Articolo di Andrea Forti | Foto di Giulia Manfieri
Ci sono eventi a cui vai per apparire, altri che frequenti per sola curiosità, e poi ci sono quelli a cui partecipi per una questione sentimentale. Nel caso di Wild Nothing (ci perdonino coloro che lo nominano al plurale ma per chi scrive si tratta del progetto solista di Jack Tatum, portato in scena con una band) è un mix di sensazioni: c’è la nostalgia per quel meraviglioso live del 2012 al Covo – con solo Gemini e Nocturne editi – in un locale storico come quello di Bologna, dove nelle prime file ci si conosceva tutti quanti e dove si uscì con il cuore colmo di gioia per una performance vissuta in perfetta armonia col pubblico, e c’è la curiosità di vedere come nel 2019 una band della Captured Tracks, etichetta che un tempo definivamo “di culto” e che ora fa molto meno parlare di sé di quando decideva le sorti di un certo pop amato dalle webzine come Pitchfork e Brooklyn Vegan, abbia scavallato gli anni della maturità artistica.
Pur essendo in una cornice diversa – quella della Santeria Toscana 31 – ritroviamo qualche faccia di chi c’era; parlottando ci si ricorda del fatto che, nonostante il range limitato di brani da cui attingere, ai tempi non venne fatta Paradise; ovviamente la speranza di una pronta redenzione da parte di Tatum e soci è forte, ancor più dopo avere dato uno sguardo alle recenti setlist.
L’atmosfera è riscaldata dall’apertura affidata a Old Fashioned Lover Boy, artista napoletano ma dal sound di respiro internazionale molto vicino a Bon Iver, anche dal punto di vista della somiglianza fisica. Diversamente da sette anni fa, quando ad aprire furono i Brothers In Law, non vi quel preciso accostamento di act dettato dalla simile grammatica musicale: l’esibizione è voce, tastiera e chitarra acustica. Muovendosi in punta di piedi finisce per convincerci, anche in virtù di brani che potrebbero costituire buone b-sides di un capolavoro come For Emma, Forever Ago.
L’attesa finisce ed ecco apparire Jack con la band; se il vestiario è rimasto praticamente identico nei toni e nello stile, il capello lungo raccolto in un berretto da tennis è l’unica cosa che può farcelo apparire un attimo più invecchiato.
Sempreverde è invece l’attacco di Nocturne, accolto con un boato. I riverberi delle chitarre ci avvolgono in quel caldo abbraccio dreamy che rimembravamo e ricercavamo in loro, e che permane fino a Golden Haze. C’è però un ultimo lavoro da presentare ed è Indigo, che ha fatto dimenticare in fretta il piccolo passo falso del penultimo Life Of Pause. Dal vivo ritroviamo nei suoi pezzi la stessa differenza notata su LP: il suono è più pop-oriented, le tastierine sono sostituite dal sax e l’effetto creato è di qualcosa fatto per uscire dalla nicchia e farsi apprezzare da una fetta di pubblico più “nazionalpopolare” nonostante una Letting Go usata come singolo promozionale facesse trasparire continuità al punto da piazzarla nella porzione finale di concerto di assoluto clamore poco prima della succitata Paradise – suonata con tutto l’intermezzo strumentale incluso – ed un encore da applausi e feels con Chinatown, A Dancing Shell di un sottovalutato EP come Empty Estate per finire con Shadow che è il paradigma di quanto enunciato sopra: un adolescenziale, spensierato e dilatatissimo dream pop da cameretta.
Si torna a casa soddisfatti ma un po’ abbattuti per l’incorrere del tempo, perché nonostante l’assurdità del convincimento che avevamo Wild Nothing non è più solo “cosa nostra”, anzi non lo è mai stata: farci i conti significa essere cresciuti non solo come persone ma anche come fruitori della musica, un tempo con una funzione di aggregazione sociale e appartenenza ben più forte di quella attuale, fatto che ci ha lasciato quel retrogusto malinconico che però ha reso se possibile il tutto più magico.
Clicca qui per vedere le foto di Wild Nothing a Milano (o sfoglia la gallery qui sotto).
WILD NOTHING :scaletta del concerto di Milano
Nocturne
Wheel of Misfortune
Golden Haze
Flawed Translation
Live in Dreams
Partners in Motion
Bend
Summer Holiday
Whenever I
Shallow Water
Canyon on Fire
Paradise
Letting Go
Encore:
Chinatown
A Dancing Shell
Shadow
