescita e l’ambizione di rendere reali i propri sogni più visionari.

E per quanto riguarda il “vestito” del tuo progetto solista, leggiamo il nome di Ginevra Battaglia. Com’è andata? Ti sei fatto vestire oppure avevi già un’immaginario in testa?


Il rapporto artistico con Ginevra Battaglia, in arte Guinevere (IG @thisisguinevere / @ginevrabattaglia), è nato con grande spontaneità in contemporanea alla nostra relazione affettiva.
Direi che le due strade si sono incontrare, incrociate, fuse e ora stanno ramificando, mostrando al mondo i loro primi fiori e frutti.
Ci unisce una stima reciproca profonda, oltre alla sua musica infatti adoro profondamente anche il suo percorso artistico visivo. La scelta di lavorare insieme sull’immaginario del mio progetto solista è semplicemente avvenuta giorno dopo giorno, fra un viaggio e l’altro, parlando di dove volevo andare, chi volevo essere, quali sono i temi che sottostanno a questo disco. Mentre viaggiamo Ginevra porta sempre con sé una Canon analogica e una Zeiss medio formato a soffietto che apparteneva a mia nonna e cerchiamo di raccogliere dei momenti spontanei, a volte sono un fauno nella foresta di Anaga a Tenerife, a volte mi piace vestirmi elegante in una frana in Val Veny, sotto il ghiacciaio del Monte Bianco, a volte siamo sgattaiolati di nascosto in un osservatorio astronomico vicino ad un vulcano, arrampicandoci sulla sua cupola, altre volte invece mi fotografa mentre mi faccio dei bagni gelidi al tramonto sulla costa livornese.
Abbiamo un sodalizio artistico molto integrato e ci aiutiamo il più possibile su ogni cosa in cui ci possiamo dare una mano, è stata davvero una bella fortuna incontrarsi e stimarsi così tanto!
Vi consiglio di dare un occhio anche alla sua produzione fotografica oltre che musicale, è davvero molto brava! (IG @ginevrabattaglia )

Insieme a lei, a prendersi cura dell’immagine del mio progetto c’è anche Giulio Favotto (IG @giulio.favotto), già mente dietro all’immaginario visivo dei Mombao, insieme a cui io e Ginevra abbiamo co-firmato il video di Nitida, un lavoro prezioso, una documentazione di un atto psicomagico, una serie di pratiche sull’imparare a cadere e rialzarsi, tenersi in equilibrio.

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