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Interviste

MARCO CASTELLO racconta il disco di esordio Contenta Tu. L’intervista

Esce oggi Contenta Tu, disco di esordio di Marco Castello, polistrumentista e cantautore siracusano classe 1993. Dopo gli studi di musica Jazz a Milano e un lungo tour a fianco di Erlend Øye, come parte del progetto La Comitiva, è tempo dell’esordio da solista in uscita per 42 Records in Italia e Bubbles Records in Europa.

Un disco molto atteso, che le persone avranno tempo di apprezzare (ne siamo certi, l’abbiamo adorato) in questi tempi “sospesi”, in cui la spontanea leggerezza, ma non banalità, delle dieci tracce di Contenta Tu ci sembra davvero qualcosa di cui avremmo tutti più bisogno. Abbiamo fatto una chiacchierata con Marco il giorno prima dell’uscita del suo disco per farci raccontare qualche curiosità. Ecco cosa ci ha detto!

Ciao Marco, come stai? Domani uscirà il tuo disco, come ti senti?
Bene, sono a Siracusa al momento e sto andando al mare. Per il disco sono molto felice.

Se ti dovessi presentare a qualcuno che non sa nulla di te, cosa diresti?
Sono Marco, ho 27 anni, scrivo canzoni in italiano sperando diventino delle belle storie.

Marco Castello, foto di Glauco Canalis

Con un curriculum così impressionante da musicista, da dove nasce la voglia di essere anche cantautore? C’è sempre stata, è cresciuta con il tempo suonando, è arrivata di punto in bianco?
È partita per gioco, ma anche per necessità. Mi sono laureato in tromba jazz e poi mi sono reso conto che sarebbe stato difficile continuare con quello. Avevo delle canzoni scritte da un po’ e durante il tour con Erlend lui le ha sentite e mi ha proposto di registrarle e di farne un disco.

Professionalmente e personalmente, quindi, la figura di Erlend Øye è importante per il tuo percorso. Come vi siete conosciuti?
Eravamo ad una cena insieme (Erlend Øye vive a Siracusa da molti anni, n.d.r) e io avevo cucinato una parmigiana. Fino ad allora lui non aveva mai parlato con me, ma dopo averla assaggiata è venuto a parlarmi.

Mi hai detto che le canzoni erano già state scritte da un po’. È stato quindi un album di esordio con una gestazione lunga?
Molto, sia per i tempi fisiologici del lavoro che per quelli più burocratici della discografia. Inizialmente il disco sarebbe dovuto uscire solamente con Bubbles Records, l’etichetta di Erlend Øye e Marcin Oz, il bassista che suonava con lui in The Whitest Boy Alive. Abbiamo poi deciso di collaborare anche con un’etichetta italiana e contattato 42 Records, allungando ulteriormente l’operazione, poi ostacolata dallo scoppio della pandemia. È dal 2018 che ci lavoriamo, la pubblicazione era stata programmata per maggio 2020 insieme ad una serie di concerti promozionali tra cui il MI AMI, dove sarebbe stato presentato il disco. Siamo consapevoli che la promozione ora non sarà la stessa che avremmo voluto fare, ma, pur non avendo idea di cosa aspettarci dai prossimi mesi, non potevamo più rimandare l’uscita.

Nascono prima le canzoni o la musica?
Assolutamente la musica. La parte testuale mi interessa meno della musica, il testo nasce per necessità, fosse per me canterei anche lallazioni.

C’è un aggettivo con cui descriveresti questo disco?
È molto difficile, non lo so. Ti dico che mi piacerebbe che una persona esterna mi dicesse che è bello, ma non posso dirlo io.

Marco Castello, Contenta Tu (Cover)

Te lo dico io allora! Mi racconti la copertina dell’album?
L’avevo disegnata con un bozzetto già da qualche tempo. Nella canzone “Contenta Tu” c’è proprio un pezzo in cui dico “come i motori sul fondo del porto”, quindi volevo provare a fare una foto guidando un motorino sott’acqua, anche se all’inizio è stato difficile far passare la mia idea. Dopo aver mappato tutta la costa alla ricerca del giusto relitto sott’acqua, l’ho finalmente trovato e anche nell’angolazione perfetta, perché da quel punto si vede dietro tutta la città. Ci siamo immersi io e Mirko Fanciullo, uno dei dj più bravi che io conosca, e abbiamo realizzato lo scatto con una GoPro.

