Articolo di Chiara Amendola | Foto di Roberto Finizio
Premessa
Arrivo al Rugby Sound Festival un po’ prevenuta, non amo le location difficilmente raggiungibili a piedi, ma vengo immediatamente conquistata dal posto: l’area concerto è circoscritta ma molto affascinante, immersa nel verde e, attenzione, ben rinfrescata. Inoltre, constatazione più importante, è interamente delimitata da food truck. Un piccolo paradiso senza lunghe code in cui puoi mangiare tutto ciò che desideri, tutto tranne la pizza, ahimè, grande assente della serata. Il cibo mi rassicura, il servizio bar velocissimo ed efficiente mi manda in visibilio. Con queste premesse non può andar male.
Tutto intorno è molto young. Un gruppo di ragazzini cerca di entrare trasportando clandestinamente dell’Aglianico, c’è chi fagocita patatine fritte sull’erba e delle ventenni si fanno scattare foto come se fossero fashion blogger al Coachella, ma invece della ruota panoramica hanno alle spalle bidoni per la differenziata.
Qualcuno ha anche la mia età e lo riconosco perché emana forte sudore di Autan.
Coma_Cose
Fausto e California si esibiscono durante un bellissimo tramonto. Dal palco i fan sembrano tantissimi anche se la platea è immensa e c’è posto per tutti e di più.
Un intro preannuncia il loro ingresso, il concerto parte con Jugoslavia, il pubblico è pronto e canta sventolando bicchieri di birra, l’atmosfera è rilassata e piacevole, non c’è caos. Il flow continua su Granata accolta a gran voce da espressioni felici e divertite.
I Coma_ Cose si distinguono per essere abili nell’incastrare rime in una metrica puramente rap che flirta con l’estetica pop. Un groove metropolitano che va ascoltato e digerito, senza eccessive lugubrazioni.
Via Gola, ad esempio è una bruciante ballad, una fotografia nitida di disagio, un’umanità narrata con dignità e crudezza che diventa empatica.
Cantautori dello spazio urbano raccontano una città vissuta, che respirano quotidianamente, con una sensibilità d’altri tempi.
Sul palco noto a sorpresa col duo un bravissimo Simone Sproccati, alla tastiera e chitarra, molto più figo che dietro a una consolle.
Anima lattina mette un po’ di malinconia anche a me, è quasi sera, il vento profuma di buono e ritorno bambina, quando ascoltavo in auto Battisti col mio papà.
Mancarsi alimenta il momento nostalgico, un’ode dalle tinte più morbide all’ebrezza di farsi travolgere dagli imprevisti. Un “monito” apprezzatissimo e condiviso da occhi che brillano e sorrisi beati.
Degna chiusura con Post Concerto, sono certa che i ragazzi l’abbiano concepita sperando di suonarla una sera d’estate proprio così, come pezzo finale di un concerto iniziato col sole e terminato sotto le stelle.
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Coma_Cose: La scaletta del concerto di Legnano
- Intro
- Jugoslavia
- Granata
- Deserto
- Via Gola
- French fris
- Mi Ami
- Beach boys distorti
- Pakistan
- Cannibalismo
- Golgota
- Drum solo
- Scquali
- Nudo integrale
- Anima lattina
- Mancarsi
- A lametta
- San Sebastiano
- Mariachidi
- Post concerto
Gazzelle
Sono le 22:30 ed è buio, Gazzelle arriva sul palco eppure non toglie i suoi inseparabili occhiali da sole. Non ha un’espressione decisamente sveglia, ma queste sono solo effimere constatazioni considerando che il pubblico, notevolmente raddoppiato rispetto al live precedente, lo accoglie urlando, diventando quasi ingestibile sul primo pezzo Meglio così.
La Prima fila è dominate da ragazzine, fan scatenate, qualcuna indossa occhiali da sole come lui. È evidente che in Gazzelle ci sia un passato “oasisiano” per conciarsi così.
Flavio saluta, pronuncia qualche frase senza senso, si lamenta degli insetti “Fanculo delle zanzare”, un tipo alle mie spalle commenta “Grande Maestro”, mi sembra leggermente esagerato, ma incasso e continuo ad ascoltare.
Gazzelle è una maschera che ben sa fare il pagliaccio sul palco, a suono di canzoni scanzonate, gin tonic e sigarette, e nonostante ai miei occhi sia forse un po’ costruito, l’esperimento riesce, i giovani pendono dalle sue labbra, lo assecondano e lo accompagnano su ogni brano.
In effetti i suoi testi sono la voce di una generazione dominata dalle incertezze: nostalgia, anti-eroi, sano masochismo sentimentale e amare istantanee di vita quotidiana.
Non c’è niente ad esempio è una presa di coscienza, una pacca sulla spalla per chi si sente perso nell’apatia, nell’indifferenza. E’ palese che per i presenti rappresenti quasi una rassicurazione.
Il synth di Melting pot e Sayonara apre un momento più romantico, su un’elettronica che lascia muovere il corpo e l’anima a suon di deficit emotivi e malesseri sparsi a caso.
Gazzelle si concede anche un piccolo spazio pubblicitario dedicato alla sponsorizzazione del suo libro di poesie edito da Rizzoli. Inizialmente penso sia uno scherzo, dice ironicamente al pubblico di chiamarlo poeta, ma quando chiede a tutti di acquistarlo mi rendo conto che è serio.
Leggende tramandate dai fan narrano che Flavio Pardini sia diventato Gazzelle nel momento in cui è stato piantato dal suo grande amore.
Mi chiedo dunque se le relazioni tossiche siano direttamente proporzionali a successo e carriera, e in questo caso, che ben vengano.
Gazzelle chiude il concerto tirando prima fuori la chitarra per una versione più soft e intima di Martelli e Quella te e per il finale augura la buonanotte sulle note di Non sei tu.
Riflessioni: non diventerò mai una fan di Gazzelle, nonostante le gratificanti epifanie della serata. Se devo dirla tutta, solo a fine concerto ascolto la prima canzone che mi emoziona veramente, quando, post show, dalle casse risuona All you need is love, scelta un po’ paradossale dopo ciò a cui ho appena assistito, ma sempre meravigliosa
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Gazzelle: La scaletta del concerto di Legnano
- Meglio così
- OMG
- Non c’è niente
- NMRPM
- Sbatti
- SMPP
- Meltin pot
- Sayonara
- Balena
- Coprimi le spalle
- Scintille
- Punk
- Nero
- Sopra
- Zucchero filato
- Polynesia
- Tutta la vita
- Martelli
- Quella te
- Non sei tu
