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Gemelli di ERNIA: come non montare storie per sembrare altro da sé stessi

Chiunque ha ascoltato la hit Superclassico.
Che sia stato in radio, in un negozio o come sottofondo pubblicitario, la conosciamo tutti praticamente a memoria (almeno il ritornello, dai).  

È una canzone d’amore il cui testo ben si presta alle caption d’effetto delle tipelle su Instagram, che culmina in un ritornello radiofonico nato per restare in classifica.
Mentre scrivo, il brano è a quota 65 milioni di riproduzioni su Spotify e ha collezionato, dall’uscita ad oggi, ben 4 dischi di platino. 

Ma chi c’è dietro Superclassico? Da dove salta fuori il brano?
L’artista è Ernia, – fin qua ci siamo tutti -, all’anagrafe Matteo Professione.
L’album si chiama Gemelli e io sono qui a consigliarvi vivamente di recuperarlo se non l’avete ancora fatto.

Un po’ di contesto, che non guasta mai.

Gemelli è il terzo album in studio del rapper classe 1993 nato e cresciuto in zona Bonola a Milano. Qualcuno lo ricorderà da giovanissimo, quando si faceva chiamare Er Nyah e rappava (assieme a Ghali, allora Ghali Foh) nel collettivo hip hop Troupe D’Elite il quale finisce per rivelarsi un flop culminato con il fallimento del provino per il casting di Amici di Maria De Filippi.
Il quartetto ha finito per essere il più odiato della scena, subendo pesanti critiche, spesso gratuite, rivolte soprattutto al presunto scarso spessore artistico dei testi e delle produzioni nonché allo stile “swag” dei giovani componenti.

Era il 2014 e, da allora, ne è passata di acqua sotto i ponti. 

Ernia ha pubblicato tre album in studio, una manciata di singoli e un EP.
È cresciuto ed è evoluto, come artista e come persona, assumendo consapevolezza e guadagnando in lucidità sia a livello di flow, che di scrittura, che di estetica.
Abbiamo assistito al suo ritorno da solista, dopo due anni di silenzio, nel 2016 con l’EP No Hooks, che arriva dopo il singolo Fenomeno in compagnia dell’amico Izi. Pubblicato dall’etichetta Thaurus, il titolo dell’EP allude proprio all’assoluta assenza di ritornelli.
Si tratta di una produzione breve e dai toni arrabbiati, in cui è evidente l’esigenza di Ernia di dimostrare a tutti le proprie capacità artistiche. Il fango che gli è piovuto addosso anni prima lo ha segnato profondamente, e il testo di Santa Maria, terzo brano dell’EP ne sono chiara espressione.

L’anno dopo arriva il primo album in studio, dal titolo evocativo Come Uccidere Un Usignolo e subito dopo il repack contenente il CD bonus 67 che vanta la collaborazione di Guè Pequeno, Mecna e dell’amico d’infanzia Rkomi.
La scrittura risulta particolarmente incisiva, evocativa e poetica (soprattutto in tracce come Amici, Bella e Madonna). Facendo largo uso di eleganti perifrasi e riferimenti letterari, il rapper milanese toglie l’ultimo sassolino dalla scarpa relativo alla questione Troupe D’Elite (Come Uccidere Un Usignolo) e, nella stessa traccia, anticipa l’uscita di 68, il secondo album pubblicato nel 2018 via Island Records. 

Con 68 l’artista di Bonola si posiziona a pieno titolo nel genere conscious rap à la Kendrick Lamar, citando personaggi storici e letterari e confezionando un tributo davvero riuscito a De Andrè in Un Pazzo

Stando alle parole dell’artista stesso, che ha sollevato la questione nel corso di alcune interviste, il periodo relativo alla realizzazione di 68 è stato emotivamente turbolento.
L’atteggiamento generale era quello tossico dato dall’esigenza impellente di dimostrare a tutti i costi di meritarsi il posto guadagnato sulla vetta del game, l’attenzione e il rispetto della scena.
Da qui uno stato di forte carenza di serenità che sfocerà poi in apatia.

