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Reportage Live

WITHIN TEMPTATION: reportage, foto e scaletta del concerto di Milano

Articolo di Sharon Vani | Foto di Claudia Mazza

Ti ricordi quando, da ragazzo, iniziavi ad ascoltare metal? Sei adolescente e la curiosità è di casa, vuoi conoscere sempre di più, addentrandoti nei meandri musicali più lontani per scoprire cosa di bello ha da offrire il mondo. Ascolti il rock, poi via via provi qualcosa di più pesante: il metal, appunto, e tutte le sue sfumature possibili. Sei curioso e vuoi capire questo genere fino in fondo. E prima o poi, inciampi nel sinfonico. Direi che è una tappa inevitabile. Sei affascinato da quelle ambientazioni così lontane dalla tua quotidianità: orchestre, cori, e quel tipico connubio tra vocalità liriche e suoni oscuri. E se sei arrivato fin lì, quel mondo ti travolge. Magari poi la fase passa, ma quella sensazione ti resta dentro… e quando vieni a sapere che una band come i Within Temptation fa tappa a Milano, decidi di rispolverare vecchi ricordi e ti ritrovi là, in mezzo a chi – come te – un pensierino ce lo aveva fatto.

La storia della famosa band olandese è una di quelle che tutti i gruppi vorrebbero poter raccontare: partiti nel 1996 con un album gothic/doom sulla scia dei Tristania, hanno spopolato tre anni più tardi grazie alla ristampa di Mother Earth. Negli anni il successo si è consolidato, rinnovando un sound che ha trovato nell’enigmatica voce della dotata Sharon Den Adel il suo cavallo di battaglia. Sono trascorsi quattro anni dall’uscita del loro ultimo album Hydra e finalmente i signori del symphonic metal sono tornati sulla scena musicale con un nuovo progetto, Resist, presentandolo ai fans grazie a un gigantesco tour europeo che ha fatto tappa – in Italia – proprio al Fabrique di Milano il 15 dicembre.

Bisogna, tuttavia, fare una doverosa anticipazione: se qualcuno si aspettava un tuffo nel passato doom metal della band, con questo nuovo album dovrà ricredersi perché – a parte i testi che rimandano a soffi oscuri – la stella polare di Resist è ancora il gothic rock, seppur colorato da molti passaggi prettamente sinfonici. Come ha dichiarato la stessa Sharon, questo album vuole infatti essere più urban, che sa prendere ovunque: dal pop, all’elettronica, al metal, ricercando qualcosa di più moderno. L’importante è la crescita personale, senza scopiazzature… soprattutto di sé.

Ma, veniamo a noi. Ore 19.00 la fila fuori dal Fabrique è decisamente lunga e in meno di un’ora il locale si riempie all’inverosimile. Tutti lì con una birra in mano, ad attendere il ritorno degli olandesi. Intanto, a scaldare il palcoscenico sono i Beyond the Black, che fanno da gruppo spalla.

Alle 21 il pubblico non si trattiene più, tutti iniziano a chiamare a gran voce i mitici sei, che per fortuna non si fanno attendere. La tensione è tangibile: gli sguardi verbosi della gente, le mani impazienti con gli smartphone pronti a immortalare l’evento, la frenesia generale. Da un fitto manto di fumo si impongono finalmente sul palco i Within Temptation e iniziano con il botto, al grido da brividi «Blood for freedom» di Raise Your Banner! Grazie, Anders Fridén (frontman degli In Flames) per il featuring. Questo brano è una svolta, che evoca elementi prettamente operistici trasformandoli però in una strumentazione più heavy. E i fans apprezzano senza dubbio; braccia al cielo e una voce unisona che riempie il locale. La band incanta con riff di chitarra e lirismo emotivo. L’ardente desiderio di riscatto scintilla nelle pance di questo gruppo di musicisti.

Il secondo brano, The Reckoning, si presenta agli ascoltatori come una vera e propria fanfara da battaglia, come se un esercito fosse pronto per essere chiamato alle armi. E la voce di Sharon sale inesorabilmente. La traccia ha un inizio potentissimo, tutti gli elementi si intrecciano alla perfezione e scatenano il parterre grazie a un ritornello che contagia tutti. Stranamente Sharon sembra soffrire particolarmente questo pezzo, forse vuole strafare, ma inciampa proprio nelle riprese più alte. Tuttavia, il pubblico incoraggia la band senza esitazione. Subito dopo è la volta di Endless War, un brano che corre lungo altri binari. Un inaspettato groove e soprattutto la voce di Sharon trasportano tutti verso quella guerra alla quale ci avevano preparato con il brano precedente.

