Intervista di Serena Lotti
8 Marzo. Una ricorrenza per parlare del mondo femminile a 360 ma anche un’occasione per denunciare le discriminazioni e gli abusi di cui le donne sono ancora tristemente vittime.
Una festa a metà, una celebrazione sì, ma anche un grido che si leva durante questa giornata ancora più alto. Un urlo che vuole spingere le comunità a proseguire la battaglia civile per l’uguaglianza e le pari opportunità, quello che ci ricorda che siamo ancora troppo lontane dal cambiamento culturale se dobbiamo ancora chiederlo e reclamarlo a gran voce. La musica può essere una di quelle voci, la più potente, la più diretta.
Lo sanno bene le Bambole di Pezza, storica punk band italiana tutta al femminile oggi tornata sui palchi di tutta Italia in una rinnovata e potente formazione. Loro con la scelta di portare sul palco una proposta di punk rock urticante ed energico affiancato da testi mai banali, anzi. Le Bambole di Pezza si fanno portavoci di un cambiamento necessario, di una rivoluzione culturale ancora incompiuta, da sempre rivendicano attenzione per le tematiche di genere, abbattimento degli stereotipi, promozione della gender equality, difesa dei diritti delle donne.
Lo hanno fatto con Favole (Mi hai rotto il c…), dichiarando la loro posizione di forza contro ogni forma di sessismo, lo hanno rifatto con una personalissima versione al fulmicotone di Rumore della Carrà, lo hanno ridetto ancora, se non fosse chiaro, con Non sei sola mettendosi al fianco di tutte quelle donne che oggi sono vittime di violenza, contro la paura e la frustrazione di sentirsi inadeguate. Messaggi che oggi 8 marzo nella Giornata internazionale della donna assumono un significato che ha il sapore di una necessaria rivendicazione civile e sociale, che passa attraverso l’arte.
Io le ho intervistate in occasione di questa iconica giornata, cercando di trattenermi dal chiedere loro se servisse una sesta Bambola di Pezza…(IO!)
Ciao ragazze! E’ bellissimo incontrarvi! Parliamo di Non sei Sola, non solo una canzone un progetto vero e proprio che ha visto la collaborazione con Jo Squillo. Il brano è uscito lo scorso 25 novembre in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne con l’intento di devolvere l’intero ricavato del progetto all’associazione Wall of Dolls, che sostiene le donne vittime di violenze. Ci volte raccontare qualcosa di più?
Risponde Cleo (voce): ll progetto di Non sei sola in collaborazione con Jo Squillo, è prima di tutto un grido al non lasciarsi andare alla paura, nasce come risposta ad un bisogno impellente: urlare l’urgenza di non sentirsi più sbagliate. Porta con sè un messaggio chiaro: basta avere paura, basta sertirsi frustate, colpevoli e inadeguate. La protagonista è Laura, una donna simbolo che rappresenta tutte le donne. Laura è istruita, autodeterminata, è forte ma nonostante questo deve subire, come tutte le altre donne, episodi di discriminazione. I ricavati di questo progetto sono stati devoluti all’associazione Wall of Dolls che si occupa di sostenere le donne vittime di violenze ed è un chiaro invito per chiunque oggi subisca abusi a contattare il numero antiviolenza e stalking.
Come nascono le vostre canzoni, soprattutto a livello di temi? Le vostre storie partono sempre da un punto di vista femminile e ci raccontano di donne determinate, coraggiose, appassionate, ma anche fragili. Chi sono le protagoniste delle vostre storie? Donne che avete conosciuto, storie vere? Quale è il messaggio che volete trasmettere onorando sempre quella che è la vostra assoluta “libertà musicale”?
Risponde Morgana (chitarra). Noi siamo prima di tutto una collettività, Cleo scrive principalmente i testi, ma anche il resto della band collabora al processo creativo. I personaggi di cui parliamo sono riconducibili a noi, ma anche ad amici o a persone che conosciamo. Ad esempio la storia di Wendy (un brano del 2004 che tocca una tematica molto forte ovvero quello dell’interruzione di una gravidanza a seguito di un abuso) parla di una ragazza che ho indirettamente conosciuto. Una giovane donna che decide di abortire, di cui ho voluto raccontare la storia. Prima di farlo mi sono posta la domanda. Cosa avrei fatto io al suo posto? Come si è sentita questa donna nel fare questa difficile scelta? In quel testo mi sono immedesimata in lei, mi sono chiesta cosa stesse provando e ho tentato di trasporlo in una canzone, dandole voce. In generale le storie nascono dalla domanda che ci poniamo Come si può sentirsi una donna…QUANDO?
Le Bambole di Pezza sono prima che musiciste, donne con un loro privato, una loro storia, un loro vissuto. Quali sono le sfide che affrontate nel tenere unita vita artistica e vita privata. Insomma, lasciati gli strumenti in sala prove, chi sono Cleo, Lisa, Daniela, Caterina e Federica?
Risponde Dani (chitarra); io ho una figlia di 8 anni. Adoro mia figlia e sono orgogliosa di essere una madre. Sono però prima di tutto una donna che non ha mai rinunciato alla propria personalità, a se stessa, alle proprie passioni. Ho insegnato questo a mia figlia e le dico ogni giorno che nella vita non si può essere solo madre o solo moglie. Lei vuole mettere su una band, ha capito già cosa è l’autodeterminazione, cosa è la libertà espressiva. In genere quello che penso che ogni donna dovrebbe portare avanti le proprie passioni senza rinunciarvi. Si può essere una brava mamma facendo tutto quello che si ama fare!
