Articolo di Serena Lotti | Foto di Roberto Finizio
Potremo definirla la cronaca di un blitz annunciato quella che andremo a raccontare a breve. Si perchè Cosmo, dopo avere comunicato solo 10 giorni fa il suo concerto, dopo la rinuncia della data all’Alcatraz di Milano da parte di Mahmood, aveva definito questo live “un autentico degenero” avvisando della natura assolutamente out of the box di questo imperdibile appuntamento milanese.
Solo tre anni fa si parlava di un Forum di Assago strapieno con il tour del suo terzo album Cosmotronic. Da allora praticamente il mondo è cambiato anche se ieri sera tutto sembrava essere come era sempre stato.
Cosmo è uno dei tanti artisti in prima linea contro i decreti da “giungla burocratica”che hanno lasciato indietro la realtà dei concerti dal vivo relegandoli all’ultimo posto nell’economia generale dell’entertainment italiano. Una sfida quella di Cosmo quindi, data la totale assenza di eventi fino a fine anno: l’artista ha deciso di andare dove è permesso e non esistono regole per il blitz, ovvero un invito a godere, a lasciarsi andare, a vivere il momento, qui e ora. Potrebbe essere l’ultima festa. Alle 20.00 Via Valtellina non è che un tappeto brulicante di auto e persone e si scoprirà soltanto dopo che i tremila astanti presenti ieri sera hanno continuato ad entrare anche ben dopo l’inizio del concerto.
Entriamo, ci spogliamo, ci mettiamo sotto palco. Chiudiamo la giusta attesa al grido di Hey ho, let’s go! Hey ho, let’s go! e parte l’intro. Cosmo sale sul palco. Dietro di me, schiacciata contro le transenne della prima fila, una fiumana inimmaginabile di gente, un’onda fluttuante di teste una accozzata all’altra, la stragrande maggioranza senza mascherina. Cosmo è sul palco finalmente e il resto è storia. La storia di un artista controcorrente e rivoluzionario che in due ore e mezza di show è riuscito a costruire una terapia collettiva contro il dolore, contro la solitudine contro le castrazioni di ogni genere regalandoci una successione continua e inscindibile di brani tratti sia dall’ultimo disco La terza estate dell’amore sia dai longplay del 2016 L’ultima festa e del 2018 Cosmotronic senza cesure, senza interruzioni.

Apre con Dum Dum e l’Alcatraz esplode fin dai primissimi minuti dello show, ed eccolo li “l’amore che risale da sottoterra mentre vibra tutto, la cassa ti esplode in faccia”. Non c’è niente di più bello che le parole giuste dette al momento giusto: Cosmo ci sta dicendo di permettere alla vita di prendere nuova forma e all’amore di ritornare a riempire le strade. Ce lo canta, Dum Dum, ce lo ripete fino ad arrivare, senza soluzione di continuità sulla lisergica Antipop e sulle infuocate tastiere e i synth di un brano che spazza via i dubbi degli ultimi reticenti e timorosi che si sono trovati in mezzo a così tanta gente dopo quasi due anni di chiusure.
I riferimenti alle restrizioni, al distanziamento e alla lontananza tra le persone emergono con forza, soprattutto nei testi di questo ultimo disco, di cui proporrà una versione acustico sensoriale di La cattedrale con una chitarra scaraventata con forza a terra e le lunghissime e incediarie sequenze di Fresca e Fuori, che suonano come un sincero manifesto di libertà ritrovata.
Dall’eplosiva Io ballo in cui Cosmo ci spinge ad affermare la nostra identità attraverso il corpo, il corpo che suda, che si dimena, che infrange regole, mai come in questo post pandemia fino alle bombe a mano di Mango e Animali. La fusione di generi delle produzioni stasera è impeccabile, l’house, l’elettronica, la techno e i campionamenti stasera si fondono e si sciolgono l’uno dentro l’altro cambiando letteralmente le strutture sonore dei brani.

Cosmo che pratica atti di ribellione continui, che fa crowd surfing su La musica illegale, che celebra la rivoluzione radicale del bello, la riconquista della libertà espressiva e che ci spinge a liberarci dalle sovrastutture mentali. Quella di ieri sera è stata una cerimonia della socialità in cui il corpo, il sudore, il piacere, la goduria sembrava fossero l’unica cosa importante, come se l’artista di Ivrea avesse operato una sottrazione di elementi lasciando solo quello che conta. La musica e le persone. La riscoperta della gioia come atto politico non solo fine a se stesso, l’aggregazione come formula alchemica della felicità e della speranza contro ogni forma di repressione.
Un party inclusivo e universale i cui partecipanti fanno il dito medio all’individualismo, alla competizione, alla repressione e in generale ad un sistema di valori che ha fallito e che deve essere cancellato.
Un dancefloor 2.0 dove si balla sul disastro di un’epoca che è crollata su se stessa ma porta dentro se ancora speranza, anche quella di di trasformare i concerti in sabba e momenti unici e fare di tutto un degenero liberatorio. Cosmo che si prende un attimo di respiro e tra le versioni infuocate di Fuori dove spara a zero sulla società, Tristan Zarra, Turbo e Puccy Bom e il suo disagio post moderno, ci mostra il lato più intimo e personale, quello di padre e marito. Non è solo un profeta contemporaneo ma un padre che sussurra ai suoi bambini “Ti amo, quando mi hai attraversato le ossa col tuo grido” con una morbidissima Gundala, un marito che ama “Il tuo sonno vale più di un respiro, tieni in vita anche me” mentre inanella via via consensi, applausi e baci fino a regalarci un momento di pura estasi con la crepuscolare Le cose più rare.
Nella terza e ultima parte del live l’artista continua a cambiare forma ai pezzi, svuotandoli e riempiendoli, rallentandoli e caricandoli di entropia, il più delle volte tenendoli sospesi su tempi lunghissimi, in loop che stordiscono per quanto si trasformano in suoni sciamanici e trascendentali.
Un dj set d’autore, un gigantesco soundsystem che smuove le coscienze e celebra la festa del gruppo e della resistenza e che lo fa con il suo protagonista a torso nudo, spruzzando il suo sudore sul capitalismo e su una società che va allo sfacelo.

E’ la mente del Cosmopride del piacere, evento che fa un esercizio di libertà, in cui lui, maestro delle cerimonie, ci ricorda che quelle poche cose che ci servono per farci stare bene sono gambe molli e una base di cassa dritta sparata al massimo.
Musica riottosa. Musica radicale. Musica terapeutica. Il clubbing d’autore che evolve e che assurge a ruolo educativo e pedagogico. Oggi nel 2021 ci insegna di nuovo a vivere come si deve.
Alzi la mano chi ha bisogno di eroi. O poeti. O profeti. O rivoluzionari. Meno male che c’è Cosmo allora.
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Cosmo – La scaletta del concerto di Milano
Dum Dum
Antipop
La Cattedrale
Le Voci
Fresca
Fuori
Cazzate
Dicembre
Quando ho incontrato te
Tristan Zarra
Le cose più rare
Gundala
Turbo
Puccy Bom
La musica illegale
Mango
Animali
Tu non sei tu
Io ballo
L’amore
L’ultima festa
Vele al vento
Sei la mia città
Noi
