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Interviste

Chissà se ci sarai: intervista a CELIA

Celia, cantautrice con un animo profondo e un tocco ironico, ci accompagna in un viaggio introspettivo attraverso il suo nuovo singolo “Chissà se ci sarai”. Una canzone che è un’invocazione alla ricerca di sé, un dialogo intimo con i propri desideri e paure. Nella sua musica, Celia mescola sapientemente profondità e leggerezza, creando un’atmosfera intima e coinvolgente. La cantautrice, con la sua formazione in psicologia, offre un’attenta analisi delle emozioni umane, raccontando storie che toccano il cuore e fanno riflettere. Abbiamo avuto il piacere di fare una chiacchierata con Celia per scoprire di più sulla sua musica, il suo processo creativo e i suoi progetti futuri.

Ciao Celia, benvenuta. “Chissà se ci sarai” è un’invocazione alla sensazione di sentirsi a casa con se stessi. Come riesci a trasmettere questa intimità emotiva attraverso la tua musica?

Sin dalle prime note di questo brano si viene trasportati da un’altra parte, dove il tempo è più lento, dove ci sono sogni, riflessioni. 

La sensazione di sentirsi smarriti, di non trovare un’appartenenza credo sia una esperienza comune al giorno di oggi ma non siamo tutti in grado di riconoscere questa emozione e soprattutto di metterla in parole, senza imbarazzi. È una cosa intima. “Chissà se ci sarai” è una breve canzone ma dentro ci sono tanti temi. È un dialogo con una figlia desiderata, che di fatto è un dialogo con il destino: “Mi farai fare l’esperienza della maternità? Ci sarà mai un posto dove sentirsi a casa? Mi permetterai il riscatto che vorrei?”.

Hai una predilezione per mescolare profondità, ironia e leggerezza. Come bilanci queste diverse sfaccettature nella tua musica?

Spesso capita con il contrasto dei piani: “Irreperibile”, il mio singolo precedente, ha un testo piuttosto tosto e graffiante su una musica che ti aggancia e ti fa saltellare, credi di essere in una storia leggera e invece no. In altri pezzi, ancora non pubblicati, uso il linguaggio ironico per alleggerire problemi o emozioni forti che ho vissuto. Anziché farci un pezzo arrabbiato, in cui prendo seriamente i miei vissuti, li guardo da fuori: e magari rido di me e rido delle nostre debolezze. 

Data la tua formazione in psicologia, come influisce questa prospettiva nelle tue canzoni? Quali sono le sfide o le ricompense di trasmettere temi psicologici attraverso la musica?

La psicologia dà forma costante al mio sguardo sul mondo e inevitabilmente entra nelle mie canzoni. Scelgo parole semplici, una musica leggera ma so cosa c’è dietro.

Nei concerti lo racconto in modo esplicito e magari condivido anche concetti scientifici o chiavi di lettura delle dinamiche relazionali che ci sono nelle canzoni. 

Vorrei che questo arrivasse, che le persone iniziassero a cogliere la complessità della realtà, ad andare oltre il giudizio “guarda che stronzo” e a mettersi nei panni dell’altro per contestualizzare i suoi comportamenti.

Hai già un disco pronto? Quale sarà il filo conduttore che legherà le canzoni contenute? 

Le canzoni ci sono tutte, sono solo da arrangiare e da produrre. Io avrei già in mente anche titolo e copertina ma chissà, sono tante le riflessioni da fare. 

Il filo conduttore è sicuramente l’incontro tra maschile e femminile, le paure delle relazioni e tutte le difese che tiriamo su per proteggerci.

Ora che hai pubblicato il tuo secondo singolo, quali sono i tuoi progetti futuri? Hai in programma nuove collaborazioni o esibizioni dal vivo?

Ora mi concentrerò sui live, voglio condividere i pensieri e le emozioni che ci sono nelle canzoni. Sono una persona molto mentale ma sul palco testa e cuore si incontrano e posso finalmente comunicare con pienezza. Creo sempre un bellissimo incontro con le persone, lo dico perché lo sento. Mi piacerebbe suonare a festival con tematiche femminili o in ambito psicologico.

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