«La verità profonda, per fare qualunque cosa, per scrivere, per dipingere, sta nella semplicità. La vita è profonda nella sua semplicità»: con questa parole di Charles Bukowski i The Panicles presentano il loro nuovo lavoro in studio, “Simplicity: the universe (extended)”.
Formati da Michele “Mik” Stefanuto (voce e chitarra), Mattia “Met” Sarcetta (basso) e Carlo “Mad-Eye” Badanai (batteria), i The Panicles hanno già un bel background alle spalle: citiamo, fra le loro varie esperienze, le registrazioni nei famosissimi studi di Abbey Road a Londra, un contratto con la EMI Italia e una pubblicazione con la Virgin Records (“L’alba è l’ora migliore per tornare”, del 2012), oltre alla selezione per l’apertura di una data dei Deep Purple.
I The Panicles, con “Simplicity: the universe (extended)” sfornano un album dal forte sapore british e di tendenza, vicino al sound degli Arcade Fire, per citare uno dei nomi che più si avvicina allo stile della band in quanto a verve compositiva ed esecutiva. O, ancora, si possono sentire nei brani echi di Killers e Kings of Leon, sebbene i tre citino fra le proprie influenze anche band come Daft Punk, The Beatles e Rolling Stones.
«Ci siamo chiesti perché stavamo suonando, in che modo lo stavamo facendo, cosa ci spingeva a crederci ancora, ci siamo fermati e siamo ripartiti da zero, senza i troppi pensieri che avevano cominciato ad affollare i nostri cervelli, lavorando con spontaneità alle varie idee che affioravano via via sulla strada. La prima scelta, visto che vogliamo presto suonare ancora in giro per il mondo, è stata quella del ritorno all’inglese per i testi del disco, ma non per questo essi sono meno intimi, anzi, forse è il contrario. In questo album sopra a tutto c’è l’amore, in una nuova forma, rinnovata, legata non solo alle persone a noi care, ma al pianeta che ci ospita, o meglio, all’universo che ci ospita, che si estende e si estende, in un loop continuo, non tanto grazie a fatti chimici o fisici, ma grazie all’amore stesso. Noi per primi sappiamo che è così facile odiare, perdere la ragione, distruggere. Il difficile sta nel comprendere gli altri, costruire, o, peggio, ricostruire qualcosa di rotto, come la nostra società».
I tre ci sanno fare, e lo dimostrano con l’immediatezza dei brani che vanno a comporre “Simplicity: the universe (extended)”, un album fresco, orecchiabile, suonato e registrato come le migliori produzioni anglosassoni, dove ogni brano merita l’inserimento in scaletta grazie a un connubio di motivi orecchiabili con piglio da chart miscelati a un’energia rock che rimanda a una dimensione live fatta di concerti sudati e partecipati. Ed è forse proprio per questo che il trio ha deciso di registrare questo nuovo lavoro con l’ausilio di poche sovrincisioni concentrandosi, manco a farlo apposta, sulla semplicità.
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