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Reportage Live

DITONELLAPIAGA e VITALIC a Palazzo Farnese, o di come ti porto l’elettronica in Ambasciata

La Festa della Musica del 21 giugno dell’Ambasciata Francese, Institut Francais insieme a Spring Attitude è la prova che al di là di tante parole, a Roma c’è la base per un’identità culturale unica nel mondo dei concerti. Il pensiero del giorno dopo sui live-sotto-gli-affreschi di Ditonellapiaga e Vitalic.

Foto Credits Ambasciata di Francia in Italia / Spring Attitude Festival

Articolo di Marzia Picciano

Volevo iniziare il racconto della Festa della Musica del 21 giugno dell’Ambasciata Francese a Roma e Institut Francais in collaborazione con Spring Attitude con un “Grande Festa alla Corte di Francia“, e invece no.

E non perché non sia stata una Grande Festa, anzi. Dobbiamo dare conto della bellezza reale di queste iniziative che ormai l’apparato ministeriale francese è in grado di generare in Italia e precisamente a Roma. Punto primo: non è la prima volta che succede. Sono anni che Villa Medici apre le sue porte ad artisti italiani e francesi (e ci han fatto sentore La Femme, Carmen Consoli, Cosmo) tra le residenze artistiche del suo giardino all’italiana regalando probabilmente una delle suggestioni alla Great Beauty che tanto Roma ispira allo straniero e in fondo piace anche a noi. Anche perché quando ci capita, così spesso, di trovarci a ballare elettronica in mezzo ai marmi dell’Ara Pacis? 

Foto Credits Ambasciata di Francia in Italia / Spring Attitude Festival

La serata del 21 giugno è andata così, con un sold out quasi immediato, per non poter riempire il cortile di Palazzo Farnese e il suo delizioso giardino interno con un numero esagerato (per la security) di persone. Una box cinquecentesca blindata (non solo dai soppalchi del restauro) e un palco minimalista dello Spring Attitude, una delle realtà di live music capitoline che sta riuscendo a portare un concetto di innovazione finalmente non milanese a Roma, ma appunto in grado di generare una propria identità.

Perché se gli artisti alla fine sono quelli, è il match, il concetto dietro e la messa in scena che cambia tutto. Ed eventi come quello di ieri ne sono una prova: esiste una via in mezzo a tutto il chiacchiericcio e la sovrastante presenza di un patrimonio culturale eterno e quasi impossibile che porta a un risultato inaspettato, per quanto alla fine ovvio. Come non sentirsi esaltati nel sudare tutti i cocktail a base di RedBull ed Absolut sotto cassa, e alzando gli occhi, scorgere nella luce gialla i soffitti affrescati del Carracci?

L’Ambasciatore Martin Briens, felicissimo nella sua t-shirt del film d’esordio di Giacomo Abbruzzese Disco Boy (per cui l’ospite della serata ha firmato la colonna sonora e vinto il Prix Lumières 2024) lo ha detto in apertura, in un brevissimo saluto istituzionale del padrone di casa, accanto al Deus ex machina dello S/A, Andrea Esu: quest’anno hanno voluto farlo lì, lo sanno pure loro che è un esperimento, e hanno voluto dare spazio all’elettronica – si, l’anno in cui si e’ andati a votare in Europa, la techno tedesca diventa patrimonio UNESCO, proponendo come headliner nazionale per la serata Pascal Arbez-Nicolas, in arte Vitalic, dj e compositore di fama internazionale che guarda caso ha ricevuto una nomina ai César del 2024 per il suo lavoro per Abbruzzese, tra l’altro una storia che guarda alla guerra e alla disperazione di terre molto vicine a noi (premio poi vinto dall’italiano Laszlo De Simone per Le Regne Animal). E non venite a dirmi che la cultura non fa politica.