I Within sono noti per saper incorporare vari generi e influenze, infatti sfumature sonore si susseguono durante la serata, in un live che sa evocare vecchi ricordi e nuove sfide. A proposito di “vecchi ricordi”, dopo questo inizio così grintoso, facciamo tutti un tuffo nel passato con un tris di tutto rispetto: In the Middle of the Night, Stand My Ground e All i Need.

Il primo brano sfoga riff aggressivi e ritmi graffianti, che incendiano il pubblico e tutti iniziano a saltare scatenati. Una canzone veloce, potente e gli applausi (tanti) coronano la fine del pezzo. In quel preciso momento mi aspettavo di sentire Firelight. Per spezzare completamente il registro, e proporre qualcosa di nuovo. Un brano che mi ha subito colpita, una ballad evocativa, afosa e melodica, con quell’aura di mistero che ti avvolge e ti spinge ad ascoltare a occhi chiusi, per essere trasportati -all’istante- intorno un falò vicino una grigia scogliera scozzese, o immersi tra gli alberi della Foresta Nera tedesca.

E invece mi stupiscono con Stand My Ground. Un “ricaccione”, come diciamo a Roma: scelta molto, molto apprezzata dai supporters della band, tanto che si riesce quasi a toccare con mano le tante emozioni che tutti stanno provando. Il brano inizia con una musica dolce, suonata dall’orchestra, gradualmente si inseriscono gli elementi metal della band, in un crescendo che culmina alla fine della prima strofa quando la melodia assume tutte le caratteristiche del metal sinfonico.

«Won’t close my eyes and hide the truth inside».

Qui gli occhi non vanno chiusi affatto, mi giro e vedo intorno a me persone completamente rapite, quasi fossero state trasportate indietro nel tempo, al 2004. Negli sguardi di ognuno, i ricordi di un passato che riaffiora, perché le cose che ti lasci alle spalle, possono tormentare, fare male; tuttavia, bisogna “resistere” – che, in fondo, è anche il titolo del nuovo album-. La canzone è un vero e proprio inno all’ergersi, oltre le difficoltà della vita, seppur dolorose.

Ma, come è tipico della band olandese, non mancano momenti più melodici (e malinconici), come con la ballad All I Need. Poi, rieccoci al presente. Come una stella che esplode sul palco, iniziano a suonare proprio Supernova. Questo è un brano scoppiettante, dove ogni strumento pulsa accompagnando la splendida voce della singer. Lei canta come sa fare, benissimo, ancora una volta. Subentra subito dopo la ritmata Shot in the Dark (che è stato annunciato come terzo singolo del nuovo album), un brano dalle influenze elettroniche, in cui le chitarre aprono solo nel ritornello. Lo “stargate” dietro il palco da stella diventa una finestra sulla città, uno “shot” nell’oscurità della notte.

Successivamente si cambia registro con The Promise, un brano davvero toccante. Il pubblico annichilito di fronte alla band illumina il parterre con i cellulari. Sono tutti rapiti dall’epicità e dalla maestosità del gruppo. C’è un senso di vuoto nell’aria, si percepisce la desolazione della promessa infranta.

«I held you tight to me
(But) you slipped away
You promised to return to me
And I believed».

Senza dubbio tra i brani più intimi della serata. Un momento poetico che però non dura a lungo… infatti ecco Faster, un brano dal taglio pop, con un orecchiabile ritornello davvero accattivante.

«And I go faster, and faster, and faster…»

E altrettanto velocemente questo brano entra nel cuore dei fans, che non si tirano indietro e mostrano tutta la loro grinta con salti, applausi, e grida. Al contrario, Mercy Mirror ha un tocco maggiormente melanconico e pop. Forse, il brano più mainstream della nuova fatica dei Within. (Se l’avesse cantata Avril Lavigne nei primi anni 2000 non si sarebbe sconvolto nessuno, ecco tutto.)

