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Reportage Live

Così parlarono i DIE ÄRZTE. Il concerto di Milano

Articolo di Serena Lotti | Foto di Roberto Finizio

Lo fece per primo Elvis, poi i Deep Purple, poi i Green Day (ed anche Vasco Rossi a dirla proprio tutta). Inserire il poema sinfonico di Richard Strauss Così parlò Zarathustra come brano di apertura dei concerti non è la cosa più nuova al mondo ma è sicuramente di impatto. Così parlarono i Die Ärzte dunque, la cui scelta in apertura live può suggerire varie chiavi di lettura. Se consideriamo che la punk band berlinese è stata una delle più censurate e discusse della storia della musica tedesca, trainata da personalità provocatorie e da una verve politicamente scorrettissima, tra sarcasmo e cinismo, capiamo il perchè di una scelta tanto evocativa e declamatoria. La distruzione del superuomo può passare anche dal punk.

Partendo dall’allora Berlino Ovest e sulla scia del punk rock e della new german wave i Die Ärzte hanno fatto parecchia strada, tra scioglimenti e formazioni ex novo, progetti solisti e addii che sembravano definitivi e sono diventati, tra gli anni ottanta e novanta, gli interpreti maggiormente convincenti e rappresentativi della piazza punk tedesca (a dividersi la scena coi The Dead Pants e i meno conosciuti Across The Border) in un periodo storico unico e iconico. Autori di testi aggressivi e prepotentemente antirazzisti, celebratori del rifiuto per qualsiasi forma di controllo, fustigatori dell’estrema destra e politicamente irrispettosi fino alla censura, sono stati maestri nel mescolare elementi del pop tradizionale tedesco con il punk più trucido, dosando il tutto con una vigorosa innaffiata di umorismo nero e sarcasmo, che li ha resi, nei loro migliori periodi, veramente unici.

Una band che poco prima del crollo del muro fu bannata dalla scena musicale berlinese poichè fautori di messaggi troppo pericolosi ed eversivi per gli adolescenti dell’epoca. Solo 10 anni prima Wolf Biermann fu privato addirittura della cittadinanza dopo aver criticato aspramente la DDR durante un concerto, seguita a ruota dall’altra esponente del punk tedesco, Nina Hagen.
Venti album all’attivo, tra alti, bassi e sempre instancabili, arroganti, polemici e stronzissimi.
L’Alcatraz li accoglie al meglio per il loro tour Miles & More e si riempie in fretta di oltre 3.000 fan quasi tutti tedeschi. Farin Urlaub, Bela B. e Rod hanno raccontato una storia lunga quasi 37 anni tra inni antifascisti, cori da stadio, momenti di autentica rozzeria, con un pubblico attentissimo e mai pago nel praticare instancabilmente l’arte del crowdsurfing con reggiseni lanciati per aria e arrivati a pendere dalle aste dei microfoni di Farin e Rod. Le quote rosa stavano tutte sottopalco con scollature ombelicali da brivido (noi nel pit le abbiamo viste e giuriamo.)


Una proposta che non ha scontentato nessuno, una setlist che sfondava il muro dei quasi 40 brani con un percorso partito nel 1984 con Debil (allora vietatissimo e riabilitato solo nel 2004 di cui ascolteremo la sarcastica e punkettona Zu Spat) fino ad arrivare a Jazz ist anders, quello che nel 2007 fu il vero album di rinascita del power trio con Heulerei, Lied vom Scheitern, Wir sind die e Junge che il pubblico pagante canterà interamente, come un grande inno catartico e liberatorio. Non mancheranno pezzi storici come Vermissen, Baby e Hurra tratti da Planet Punk e brani del loro grande album Die Bestie in Menschengestalt come l’iconica Schrei nach Liebe apertamente politica, dal sound durissimo e rappresentativa della loro vision antinazista che metterà tutti d’accordo al grido di Arschloch! (per la cronaca…Stronzi!).
Insomma tra pezzi da novanta, tra inni e bandiere di protesta, ballads più o meno malinconiche e canzoni unte di punk trucido e wild, passando per i singoli che ancora sfondano le classifiche airplay come Westerland e Punkbabies manifesto di tutti i punkettoni d’Europa, i Die Ärzte hanno fatto musica divertendosi e divertendo il pubblico.
Ammettono di non volere essere perfetti e a 50 suonati anni macinano sold out in patria e fuori, restando convincenti e sinceri interpreti di quel punk d’altri tempi, eversivo, ribelle, rumoroso e pregno di quella ideologia che oggi molte band faticano anche solo ad interpretare.

Nei minuti che riempiono gli speech infiniti di Bela tra un pezzo e l’altro (alcuni arrivano a durare 10 minuti)  io non faccio altro che guardarmi intorno e oltre a sentirmi più fuori luogo di Albano e Romina Power in gita al Takeles di Berlino(e qui mi sbaglio perchè più tardi i Die Ärzte ci sorprenderanno con una versione punk di Felicità) mi metto alla forsennata ricerca di un traduttore. Io unica italiana all’Alcatraz stasera, incapace di capire anche un rutto in lingua. Trovo la luce grazie ad una corpulenta studentessa di Monaco che mi offre qualche traduzione raffazzonata e così unisco al puzzle visivo e musicale parte di quello discorsivo, mi dice che Bela è stato l’autentico padrone di casa di questo live ma “è stato sempre come al solito, fuori luogo, eccessivo, sarcastico ma a suo modo è adorabile”…e mi lascia sul più bello per andare a cantare con le sue amiche Unrockbar. Io ricado nell’oblio linguistico ma riporterò qui l’unica quote degna di nota. I Die Ärzte andranno in chiusura con un malinconico ringraziamento “Danke furs beim Altern zusehen” ovvero “Grazie per averci guardato mentre invecchiamo…” dopo 3 encore infiniti e nostalgici. Quindi 10 città, 10 paesi, 15 giorni per dire al mondo Punk is not dead! e chi ha il coraggio dica che sono vecchi. Se non parlate tedesco almeno questo lo capirete.

Insomma, così parlarano i Die Ärzte. Il resto è un mistero.

DIE ÄRZTE – La setlist del concerto di Milano

Portsmouth Sinfonia – Cosi parlò Zarathustra
Rückkehr
Bravopunks
Wie es geht
Lied vom Scheitern
Wir sind die Besten
2000 Mädchen
Ignorama
Ein Mann
Punkbabies
Nie wieder Krieg, nie mehr Las Vegas!
Perfekt
1/2 Lovesong
Geisterhaus
Vermissen, Baby
Der Graf
Himmelblau
Deine Schuld
Felicità
Sweet Sweet Gwendoline
Fiasko
Angeber
Manchmal haben Frauen …
Dein Vampyr
Klaus, Peter, Willi und Petra
Abschied
Heulerei
Revolution ’94 / Kopfüber in die Hölle
Schunder-Song
Ist das alles?
Encore:
Blumen
Westerland
Zu spät
Encore 2:
Schrei nach Liebe
Unrockbar
Junge
Encore 3:
Hurra
Dauerwelle vs. Minipli

Written By

Milanese, soffro di disordini musicali e morbosità compulsiva verso qualsiasi forma artistica. Cerco insieme il contrasto e il suo opposto e sono attratta da tutto quello che ha in se follia e inquietudine. Incredibilmente entusiasta della vita, con quell’attitudine schizofrenica che mi contraddistingue, amo le persone, ascoltare storie e cercare la via verso l’infinito, ma senza esagerare. In fondo un grande uomo una volta ha detto “Ognuno ha l’infinito che si merita”.

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