Foto Credits Ambasciata di Francia in Italia / Spring Attitude Festival

Ma qui non siamo a fare analisi o congetture. Se dobbiamo proprio fare qualcosa è dire grazie, fatene di più. Fate più club set (sì, un club set) di Ditonellapiaga che alle 9 precise si è presentata con falcata decisa dal retro del porticato, è salita nella sua divisa ufficiale di Flash (short di jeans, bebè rosse altissime e zeppatissime con tanto di calzino, crop shirt e ah certo occhiali da sciatore) per una sessione di pop funk elettro mixando le sue arringhe d’ironia spietata con basi di Rosalia e Matia Bazar spietatamente lanciate da Alessandro Casagni. Già all’avvio del turboreattore di Disco, Ditonellapiaga al secolo Margherita Carducci fa capire al pubblico che a) dobbiamo alzare le mani e b) non ballare è un reato. Come detto, ció non ha potuto che portarci a sudare tutti i gin tonic bevuti (tanto da fermarsi un secondo per ordinarne due al volo) con buona pace dei nostri diktat salutisti e della palestra che non vedró per almeno una settimana. Se c’è una cosa che adoro di questa artista è il suo fare dell’iconicità di pose plastiche e della totale trasparenza dell’istintualità sessuale una base fondamentale per un pop quasi d’autore e non scontato, rude e palese come solo la romanità sa essere. E poi chapeau per la resistenza su certi trampoli per almeno un’ora e mezzo.

Alle dieci e mezzo è la volta appunto di Vitalic, che cambia completamente lo scenario per entrare nel puro elettronico che lo ha portato a vincere i cuori dei clubber del mondo con Ok Cowboy. Il pop al gusto sintetico cede il passo all’inflessibilità dei bassi del francese che punta alla pancia per farci piegare dal ritmo. Con Poison Lips apre un varco con la sua velocità e samples à la Donna Summer e Moroder (sempre santo) facendoci vorticare in quello che è alla fine il grande marchio di fabbrica della produzione francese che vede nei Daft Punk e Justice altri alfieri di primissimo ordine. Tutti i pezzi più conosciuti ci sono (Stamina, My Friend Dario) ma non è questo il vero punto. Anche se si è perfettamente digiuni del dj francese è impossibile non venire catturati dalla voglia di entrare nel tribale represso che c’è in noi. Con Vitalic è vietato fermarsi (del resto, la violenza della techno underground è un connotato difficile da far scemare) e non è mancata una nota di dispiacere allo scoccare della mezzanotte quando i padroni di casa hanno ripreso le loro funzioni istituzionali e invitato gli invitati a questa grande festa privata a spostarsi per continuare la propria festa. Ce ne andiamo con la percezione che Pascal sia esattamente la prova dell’esistenza di successo del connubio franco-italiano e quindi protagonista azzeccatissimo per la serata.

Foto Credits Ambasciata di Francia in Italia / Spring Attitude Festival

Se proprio dobbiamo denunciare una nota negativa, se proprio, è la (comprensibile) limitatezza dei massimali di partecipazione, ma la velocità con cui la serata è stata accolta in un momento in cui a Roma si consuma Rock In Roma e altre serate è indicativo della fame che si ha per queste occasioni e per questa proposta artistica. Si, si tratta di fame, e gli eventi come quello di ieri mettono ancora più voglia. Il mio viscerale amore per quella che fino a qualche anno fa avevo chiamato finalmente “la mia città” cerca con insistenza dosi maggiori di una declinazione dell’essere grande e magnificente che trova nella decadenza non più un motivo di abbandono ma un ineludibile richiamo al ritorno. E come amante delusa ma non sconfitta, sommessamente cerco una via di casa.

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Dall’Adriatico centrale (quello forte e gentile), trapiantata a Milano passando per anni di casa spirituale, a Roma. Di giorno mi occupo di relazioni e istituzioni, la sera dormo poco, nel frattempo ascolto un sacco di musica. Da fan scatenata della trasparenza a tutti i costi, ho accettato da tempo il fatto di essere prolissa, chiacchierona e soprattutto una pessima interprete della sintassi italiana. Se potessi sposerei Bill Murray.

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