Nel singolo Certi Giorni in collaborazione con Nitro, apripista del repack 68 (Till The End), questa delicata tematica viene affrontata in maniera cristallina:
“Certi giorni sono tristi, meglio stare zitti/Oscillo tra i palazzi un po’ come gli equlibristi
Racconto la mia vita solo al bar coi baristi/Ingoio dell’oro così anche dentro siamo ricchi
E il cuore mio ha le fitte/Rimbalza come un flipper
Cammino da solo in mezzo al fumo delle marmitte
Parlo con un amico che poi manco mi capisce/Cerco uno spiraglio in mezzo a queste nubi fitte”. 

Sentir parlare, in pezzi rap, di temi così intimi indici di fragilità e vulnerabilità non è di certo la regola, ma Ernia ce li sbatte in faccia con grande eleganza e consapevolezza di sé. 

C’è da dire che Ernia non è mai stato un rapper convenzionale.
Non ha mai abusato, ad esempio, delle piattaforme social per lasciarsi andare ad ostentazioni di sorta, né per cavalcare il chiacchiericcio degli scandali, dei dissing o delle sviolinate tra colleghi.
È uno che è sempre rimasto fedele a sé stesso, alla sua cerchia di amici e, soprattutto, alla sua arte.

Arriviamo a Gemelli, l’ultima fatica di Ernia, uscita a Giugno 2020 (dopo uno slittamento temporale causato dalla pandemia da Covid-19) sempre via Island Records

Come suggerisce il titolo, il fil rouge è rappresentato dal dualismo (tipico dei nati sotto questo segno, se credete nell’astrologia) che esiste nell’animo umano e che rappresenta una condizione fortemente insita nell’essenza stessa dell’autore.
Abbiamo incontrato e riconosciuto lo sdoppiamento, le due facce della medaglia in tutta la sua produzione, con la coerenza tipica di chi è real e non monta storie per sembrare altro da sé stesso.
Dualità che si traduce in versatilità, che gli abbiamo visto sfoggiare con naturalezza: Ernia riesce a passare, giusto il tempo di uno skip nello stesso album, da un brano come Pussy ad uno come Tradimento (Il Traditore), che vanta la collaborazione di Mecna.
In medias res Ernia ci sta proprio bene, lo chiarisce anche nella produzione successiva.
Nella seconda strofa di 68 dice proprio: “Tra palazzoni e villette a schiera stavo nel mezzo/ Così che prendevo da entrambi, mi comportavo in base al contesto”.

Ecco, Gemelli è la concreta realizzazione di tutto ciò che l’artista ha seminato nel corso di questi quattro anni.
Ad anticiparne l’uscita, il rapper ha utilizzato una carrellata di nove foto pubblicate sul suo profilo Instagram, che sono servite per raccontare il background dell’album.
Un processo di introspezione di grandissima maturità personale, prima ancora che artistica. 
Ernia stesso lo ha definito, in un post su Twitter, il suo album più bello. E non possiamo che trovarci d’accordo con lui poiché il talento espressivo e la capacità di scrittura profonda e consapevole dell’artista milanese sono portati allo stremo nelle 12 tracce di Gemelli.

Si parte con Vivo, che rappresenta il momento in cui Ernia volta pagina e fa un po’ pace con sé stesso. Dopo tanto dolore, tanto fango, tanta ansia di dimostrare, finalmente fa un respiro a pieni polmoni e realizza di avercela fatta, di essere vivo.
La traccia si contrappone a Morto Dentro, brano prodotto da Sick Luke, dando vita a questo gioco di rimandi contrapposti che danno prova della complessità artistica del rapper e che continueranno nel corso di tutto l’album. 

