È uscito il 24 aprile il nuovo singolo di Nyco Ferrari: TAPIM TAPUM, prodotto da Golpe Music e distribuito da Believe Italia. Il singolo, che riprende il suo titolo da un antico canto alpino, è una boccata d’aria fresca, una bella novità nel panorama italiano attuale.
In una sorta di fenomenologia dell’innamoramento, Nyco Ferrari accosta la ricerca dell’anima gemella alla rapidità di una corsa affannosa, grazie al ritmo incalzante del brano e ai giochi di parole. L’espressione “Tapim Tapum” rievoca il suono del battito del cuore e il rumore di uno sparo; e la ricerca dell’amata diventa un’impresa quasi epica, tra difficoltà e combattimenti – trova spiegazione, in questo senso, il secondo titolo del brano: à l’amour comme à la guerre.
“Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori (…) io canto” scriveva Ariosto nel ‘500, introducendo il racconto di un Orlando disperato alla ricerca della sua Angelica. Ugualmente, TAPIM TAPUM, come in un’attualizzazione del poema, associa l’innamoramento alla guerra: il protagonista si destreggia tra app di dating e foto osè, alla ricerca dell’anima gemella; arrivando, disperato, fino alla fine del mondo.
“Sono stato alla fine del mondo a cercarti / mostrando il tuo identikit / ho bussato anche alla luna / mi hanno detto che non eri qui / Ho provato a guardare come fanno tutti cercandoti in internet / vabbeh, / ce n’erano tre di te / non ho saputo scegliere.”
Tra scene divertenti e ironia, il brano mostra le assurdità e le contraddizioni dell’amore 2.0. Gettando uno sguardo nostalgico alle modalità di approccio old school, quello che emerge alla fine è la difficoltà della “comunicazione faccia a faccia” tipica della società di oggi (“ho incrociato il tuo sguardo seduto in metrò, mi sono sentito un po’ ridicolo quando ti ho fatto l’occhiolino, tu hai guardato il telefono pensavo di averti trovato, ma era solo il negroni sbagliato”).
Insomma, per noi questo brano è un bel sì: per questo motivo abbiamo deciso di fare una chiacchierata direttamente con Nyco. Leggete cosa ci ha raccontato!
Ciao Nyco! Vorrei partire facendo un piccolo salto indietro. Come e quando è nata la tua avventura con la musica?
Ciao! Sì beh è un bel balzo, perché avevo tredici anni. Ero al mare, e in spiaggia c’era un gruppetto di ragazzi che cantava a squarcia gola accompagnato solo da una chitarra. In quel momento mi sono girato e ho detto: <<mamma, posso prendere lezioni di chitarra?>>. L’estate dopo il ragazzo con la chitarra che cantava i Blink 182 ero io, mentre gli amici attorno limonavano…
TAPIM TAPUM è il tuo nuovo singolo. Ci racconti qualcosa su questa canzone? Da dove deriva l’espressione “tapim tapum”?
“Tapim tapum” era un verso di una canzone degli alpini un po’ sboccata che mi cantava mio papà da bambino per farmi ridere. Allora non ne coglievo il black humor. Però “tapim tapum” suona anche un po’ come un’onomatopea francese, no? E per qualche strana associazione di idee è diventata il battito di un cuore. In realtà solo adesso rileggo il testo e capisco quanto abbia senso: è la ricerca autoironica dell’amore in una società standardizzata e distillata in profili virtuali tutti uguali. Niente di più grottescamente umoristico. Alla fine, è sempre così: scrivo una canzone e la capisco più tardi, a volte anni dopo.
Il brano sembra una trasposizione moderna del topos letterario della ricerca disperata di qualcosa. L’Orlando di Ariosto andava alla ricerca di Angelica; il protagonista di questo brano si perde tra le app online alla ricerca della sua anima gemella. Vogliamo uno spoiler sul finale: riuscirà a trovarla?
Ahahah! Sì, esatto! Infatti vado perfino “sulla luna” nella seconda strofa, come un Orlando oramai furioso. E qui strizzo l’occhiolino alla Berté “ho bussato anche alla luna“… l’avevate beccata la cit? Comunque rido perché per rispondervi vi dirò solo che è da 4 anni che non apro un’app di quelle. Ci sarà un motivo…
Guarda qua guarda chi c’è / si chiama XXX23 / promette tanto divertimento / ma se gli scrivo poi me ne pento”. Viene spontaneo chiederci: come vivi l’amore 2.0 e come ti approcci alle app di incontri?
