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Interviste

INARTE.TEO rinasce dalla quotidianità: l’intervista

Inarte.Teo torna con un nuovo singolo a soli due mesi di distanza dal suo primo ep. Ma di chi stiamo parlando esattamente? È Matteo Salvi il ragazzo che ha scelto come nome d’arte, inarte.Teo. È nato a Roma ed è cresciuto nella periferia della capitale, portando le sue esperienze personali anche nelle sue canzoni. Proprio la sua città è il punto di forza e allo stesso tempo di partenza del suo percorso artistico: ha iniziato a suonare la chitarra a 11 anni e oggi, a 22 anni, si fa strada nella scena musicale locale. 

Crescendo ha incontrato i suoi amici che lo hanno coinvolto in un progetto musicale come chitarrista, dove ha potuto esibirsi live in locali di varie città, tutte esperienze che lo hanno formato e arricchito sia musicalmente che artisticamente. La musica è diventata una delle sue più grandi passioni tanto da decidere di farne un lavoro: a tal proposito cerca di pagare le registrazioni portando le pizze per un ristorante, in giro per la capitale. 

Curiosità su Matteo? Non ama i litigi e tollera appena il caos di Trastevere, ma ama stare nel suo parco preferito, l’Eur Social Park, fare lunghe passeggiate e bere del the al bar nel pomeriggio. È un appassionato di arte, disegno e rock. Ascolta protagonisti della scena rock degli ultimi 50 anni, dai più spinti Wizard ai più recenti Bring Me The Horizon.

È stato poi colpito dagli Issues, una band statunitense che mixa Rhythm and blues con il metal core, così ha deciso di cimentarsi in prima persona nel canto e pubblicando lo scorso settembre il suo primo ep dal titolo Nostalgia che vede la produzione di Madd3e pseudonimo di Mauro Meddi. 

Dalle sue canzoni si percepisce un animo dolce, quello di un ragazzo che racconta la sua esperienza di vita e i fatti della sua quotidianità. Nei suoi brani cerca di spaziare grazie all’aiuto del suo producer, passando dalla musica elettronica, al punk e al RnB. Per Matteo è facile poiché ha studiato come tecnico del suono per poter diventare produttore, in parallelo al cantante. Nel tempo libero infatti firma giovani emergenti della periferia romana, nel tentativo di aiutare altri artisti come lui che sono alle prese con le loro prime esperienze nel mondo della musica.

È uscito lo scorso 4 novembre il suo ultimo singolo dal titolo Parquet che racconta come accettare i cambiamenti della propria quotidianità dopo la fine di una relazione.

“Le giornate finiscono come le sigarette fumate dal vento – dice inarte.Teo – Cresci e ti accorgi che devi cambiare e rinascere, come il fiore di loto. Ora le vecchie abitudini sono panni sparsi sul parquet”.

Nel brano Matteo ci racconta la sua visione della quotidianità, ci dice che la vita non aspetta anche se ha sempre fatto come voleva. Parquet è infatti un brano istintivo racconta come il cambiamento relativo alle piccole situazioni quotidiane sia molto più importante di quanto si possa pensare. Oltre a raccontare la fine di una relazione, vuole far capire all’ascoltatore che la parola relazione è intesa in senso ampio, comprende cioè anche amici, quelli con cui non trovi più cose in comune con il passare del tempo. Proprio il fiore di loto, appunto, simboleggia la rinascita e viene regalato in segno di augurio, alle persone che stanno uscendo da qualche situazione complicata.

Noi di Futura 1993 abbiamo fatto un po’ di domande a inarte.Teo per scoprire qualcosa in più su di lui. Buona lettura!

Ciao Matteo, ti va di presentarti per gli amici che ancora non ti conoscono? 

Ciao ragazzi! Mi chiamo Matteo e sono un ragazzo della periferia capitolina. Sono uno studente di tecnico del suono che per guadagnarsi da vivere o per pagare le registrazioni lavora la sera come fattorino presso una pizzeria di zona.

Hai iniziato a suonare all’età di 11 anni, cosa ti ha avvicinato alla musica? 

In famiglia siamo tutti grandi appassionati di musica, quindi è stato piuttosto naturale entrare in questo mondo. Il primo approccio allo strumento c’è stato perché ero piuttosto preso, o come diciamo a Roma, “in fissa” nell’ascoltare brani o conoscere nuove band. Cosicché per il regalo di promozione scolastica mi regalarono una chitarra classica, da lì non ho più smesso.

Ti va di raccontarci come nasce un tuo brano? 

