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Reportage Live

Cuori Impavidi che affrontano il mondo del giorno dopo. Il concerto di Milano

Articolo di Serena Lotti | Foto di Giulia Manfieri

Io guardo sempre il bicchiere mezzo vuoto, anche se è pieno per tre quarti. Penso allo stato di catatonia che caratterizzava le mie giornate di inizio estate, la faccia grigia e smunta del post isolamento, la cupezza cosmica insita in ogni anfratto dell’anima, l’angoscia per l’arrivo di una nuova normalità fatta di maschere, mascherine e passamontagna chirurgici, diggitale 2-0 e non di non parlarmi che mi infetti.

C’era un incubo ricorrente che mi accompagnava come un assillo terrificante, in rapida sequenza dopo il pessimismo decadente del commissario Arcuri, i cani autopiscianti, le bandiere arcobaleno che mi ritrovavo appese pure sui bidoni della spazza,  dopo i restoacasisti illuminati, le mefistofeliche videocall di classe, le ricette della coda alla vaccinara biologica e della torta alle pesche maculate della California che per forza dovevi sperimentare per non sentirti un reietto e un anarchico che rifugge il grande progetto di una comunità globale unita e coesa e bla bla bla. E quale era questo incubo? Quale era. Hanno fermato la musica. L’hanno fermata. Non ci era riuscito nessuno in 55mila anni, nemmeno il Terzo Reich ci riuscì, nemmeno il potente proibizionismo americano, nemmeno la emotrap.

Ci è riuscita l’emergenza sanitaria e ancora bla bla bla. Bypassando le polemiche relative alle discoteche, i viaggi all’estero, gli assembramenti incontrollati resta ancora da capire perchè di tutto il carrozzone del mondo dell’entertainment i live sono stati gli ultimi a partire con norme, regole, divieti, leggi assurde.

Ma a Milano, come mai penso in nessuna parte d’Italia, la musica dal vivo sta cercando di ritrovare disperatemente i suoi spazi e le sue dimensioni. Ci vuole coraggio.

E Milano lo tira fuori con lo storico ma rivisitato Mi Ami Festival in collaborazione con il Circolo Magnolia per il progetto Cuori Impavidi, una rassegna musicale di otto serate da luglio a settembre. Una coraggiosa ed onorevole iniziativa che sta cercando di dare un nuovo impulso alla musica dal vivo, dimenticata dalle istutuzioni  e letteralmente stuprata da questa emergenza.

L’iniziativa è quindi un autentico inno alla libertà, alla musica, alla voglia di riprenderci il maltolto. Noi eravamo presenti per la serata di giovedi 20 Agosto, line up Giallorenzo, Tonno, Dente e Tre Allegri Ragazzi Morti.

Giungiamo di buon’ora nella terra desolata dell’Idroscalo, camminiamo a lungo, misuratori di temperatura, mascherine, indicazioni continue, raccomandazioni, troviamo  a fatica i nostri posti. Capienza più che limitata, distanziamento, nessun caro vecchio bivacco con birre appoggiate per terra, nessun capannello ma siamo felici si, felici di una strana e timida felicità. Siamo ordinati, accorti, disciplinati ma non siamo noi stessi, ci sentiamo un pò sfigati, siamo innaturali nei movimenti, nelle intenzioni.  Il tutto nel rispetto delle regole ma non nel rispetto della normale fruizione che vedrebbe la  gente una sull’altra come nelle più ovvie dele tradizione del live music.

Il palco è monolitico ma è talmente lontano che sembra in un’altra provincia. Tributo involontario al concerto dei Pink Floyd a Venezia, il Palco dell’Acqua dell’Idropark  svetta solitario senza teste dondolanti a fare da tappeto umano e l’immagine generale risulta decadente e crepuscolare. Salgono sul palco i giovani Giallorenzo, progetto underground in salsa emo punk made in  Bergamo e Brescia.