A quel punto la band saluta, ringrazia il pubblico e si affretta ad uscire dal palco. Sono tutti attoniti, emozionati, applaudono senza sosta e non bisogna attendere molto per sentire un coro che si alza: “We want more!”, gridano con tutte le forze. Possibile che sia finito tutto così?

E invece, il gruppo torna sul palcoscenico e regala ai fans una strepitosa e commovente versione acustica di Ice Queen. Sì, avete letto bene. Quel brano che ognuno di noi stava intimamente bramando dentro di sé, ce lo donano così, come un regalo prezioso. Le persone sono rapite, neppure un fiato, perché un momento così delicato e gentile non bisogna rovinarlo con flash, grida o smartphone: va vissuto, assaporandolo fino in fondo. Tutti gli spettatori sono congelati, un vero e proprio “freezen hell”, e avviene lentamente un crescendo di goticismo e liricismo, grazie a quella “Ice Queen” che infonde brividi di inaudita intensità lungo le nostre schiene. Personalmente ho sempre preferito la versione acustica di questo brano, dove Sharon lentamente ci culla in un mondo senza tempo. E noi, nel pieno inverno meneghino, non possiamo fare altro che restare lì a farci cullare, senza fretta.

«She covers the earth with a breathtaking cloak

The sun awakes and melts it away

The world now opens its eyes and sees

The dawning of a new day».

E sulle note di quest’ultima strofa, così suggestiva, l’atmosfera si riempie con gli applausi sinceramente commossi del pubblico. A quel punto, pensi che ti lasceranno così. Con quel dolce ricordo allegorico dell’inverno. Ma no, i Within fanno di più… tutti i componenti della band rientrano e si dilettano a suonare niente meno che What Have You Done e Stairway to the Skies, per chiudere il concerto alla grande. Come sanno fare. Intorno alle 23.00 lo spettacolo giunge al termine, tra gli applausi infiniti del pubblico, visibilmente estasiato dalla performance di questa grandiosa band.

Gli olandesi ringraziano calorosamente i propri fans. E noi ringraziamo i Within Temptation, for all.

Clicca qui per vedere le foto dei WITHIN TEMPTATION a Milano (o sfoglia la gallery qui sotto).

Clicca qui per vedere le foto dei Within Temptation a Milano (o sfoglia la gallery qui sotto).

WITHIN TEMPTATION – La scaletta del concerto di Milano

Raise your Banner
The Reckoning
Endless War
In the Middle of the Night
Stand my Ground
All I Need
Paradise
Supernova
Shot in the Dark
The Promise
The Heart of Everything
Mercy Mirror
Faster
Forgiven
Mother Earth
Ice Queen (acustica)
What Have You Done
Stairway to the Skies

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"Il miglior modo di fare bene qualcosa è di amare quello che fai" Con questa frase raccolgo ciò che mi caratterizza: la passione. E ne sono piena. Con la fotografia ho un rapporto particolarmente stretto da che ho ricordi. Sarà per il fatto che amo osservare, sarà perchè una foto è eterna, i momenti invece sono attimi impercettibili e se li catturi cambi il loro stato nel tempo. E la musica? la musica è la costante. Dalla mattina appena sveglia alla sera prima di addormentarmi. La musica è lo sfondo della tua vita, la carica o la dolcezza, la rabbia o l'allegria. Il connubio di queste due cose è per me come sbagliare strada e incontrare un paradiso terreno, non sai dove stai andando ma sai che ti piacerà da morire.

1 Comment

1 Comment

  1. Franco Melato

    16/12/2018 at 22:05

    Complimenti per il tuo articolo mi è piaciuto molto perchè ha descritto perfettamente la serata , io li avevo sentiti all’Alcatraz con i Triggerfinger come supporto , i Within T. allora promuovevano l’album “The Unforgiving” , Sharon era stata perfetta come in Black Symphony per intenderci , potente e limpida negli alti e nelle tonalità più basse.
    Questa volta la sua voce mi sembrava affaticata e sulle tonalita basse non mi sembrava limpida come nel 2011, è una mia considerazione, è stata comunque Fantastica lo stesso e anche quando ha fatto salire sul palco un bambino e cercava di farlo cantare , questo dimostra che persona eccezzionale sia Sharon

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