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BANCALE – Frontiera

Ribéss/Fumaio/Palustre/Audioglobe
Ottimo questo esordio sulla lunga distanza dei Bancale, che si iscrivono sulla scia di un ottimo cantautorato rock esistenzialista, dove in Italia i maggiori rappresentanti sono i Bachi da Pietra e Il Teatro degli Orrori. Il disco è prodotto da Xabier Iriondo, che aggiunge una chitarra ed inserti elettronici, e ha saputo arricchire il disco di sfumature che hanno reso più intrigante il disco. Il cantato di Luca Vittorio Barachetti, spesso ricorda quello di Filippo Succi dei Bachi da Pietra, tuttavia, il sound dei Frontiera è meno essenziale, proprio grazie al supporto dell’ex Afterhours. Barachetti, infatti, raramente canta, piuttosto parla, quindi numerosi sono i rimandi anche ai Massimo Volume, su una struttura musicale, che se ha nel blues le sue radici, poi si evolve verso sonorità tese e grevi, avendo sullo sfondo come modello di riferimento il doom psichedelico dei Neurosis, anche non raggiunge mai quella pesantezza musicale. Il tema affrontato è quello della consapevolezza della fine, ma non solo come passaggio biologico, ma come visto in termini sociali e politici attuali, assolutamente decadenti. Tra i dieci brani, spicca “Cavalli”, nella quale viene recitata una poesia di Pier Paolo Pasolini “La terra di lavoro”. Un’altra citazione è quella dello “Iubilaum bolero” di Ivano Fossati, manipolata nella nervosa “Catrame”. Il brano che respira maggiormente un’aria blues è “Lago nel tempo, molto tirata e rancorosa. La tensione poi è molto evidente anche in “Megattera”, mentre la title-track risulta ossessiva e frenetica. Un lavoro molto esistenzialista, che merita ascolti molto attenti.

Vittorio Lannutti

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