Chitarre, basso, batteria sul palco, dritti, ruvidi, asciutti ci trasferiscono i loro lapidari assunti sul concetto di Milano è un posto di merda, teorie chiare che troviamo nella setilist del loro disco d’esordio, uno sporco aggregato di brani di stampo rock ambrosiano Esterno notte , Esselunga stabbing e Bonti con quella irresistibile imperfezione lo-fi che è caratteristica chiave della loro musica.

Un breve pit stop, salgono i toscanacci Tonno altra giovane band da tenere d’occhio. I Tonno fanno spaccare. E ci serve che lo facciano adesso, qui, tutti insieme. Salutano, sparano un paio di battute con la fionda di quell’irresistibile ironia toscana e ci propongono brani sinceri e godibili, divertenti, ben suonati, confezionati come piccoli gioielli di microfollia come amano definirli loro e che sollevano la plumbea location dell’Idropark trasformandola in un circo punkettone e surreale. Siamo seduti coi nostri culi abbronzati e sudati su questi spalti di plastica e ci muoviamo solo col busto immaginando di pogare là sotto dando vita a quella magica entropia del sotto palco, ma non si può e finiamo per scollarci la pelle dalle chiappe a più riprese. Perchè coi Tonno ti devi agitare, qualcosa la devi muovere, qualsiasi arto va bene. Setlist secca, salutano, lasciano il palco.

L’aria ora è abbastanza calda e umida ma di quell’umidità umana, carica di respiri, di bocche che vogliono cantare, di mani che si agitano, di teste che si piegano. Arriva Dente per trasferirci piano le sue parole e la sua ironia attraverso un concerto intimo e raccolto, in cui sarà messa in luce la parte più essenziale e profonda delle sue canzoni. Con Simone Chiarolini, chitarrista e tastierista della sua band che si alternerà con lui alla chitarra e al pianoforte, assisteremo ad una lunga quanto inaspettata setlist che toccherà tutta la discografia del cantautore parmense e che ci trasporterà con ironia e surrealismo nel suo personalissimo mondo fatto di amori infelici, di settimane enigmatiche, di polvere sotto il letto, di gente che fa l’amore sulle nuvole, della semplicità del latte e del caffè. Dimostrando la consueta abilità di narrazione immediata e di impatto e quella capacità di raccontarci la sua poetica fatta di un esistenzialismo disincantato, Dente si muove con grazia ed eleganza in un mondo melodico e retrò, fatto di sentimentalismo contemporaneo e delicato, passando dal pianoforte alla chitarra, e dai toni più melensi a quelli più caustici.

Ci mancano i Plastic Made Sofa ma quando Dente attacca al piano Un fiore sulla luna , Adieu, Anche se non voglio e L’ago della bussola veniamo sollevati dalla magia di una sing along continua che ci unisce, che abbatte le distanze, le barriere, le paure.

Dente è sereno e riflessivo, ci regala piccole perle di nuda poesia e lo fa allontandosi da quella autoreferenzialità che non sembra perà avere esautorato quella verve irriverente e cinica del passato, oggi riproposta con una rilettura più contemporanea e strutturata.

Dente che ha mal di gola, Dente che si definsice come sempre bello e bravo, Dente che tossisce e che ironizza, che sorride sempre, Dente che prepara il finto encore Dai esco, poi rientro. Fuori fuori rieccomi e ci propone in chiusura Coniugati passeggiare, Saldati e Vieni a vivere .

E’ il momento dei Tarm. Le luci del palco si accendono di un rosa shocking, rapidamente veniamo trasportati in un autentico live con suoni sparati a mille che ci fanno tornare indietro a 6 mesi fa.Toffolo credibilisismo druido 2.0 è in grado davvero di farci sentire al posto giusto, nel momento giusto, nonostante tutto, nonostante questa strana serata.

Iniziamo coi tiri dub e raggae di La ballata delle ossa e Mina Dub e planiamo su Puoi dirlo a tutti, La faccia della luna e Persi Nel Telefono fino a raggiungere le recenti Bengala e Calamita tra i suoni rock dei bassi e i reiterati giri psichedelici arriviamo fino a passaggi trasognati su ballate folk e ritmiche minimali, tutto sempre caratterizzato dall’incisività dei riff delle chitarre: ci arriva dal palco una ventata d’aria fresca e pulita nonostante l’olezzo terrificante dell’idroscalo.