Su questa scia si colloca MeryXSempre feat. Shiva che ci racconta dell’adolescenza outsider di Ernia, sempre in strada, sempre sulle panchine. Un brano crudo e forte, che lascia immedesimare chi ascolta e che si conclude con un memo vocale inviato al rapper da un ragazzo conosciuto nel carcere minorile Beccaria, che gli annuncia di essere stato rilasciato con messa alla prova e lo ringrazia per avergli portato fortuna.

Sempre in puro stile hip-hop e creata per omaggiare la storia del rap italiano c’è Puro Sinaloa, brano speculare a Puro Bogotà dei Club Dogo. Con Ernia, sull’iconico beat di Don Joe ci sono anche Tedua, Rkomi e Lazza a regalarci un viaggio indietro nel tempo di 13 anni.
Rimanendo in tema featuring, quello con Fabri Fibra è il più riuscito del disco: il pezzo Non Me Ne Frega Un Cazzo, frutto dell’esperienza di totale apatia provata da Ernia in un periodo recente della sua vita, è una vera hit. I flow dei due artisti sembrano fatti per duettare e si amalgamano perfettamente al mood e al beat del pezzo.
Leggermente più debole, a livello musicale, risulta invece il featuring con il rapper napoletano Luchè, il quale si avvicina ad Ernia per la penna conscious e ricercata.
Lo stesso avviene in Fuoriluogo (feat. Madame), che riesce a mettere in musica, in modo magistrale, il tema dell’inadeguatezza e della conseguente vulnerabilità.
U2, invece, è il brano arrogante e autoreferenziale del disco, immancabile in un album rap che si rispetti e, assieme a Bugie, costituisce la parte rabbiosa e più old school dell’opera. 

Ho volutamente lasciato per ultime le tracce Superclassico, Cigni e Ferma a Guardare
Sono brani caratterizzati da una costruzione radiofonica, votata al pop, che si discosta in qualche modo dal genere con cui siamo stati abituati a conoscere Ernia.
Superclassico è la mega hit quadruplo platino di cui parlavamo ad inizio articolo, che da quando è uscita non ha mai smesso di girare in radio e di presenziare almeno nella top 5 delle classifiche italiane.
Cigni strizza l’occhio al synthwave pop stile ultimo The Weeknd, caratterizzata da suoni che strizzano l’occhio agli anni ‘80 e a cui hanno attinto un po’ tutti, ultimamente, dal solito Tommaso Paradiso all’insospettabile Sfera Ebbasta.
Infine c’è Ferma a Guardare, recentemente tornata alla ribalta grazie ad una riedizione del pezzo che vanta la collaborazione dei Pinguini Tattici Nucleari, noto gruppo indie, con una strofa cantata dal frontman Riccardo Zanotti.
Questo scollamento dall’attitude e dai suoni rap nudi e crudi (a cui ci aveva peraltro già abituato Salmo con Il Cielo Nella Stanza), non scredita l’immagine di Ernia.

Quella che qualche anno fa sarebbe stata appellata come una mossa da “venduto”, oggi viene compresa ed accettata soprattutto perché Ernia non ha mai cambiato penna.
I brani in questione sono fatti per essere fruibili anche da un pubblico mainstream, ma ciò non significa tradire lo zoccolo duro dei fan della prima ora. Crescere significa sperimentare e non per forza “snaturandosi” la potenza espressiva viene meno.
Ernia ancora oggi, e forse anche più di prima, riesce nell’intento di raccontarci il mondo attraverso i suoi occhi, la sua vita attraverso le esperienze vissute, in qualche caso ispirandoci e fornendoci spunti di riflessione.

La musica, d’altronde, non nasce come esigenza di condivisione e socialità espressa dagli esseri umani? 
Ben vengano allora abbinamenti tra generi solo apparentemente agli antipodi: che “il precedente Ernia” sia d’incoraggiamento per tutti.

Marta Verì

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