Articolo di Philip Grasselli
Oggi vi voglio portare con mano verso gli anni che noi Millennials conosciamo alquanto benino, tra momenti evocativi, tra spot pubblicitari e, soprattutto, quando Internet piano piano la tariffa flat a 4 mega andava gradualmente a sostituire la buona vecchia connessione a 56k.
Ebbene sì, parliamo del buon James Blunt che ritorna molto in auge in quest’ultimo anno (al di là del concerto all’Unipol Forum di Assago), a seguito dei vent’anni dall’uscita di uno degli esordi più forti della storia del pop rock: “Back to Bedlam”, uscito l’11 ottobre 2004, con le prime quattro tracce che sono entrate, nel bene e nel male, nella memoria di tutti.
Ne ha parlato molto nei social, è molto autoironico, ha pure scommesso che avrebbe cambiato legalmente il nome nel caso la re-release del ventesimo anniversario fosse arrivato alla numero 1 nella Official Charts inglese: per fortuna sua è arrivato settimo, altrimenti avremmo potuto raccontare il concerto di Blunty McBluntface a Casalecchio.

Un’atmosfera nostalgica, ma non troppo
Platea rigorosamente numerata per questo concerto che appare tranquillo, con i posti a sedere, un po’ anche dovuto al bias delle ballad e delle canzoni piuttosto low-tempo che il cantautore dell’Hampshire ci ha deliziato negli anni.
Il palco è semplice, senza troppi artifizi, divisibile in due parti: quella inferiore, in cui sarà presente la band e alcuni box colorati di celeste con dei stencil bianchi che rappresentano sagome di musicisti che suonano; quella superiore, invece, dedicata ai soli ledwall, due piccoli ai lati e uno grande nel mezzo. Easy peasy lemon squeezy.
In apertura Chesney Hawkes alla sua prima volta in Italia nonostante i suoi trentacinque anni di carriera alle spalle, un po’ one-hit-wonder con l’album “Buddy’s Song” del 1991, con quello stile che spizzica quel rock di fine anni Ottanta alla Nik Kershaw e con le chitarre alla Fine Young Cannibals.
E quindi? Cosa significa vedere James Blunt nel 2025?
Il live di James Blunt si divide in due perfette metà: la prima è l’esecuzione dal primo all’ultimo secondo di “Back to Bedlam”, la seconda, invece, fa da contenitore delle più grandi hit nel corso della sua carriera. Il tutto condito con dei meme prima dello show, con i personaggi più improbabili che indossano il suo merchandising, ovviamente generati con l’intelligenza artificiale.
Back to Bedlam: le prime quattro tracce
Alle 21 spaccate si spengono le luci dell’Unipol Arena e pian piano entra solamente James Blunt con la sua inseparabile chitarra: con l’accordo di La maggiore, eseguito in una maniera alquanto inconfondibile, parte l’incipit di “High”. Canzone che tanti di noi ricordiamo perché inserito in uno spot molto famoso intorno al 2005. Tutto intorno a te. Sound fresco, che ricorda anche gli anni del Festivalbar, estate sempre del 2005, compilation blu. Non basta questa?
La seconda traccia è l’ancora più nota “You Are Beautiful”, considerata una delle canzoni che hanno più solcato gli anni 2000, nonché anche una delle più fastidiose secondo un sondaggio di Rolling Stone. Ovviamente è un coro unico quello che proviene dalla platea e dagli spalti, con, spesso e volentieri, momenti in cui Blunt si gode quest’intonazione dei suoi fan.
“Wisemen” è il terzo brano, il quarto in ordine di promozione, uscito il 7 marzo 2005, una canzone che va a scavare nel suo passato, dove questi three wise men erano i suoi bulli che ora sono diventate solo delle persone che stanno sprecando la loro vita nel mondo della droga.
Anche il quarto pezzo è stato un grande successo, “Goodbye My Lover”, uno struggente piano e voce che tratta la realizzazione di non poter più ottenere una relazione amorosa con quella persona. Non è una canzone solamente triste, ma anche un insegnamento a superare e gestire momenti del genere. Anche qui il pubblico espande la voce di James Blunt, come fosse una condivisione dello stesso dolore provato almeno una volta nella vita.
Back to Bedlam: gli altri sei brani più in ombra
Coincidenza vuole che i primi quattro brani fossero i quattro singoli usciti e tra le canzoni più note della carriera del cantautore inglese. Si chiede quanti del pubblico siano venuti perché fan di quell’album, oppure perché siano stati trascinati dalle mogli o dai mariti: in questo caso Blunt sottolinea che nemmeno lui stesso sarebbe andato ad un suo concerto. Vabbè, ma “come dove siamo?”, come diceva il buon Alberto Malesani quando allenava il Panathinaikos nel 2005 (oramai avete capito che siamo fissi a quell’anno?).
Gli altri sei brani di “Back to Bedlam” scorrono veloci, sono altrettanto piacevoli, come “Tears and Rain” o “Billy”. Insomma, ascoltate quelle povere tracce restanti del disco, perché meritano. Ma questo fatelo in generale con tutti i dischi.
Ciao Bologna! We are very, very, very thrilled to be here! My Italiano is horrible, terrible, brutto.
James Blunt alla fine del quartetto di hit da “Back to Bedlam”
L’interazione con il pubblico è stata determinante per mantenere altissima l’attenzione di ogni singola persona: è un James Blunt costantemente autoironico, ma con dei momenti di genuina sincerità. Un James Blunt che salta da una parte all’altra, si arrampica sul pianoforte da parete, come fosse un ragazzino della metà dei suoi anni anagrafici.

Le più grandi hit della sua carriera, “Back to Bedlam” a parte
Ovviamente quell’album ha fatto solo da grande apripista per la carriera di James Blunt, invitato letteralmente ovunque nel mondo. Ma gli album successivi non hanno purtroppo riscosso lo stesso successo del primo – spesso stroncati dalla critica internazionale: ciononostante ci sono stati alcuni singoli che comunque hanno mantenuto alta l’attenzione verso la sua discografia.
Come “Carry You Home” da “All the Lost Souls” o “Stay the Night” da “Some Kind of Trouble”. O ancora “OK” che vede la piccola svolta dance di Blunt, con Robin Schulz: come accadeva molto spesso a metà degli anni Dieci, voci note in un determinato contesto e genere musicale entrano in contesti dance, deep e tropical house.
I’m not calling for a second choice
I’m screaming at the top of my voice
Give me reason, but don’t give me choice
‘Cause I’ll make the same mistake again
James Blunt – Same Mistake (2008)
Infine, le migliaia di torce accese dagli smartphone per “Same Mistake”, per chiudere in solennità la scaletta classica.
Finalmente festeggiamo il compleanno
Rientrando per il bis, tutto il pubblico intona un sonoro “Happy Birthday to You” dato che la data di Bologna è andata a coincidere con il cinquantunesimo compleanno di James Blunt.
How lucky I am spending my birthday with my ten thousand people from Italy!
James Blunt felicissimo post-auguri del pubblico
E da qui “Bonfire Heart” e, ciliegina sulla torta, “1973”. Hai visto quanti imbucati alla tua festa di compleanno?
JAMES BLUNT – La scaletta del concerto all’Unipol Arena di Casalecchio di Reno (BO)
High
You’re Beautiful
Wisemen
Goodbye My Lover
Tears and Rain
Out of My Mind
So Long, Jimmy
Billy
Cry
No Bravery
I’ll Take Everything
Carry You Home
Postcards
Coz I Luv You
Stay the Night
OK
Monsters
Same Mistake
Encore:
Bonfire Heart
1973