A proposito della tua città, la penultima canzone del disco si intitola “Addiu”, ed è cantata in dialetto. Posso chiederti il perché di questa scelta?
Mi sentivo di farlo, ho detto “perché no?”. Qualsiasi cosa che faccio è plasmata dal luogo dove sono nato e sono cresciuto, e tutti questi rimandi mi fanno sentire parte di quella che è la mia musica, mi ci fanno identificare. Potrei anche farci tutto un disco in dialetto.

Anche “Torpi” è una parola siracusana, mi sbaglio? Ho dovuto cercarla su google, senza successo.
Esatto, significa semplicemente “zarri”, “tamarri”.

Tutti i tuoi titoli sono curiosi, a volte provocatori, penso a “Cicciona”.
Come per i testi, anche i titoli sono degli accompagnamenti per la musica. “Cicciona” ha fatto un po’ discutere come scelta, ma io la vedo come una frase affettuosa sussurrata all’orecchio della persona che ti piace, detta in modo scherzoso, provocatorio e positivo.

Ho letto che il tuo disco prende ispirazioni dalle contraddizioni del quotidiano, mi diresti qualcosa di più?
Nei miei testi e nel modo in cui scrivo cerco di rimanere ancorato alla realtà, di essere il più vero possibile. Scrivo come parlo, come ti sto raccontando adesso le cose. Vedo la contraddizione nella musica più commerciale italiana, che spesso parla delle cose più semplici in maniera esageratamente poetica, forbita. La vedo anche qui a Siracusa, ci sono delle cose bellissime che sono del tutto ignorate, deturpate o cancellate e poi ce ne sono altre, tipo un santuario di cemento armato brutalista costruito negli anni del boom, che per me sono terribili ma per altri sono punti di riferimento, cose in cui riconoscersi e di cui vantarsi.

In “Porsi” dici “c’è la gita e io ho preparato un mostro di cd”. Cosa c’era al tempo delle medie nel cd e cosa ci sarebbe se lo facessi oggi?
Quel cd esiste davvero, purtroppo non lo trovo più. Mi ricordo che c’erano gli Smash Mouth, colonna sonora di Shrek, un sacco di Blink 182, Green Day, SUM 41, Simple Plan tutta quella roba lì. Oggi per fortuna posso girare con tutta la musica del mondo nel telefono. Se dovessi scegliere, una scoperta che ho fatto negli ultimi mesi sono i Khruangbin, un gruppo del Texas, e poi un cantante indiano di nome Lifafa che mi ha folgorato.

Hai fatto una maratona di call su Zoom per lanciare il tuo singolo “Dopamina”, com’è stato approcciarsi singolarmente a tante persone diverse? Hai in programma qualcosa di simile per il disco?
Mi è piaciuto sentirmi vicino a tanta gente che aveva il piacere di ascoltarmi, mi sono divertito. È ancora diverso dai live, lì dopo il concerto riesci ad incontrare e parlare con poche persone. Per il lancio del disco faremo un listening party su Clubhouse in cui ripeteremo il format delle richieste dal pubblico con la chitarra, in questa grande telefonata di gruppo.

Come ti senti a lasciare andare questo disco senza sapere quando potrai suonarlo dal vivo?
Cerco di non pensarci e vedere il lato positivo: quando sarà tempo per i live le persone avranno già sentito spero molte volte i brani e li canteranno tutti.

Un artista con cui ti piacerebbe collaborare in futuro, magari giocando “in casa” 42 Records?
Difficile lasciare fuori qualcuno. Mi piace molto Tutti Fenomeni, sicuramente Cosmo e poi Colapesce, che vedo spesso qui a Siracusa. In città ora c’è un bellissimo fermento e ci sono tantissimi musicisti. Un’atmosfera davvero unica.

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Ho 25 anni, vivo a Milano, faccio cose (tante, diverse) nel mondo dell'arte, a volte scrivo di musica e più spesso la fotografo.

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