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Interviste

Prendersi Cura: intervista ai SOFT BOYS CLUB

Un club più che una band, per riscoprire l’aggregazione e il potere della musica di avvicinarsi a temi politici contemporanei.

È il Soft Boys Club, band targata Futura Dischi, da poco uscita con il debut album “Prendersi Cura”.

Ciao Rockon, innanzitutto grazie per intervistarci. Siamo Federico C. & Loris, la sezione ritmica del Soft Boys Club e oggi saremo i vostri intervistati.

Ciao ragazzi. Non ragazzi qualunque ma “soft”. Da cosa deriva il concept della vostra band?

Loris: di fatto è nato prima il nome della band stessa.

Federico: mentre eravamo in vacanza insieme ho fatto una story di un momento particolarmente “soft” nel quale l’altro Federico suonava qualcosa di melanconico alla chitarra, mentre Loris leggeva Persone Normali di Sally Rooney. Ho scritto per gioco su quel video “Benvenuti al Soft Boys Club” e ci è piaciuto il nome.

Loris: poi quando abbiamo deciso, successivamente, di suonare insieme in un nuovo progetto, il nome è tornato a galla. Condividendo molto delle nostre vite private, ci siamo resi conto che affrontavamo tutti, in modi diversi, le stesse sfide, fra le quali trovare un modo sano di essere giovani uomini.

È una band che quindi sente di doversi esprimere, di dire la sua su determinati temi, in un mondo mai così diviso e divisivo. La musica come può innalzare il vostro messaggio?

Loris: la musica faceva già parte delle nostre vite, abbiamo sempre tutti suonato, chi più chi meno, in progetti musicali, quindi quando abbiamo dovuto scegliere un mezzo per esprimerci, suonare è stata la cosa più immediata.

Federico C.: in più crediamo che il ruolo del musicista, dell’artista in genere, abbia sempre una valenza politica, parlare o non parlare di qualcosa quando si ha un’audience (di qualsiasi dimensione) è sempre una scelta e noi sentivamo di poter dire qualcosa che parlasse a tutti partendo dalle nostre vite. Conosci il motto: “personale è politico”?.

Loris: poi stiamo esplorando anche altri linguaggi, per l’uscita del disco abbiamo auto-prodotto una fanzine che credo aiuti molto nel capire il nostro mood e l’intento della band.

In questi mesi avete pubblicato diversi singoli che hanno acceso le luci sul “Club”. C’è un fil rouge che lega i vostri brani?

Federico C.: si i brani sono legati a doppio filo fra di loro, sia a livello musicale perché abbiamo avuto un approccio univoco di scrittura e arrangiamento dei brani, sia a livello di topic perché avevamo ben chiaro cosa volevamo dire e quali sono stati i passaggi e i sentimenti comuni nelle nostre vite che volevamo condividere.

Loris: tutte e quattro le anticipazioni ci hanno permesso gradualmente di presentare la band e il nostro manifesto passando principalmente dalla musica. Senza marketing.

Dopo i diversi singoli, arriviamo a “Prendersi Cura”, il vostro debut album. Lo definite “un disco per raccontare la generazione millenial”. Cosa pensate dei vostri coetanei? Più vittime o complici della situazione di oggi? C’è ancora possibilità di riscatto?

Federico C.: la nostra è una generazione di mezzo che si è dovuta adattare in fretta a cambiamenti epocali, sia sociali che tecnologici mentre stava ancora scoprendo il mondo. Mentre le generazioni successive sono nate con la consapevolezza di dover cambiare il mondo per salvarlo e le precedenti non hanno avuto l’effettiva possibilità di forgiarlo a loro immagine e misura. Noi millennial ci siamo trovati in mezzo, abbiamo ereditato un sistema che non funzionava più e ci siamo trovati a fare i conti con promesse non mantenute e lo spauracchio dell’assenza di un’alternativa al sistema capitalista.

Loris: Ciò detto, crediamo che non stia a noi come band tracciare la via per tutti, ma possiamo sicuramente unire tutte le persone che cercano le stesse risposte con la nostra musica. Se la collettività è unità, c’è sempre possibilità di riscatto. Io sono, nonostante tutto, un’ottimista.

Il vostro racconto passa inoltre dall’approccio femminista e anti-capitalista. Come questi temi influenzano il vostro songwriting? Nasce prima il contenuto o il contenitore, cioè la componente musicale?

Federico C: Queste tematiche sono al centro della nostra lettura della realtà, siamo stati tutti molto condizionati dagli scritti anti-capitalisti di Mark Fisher e parlare di qualsiasi altra cosa ci sarebbe sembrato ignorare l’evidenza. In comunicazione si dice “the medium is the message”, nel Soft Boys Club una cosa non sarebbe potuta esistere senza l’altra.

Ci sono artisti o album in particolare che vi hanno influenzato durante i lavori sul disco?

Loris: Ascoltiamo moltissima musica, non solo post-punk/emo e siamo dipendenti dai concerti, mentre rispondiamo a queste domande io & Federico C. siamo a Barcellona per il Primavera Sound che è un festival al quale siamo molto affezionati e dal quale impariamo molto ogni anno. Fra i nostri preferiti quest’edizione: Troye Sivan, Vampire Weekend e Deftones.

Federico C: Per quanto riguarda il SBC però, le influenze chiave forse sono anche extra musicali, autrici come Sally Rooney, Hanya Yanagihara e film come Aftersun di Charlotte Wells o La Persona Peggiore Del Mondo di Joachim Trier sono molto efficaci nel rappresentare il nostro immaginario. Per l’estetica della band, forse la personalità più influente è Corbyn Shaw, nostro coetaneo inglese che fa arte contemporanea ad alto contenuto “soft”.

Ora vi aspettano alcune date. Come vi immaginate “Prendersi Cura” su un palco?

Federico: Urlato e partecipato.

Loris: e compreso, da quante più persone possibile.

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