Risponde Federica (batteria) ; io oltre a fare la batterista sono anche una web designer free lance, ed ammetto che non è facile portare avanti tutte e due queste passioni, ma lo faccio con grande energia. Non si può rinunciare alle proprie passioni, mai, anche se questo comporta fatica e sacrificio.

Uno studio recente ci racconta di un gender gap agghiacciante nel musica. Nelle prime 20 posizioni dei dischi più venduti in Italia nel 2021 c’è solo un’artista donna Nell’industria musicale italiana le donne sono solo il 27% tra gli artisti, le band il 27,5%, solo il 12,5% sono compositrici e il 2,6% nella produzione. Quindi la scarsa presenza di donne nella musica riguarda anche le producer, le autrici, le compositrici, le musiciste e le posizioni manageriali. Come si può invertire questa tendenza? Quale è o dovrebbe essere Il futuro delle donne nella musica partendo dalla vostra posizione di musiciste?
Risponde Cleo (cantante). Noi siamo da sempre sottivalutate. Io ad esempio ho lavorato come vocal coach per artisti importanti e spesso venivo additata “ecco quella carina”. Io non sono carina. Io sono fare il mio lavoro, lo so fare bene, ti faccio un culo così. E poi bisogna abbattere questa cultura delle voci maschili, siamo poco abituati in generale alle voci femminili. Abbiamo una storia musicale basata sull’egemonia degli artisti uomini. La maggior parte dei pezzi del passato sono tutti interpretati da uomini. Dobbiamo rompere questo ciclo ed abituare le nuove generazioni alle voci fenminili.
Risponde Kaj (basso): nella musica si lavora molto tra persone che si conoscono tra loro. Gli uomini sono geneticamente abituati a stringere rapporti tra di loro, ad aiutarsi da sempre. Noi donne siamo meno avvezze a farlo, la storia ce lo dice, ce lo dimostra. Imparare a collaborare tra di noi, dare fiducia le une alle altre, fare rete tra noi donne, artiste, sostenerci. E’ questa la chiave secondo me.
Abbattere il pregiudizio è ancora una guerra in corso, in Italia le cose stanno cambiando, ma c’è ancora molto da fare. Attraverso la musica che è una delle leve comunicative più forti ed impattanti voi siete uno degli esempi più forti e credibili. Nella vostra carriera, avete subito pregiudizi o siete state vittime di episodi di sessimo, o anche sui social ci sono mai stati episodi di bodyshaming o una qualsiasi forma di molestia?
Risponde Cleo (voce). Assolutamente SI. Basta guardare alcuni dei terrificanti commenti sotto il nostro video, diventato virale, di uno dei nostri recenti pezzi Favole (Mi hai rotto il c…). I leoni da tastiera si sono scatenati con una violenza verbale devastante, con commenti choc che non arrivavano solo dagli uomini, ma anche, fa tristezza dirlo, da donne. Un esempio: “Poi ci lamentiamo se ci stuprano”, oppure “Se fossi mia figlia ti tirerei giù dal palco e ti farei sanguinare le ginocchia“. Molti di questi sono adulti (dai 50 anni in sù) segno che c’è un retaggio generazionale che va abbattuto. Affido le mie speranze alle nuove generazioni, ai milennials, alla gen Z. Spero che loro possano addestrare anche le generazioni future e abbattere questa cultura sessista e discriminatoria.
Risponde Dani (Chitarra): All’inzio della nostra carriera non c’erano i social ma subivamo lo stesso discriminazioni. Sui forum ad esempio. Resiste questa metrica sbagliatissima del “Se sei bella non puoi essere anche brava”. Una donna bella e brava sembra essere insopportabile soprattutto alle donne. Perchè? Noi siamo consapevoli della nostra personalità che rispecchia nel nostro corpo, in come ci vestiamo, parliamo. Perchè una donna deve fare fatica per emergere più di uomo di base, ma se è bella deve fare ancora più fatica?
Noi vostri brani raccontate di un mondo dove l’indipendenza, la gender equality, la leadership femminile devono essere sostenute sempre e lo raccontate con grande energia ma anche con tanta ironia. Avete infatti realizzato una personalissima versione di Rumore, brano iconico della Carrà, in modo e ironico ed energico omaggiando un’icona straordinaria della musica simbolo dell’emancipazione femminile, della libertà espressiva. Insomma una donna libera. Raccontateci di più.
(Risponde Kay, basso). Il pezzo innanzitutto è una bomba e musicalmente lo adoriamo. Poi Raffaella Carrà è stata un esempio ed il nostro è un vero omaggio. Era un’artista libera, autodeterminata, moderna.
Stasera le Bambole di Pezza si esibiranno al Punk is Pink female festival, un evento ideato e vuoluto fortemente proprio da loro. Il live avrà luogo al Legend Club di Milano dove si esibiranno anche i Ros, Lizi and the Kids, Missklang, Checkmate e Shaskull.
Saranno presenti ed associazioni che interverranno su tematiche come la violenza di genere e pari opportunità.
Non perdetevelo!