Allora, nello specifico direi “vedi sopra”. Comunque ho sempre avuto pessime esperienze con il virtuale. Vorrei che facessimo tutti un flash mob per disinstallarle tutte di colpo. Oh, ma dico, è così difficile essere umani? Cos’habbiamo da perdere? Sai che bello sorridere e via con il vecchio “ciao!”?
Poi beh, certo, nei prossimi mesi potremo sorridere solo con gli occhi, quindi immagino che per il flash mob dovremo darci appuntamento a tra qualche mesetto…
Mi piace il tuo brano perché mette di buon umore. Un bel pezzo che gioca con le parole e la musica, che si diverte e fa divertire. Che peso ha la vena giocosa nella tua musica?
Ma allora sei crudele! Vedi, è la triste storia del ragionier Fantozzi. Più gliene capitano, più tu ridi. Infatti in Tapim Tapum non c’è proprio un bel niente da ridere! Ci sono solo io che mi incazzo perché la personalità della gente è inversamente proporzionale al numero dei cuoricini che prende nei post. E alla fine cosa scopri? Che questa canzone è per una persona che nemmeno esiste! Comunque sì, fai bene a ridere, perché se siamo d’accordo su queste due cose allora il mondo può ancora migliorare.
Tapim Tapum presenta nel ritornello, e non solo, simpatici giochi di parole e prestiti linguistici. Hai vissuto per un periodo a New York, come ti ha cambiato il periodo nella grande mela?
Fare un gioco di parole è come nascondere un bigliettino con il numero di telefono nel libro affianco al tuo in biblioteca. Il gusto sta nello sperare da matti che venga trovato, ma senza farlo notare. Infatti se non te l’avessi detto nella terza strofa, non avresti mai capito perché il “weak-end” è” la fine dei deboli.” Poi New York New York, allora, spoiler: è stata una cosa così importante che ci ho scritto un romanzo! Quindi è un po’ dura rispondere in una frase. Potrei dirti semplicemente che in qualche modo, ed è paradossale nella Mela, ho capito cosa significhi chiudere gli occhi, fare un respiro profondo e ascoltare il proprio corpo, osservare dove ci si trova. Quella cosa che nella prima pagina di qualsiasi libro sulla meditazione viene chiamata “il Presente”. Ma così è un po’ vago…
Il tema del viaggio era presente anche nel tuo primo album, Sipario, in cui erano presenti anche la lingua inglese e quella francese. Nel tuo prossimo album continuerai verso questa direzione, o prediligerai la lingua italiana contaminata?
Ahia, tasto dolente! Tre anni fa il mio amico Damon, cantante e tastierista dei Pashmak e dei Mombao, mi ha chiesto: “tu perché fai quello che fai?”. Ci ho messo due anni a rispondere a quella domanda. Io faccio musica perché ho delle cose importanti da dire. Garantito. La musica che produce un artista la fa anche, e soprattutto, la gente che la ascolta. Quindi italiano, inglese, francese, cinese… la cosa più importante sarà sempre farmi capire. E grazie Damon!
Ci salutiamo con l’ultima domanda. Dai tuoi brani sembri uno spirito libero. Come stai vivendo questo periodo di reclusione forzata?
Direi piuttosto questo periodo di reclusione concessa! Ho trovato l’occasione di scendere un po’ “dentro” di me, che è il viaggio più importante da intraprendere. Sto lasciando sedimentare, sto studiando, scrivendo, meditando…sto capendo molto. Anche io dico che, malgrado la difficoltà che tutta questa situazione comporta, e ciò che significa per moltissime persone, la nostra società aveva BISOGNO di fermarsi. Non ti fa strano pensare che la gente stia sopravvivendo anche senza andare a fare shopping da H&M o da FLYING TIGER? Cioè, davvero, senza buttar via i soldi la gente non sapeva come vivere? Certo, adesso ci vorrebbe un virus che paralizzi internet per una settimana almeno per guarirci davvero. Che bello, torneremmo a leggere riviste comprate in edicola e ad ascoltare un vinile 20 volte… Anzi, vado ad ascoltarmi Joan Thiele.
Chiara Grauso