Impossibile non commuoversi con la stupenda e limpida Alle anime perse, dove ci troviamo tutti a cantare e a dondolarci a destra e sinistra restando sempre incollati ai nostri seggiolini di plastica incalzati ancora di più dai ritmi serrati dei ritornelli di Mio fratellino ha scoperto il rock & roll. Toffolo ci ringrazia, ci chiama cuori impavidi, ci dice che siamo coraggiosi, che siamo i primi ad avere sconfitto la paura di chi vuole rubarci il futuro e poi riparte per il viaggio raccontandoci con Quando l’esperienza del lockdown e continua con A un passo dalla luna e la calzantisisma Il mondo prima. Andiamo in chiusura con La mia vita senza te, VoglioOcchi bassi con quelle strofe che rimarranno nella testa giorni e giorni. La serata è finita, nessun doppio encore, i soliti e irresistibili siparietti finali di Toffolo stasera sono certezze che ci riempiono il cuore “La vita è cattiva ma non l’ho inventata io, il concerto è finito. Vaffanculo!

E sì vaffanculo è la parola giusta stasera. Il mantra pop che ci libererà dalla paura. Ce ne andiamo alla spicciolata, separati, spaiati, felici ma di una felicità strana, una sorta di oscura e delicata tristezza in fondo al cuore. La gioia di avere ritrovato qualcosa di perduto ma non di essere riusciti davvero ad afferrarlo, la speranza di avere visto una luce ma non abbastanza forte da farci ritrovare la strada di casa, la cupa malinconia del mondo prima (e come Toffolo ha detto, “Oggi sappiamo cosa vuoldire”). Vaffanculo è la parola giusta stasera ma non è l’unica. Siamo cuori impavidi e siamo anche tanto incazzati ma siamo grati di essere tornati a respirare per qualche ora, di aver ritrovato il senso, il significato, l’autenticità di un amore che nessuno fermerà mai. La musica ha una straordinaria  capacità curativa, diffonde la sua influenza positiva sulle attività umane, addirittura sul sistema immunitario.  Pertanto, ascoltiamo musica per difenderci e aspettiamo, Aspettiamo che torni il mondo del giorno prima. Quello che ci manca più dell’aria.

Clicca qui per vedere le foto di Giallorenzo, Tonno, Dente e Tre Allegri Ragazzi Morti a Milano (o sfoglia la fotogallery)

Tonno

DENTE – La scaletta del concerto di Milano

Chiuso dall’interno
Invece tu
Sarà la musica
Sempre uguale a mai
Cose dell’altro mondo
Un fiore sulla luna al piano
Adieu
Anche se non voglio
L’ago della bussola
Voce piccolina
Baby Building
Buon appetito
A me piace lei
Coniugati passeggiare
Saldati
Vieni a vivere

TRE ALLEGRI RAGAZZI MORTI – La scaletta del concerto di Milano

La ballata delle ossa
Mina Dub
Puoi dirlo a tutti
La faccia della luna
Persi Nel Telefono
Il principe in bicicletta
Calamita
Bengala
Alle anime perse
Quando
Mio fratellino ha scoperto il rock & roll
A un passo dalla luna
Il mondo prima

Encore
La mia vita senza te
Voglio
Occhi bassi

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Milanese, soffro di disordini musicali e morbosità compulsiva verso qualsiasi forma artistica. Cerco insieme il contrasto e il suo opposto e sono attratta da tutto quello che ha in se follia e inquietudine. Incredibilmente entusiasta della vita, con quell’attitudine schizofrenica che mi contraddistingue, amo le persone, ascoltare storie e cercare la via verso l’infinito, ma senza esagerare. In fondo un grande uomo una volta ha detto “Ognuno ha l’infinito che si merita”.

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