Non c’è uno schema preciso in realtà. La maggior parte delle volte con Madd3e cerchiamo di trovare sempre un legame tra sezione Melodica e sezione Armonica, in parole brevi, partiamo dalla melodia, cerchiamo di farla il più RnB possibile, scriviamo le batterie e cerchiamo di metterle il più fuori griglia possibile così da avere del Groove e concludiamo riempiendo ancora di più la melodia con ulteriori suoni (ex. Parquet, California). Altrettante volte partiamo da un semplice beat a cassa dritta per poi trovare la melodia successivamente (ex. Paranoia).

Quali sono state le tue influenze e cosa pensi della scena musicale italiana di oggi?

Se dovessi partire dal principio direi che la band statunitense Issues mi ha fatto capire cos’è l’RnB. Attualmente però, a livello di sound, i miei preferiti rimangono Mahmood, Tommy Dali, Frank Ocean e Post Malone. Della scena italiana penso che si sta passando un periodo dove si tende ad unire generi passati, come ad esempio il cantautorato romano, per riproporlo in chiave moderna. Un esempio è Franco 126 a cui riesce benissimo, o anche Gianni Bismark. Riescono a farti respirare l’aria romana. Oltretutto trovo questo periodo molto vantaggioso perché non credo ci sia un genere predominante come lo poteva essere il 2017 per la trap, quindi c’è la possibilità di sperimentare ed approfondire diversi generi senza la paura di dover essere fuori target.

Nel brano California parli della periferia romana, quanto sono importanti le tue origini?

Importantissime, penso che abitare in un quartiere come Montesacro, dove sono cresciuti moltissimi artisti della scena Romana, sia una cosa determinante per il mio percorso artistico dato che sono sempre in cerca di stimoli.

Sono passati due mesi dal tuo primo EP Nostalgia, cosa ti rende ancora nostalgico? 

Se ripenso all’Ep, oltre alle sessioni in studio direi che l’Eur Social Park, un piccolo spazio immerso nel verde che mi fa scorrere una valanga di emozioni. Ho fatto lì il mio primo concerto come opening a Laila, ho passato delle bellissime serate ed ho conosciuto Ari (manager di Teo, NdR) e abbiamo iniziato a lavorare insieme. Un’altra cosa che mi rende nostalgico sono il ricordo delle vacanze estive tra le montagne dell’Abruzzo. Ci tengo particolarmente perché vado lì da quando sono bambino e rappresentano la mia infanzia

Quali sono le domande senza risposte che ti poni oggi? 

Eh, bella domanda. Non so, non mi soffermo troppo sul farmi domande, o meglio, lo faccio quando lo ritengo opportuno o quando mi trovo da solo. Tendo sempre a vivere tutto con leggerezza senza farmi troppe domande.

È da poco uscito il tuo nuovo brano Parquet, cosa puoi dirci di più? 

Parquet è un brano scritto durante un periodo di transizione. Sentivo la necessità di rinascere e riprendere in mano tutto quello che avevo perso. La casa è il luogo dove mi sento più al sicuro e quando torno da una giornata difficile butto tutti panni sparsi sul parquet. La felpa lasciata lì è l’immagine delle conseguenze. Così mi è nata in testa l’immagine della felpa abbandonata sul parquet come le conseguenze che lascia un’esperienza che finisce.

Dici “Cresci e ti accorgi che devi cambiare e rinascere”, come sei arrivato a maturare ciò? Tu sei cambiato?

 Sono cambiato e tuttora sono nel pieno del cambiamento. Devo ancora capire come adattarmi a questa nuova situazione.

Come nasce il tuo sound?

La batteria dev’essere tutta fuori griglia, non dev’esserci mezza percussione messa al preciso istante. Per la melodia vale lo stesso discorso fatto per la batteria, solo che dev’essere il più catchy possibile. Il basso deve essere un Synth Bass il più distorto, o come diciamo con Madd3e, “il più Oleoso” possibile.

Anche in Parquet la produzione è di Madd3e, come vi siete conosciuti?

Ci siamo conosciuti tempo fa perché ascoltai una sua produzione ad un ragazzo che seguivo, e che seguo tutt’ora, su Instagram. Mi scattò la scintilla all’ascolto, così decisi di scrivergli in Direct con il timore che fosse Americano o di un paese estero. Mi rispose dopo un po’ dicendo che si scordava di avere Instagram e che abitava a 15 minuti di macchina da casa mia. Non credo di essere mai stato così felice.

Stai lavorando a qualche altro progetto al momento? Quali sono i tuoi progetti futuri?

In generale per carattere non mi fermo mai e sto sempre a mille, quindi diciamo che anche adesso sto lavorando a una robetta e in futuro cercherò di suonare dal vivo il più possibile. Di più non posso dirvi!

Intervista a cura di Veronica Piri

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