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Reportage Live

PHOENIX a Milano: il primo “Ti amo” corrisposto della storia

Tra le cose da fare almeno una volta nella vita per un appassionato di musica, c’è senza dubbio un concerto in Italia dei Phoenix.

Un quarto di secolo dopo la nascita della loro formazione sembrava alquanto improbabile che i Phoenix potessero realizzare un album ancora più fresco di quello che ha illuminato le classifiche alt-rock nel 2009, Wolfgang Amadeus– ma ci sono riusciti con “Alpha Zulu“. Non si tratta di una reinvenzione e nemmeno di una particolare differenza rispetto ai loro precedenti lavori, i sintetizzatori sfreccianti, gli accordi vivaci e i ritornelli effervescenti ed esilaranti non potrebbero essere di nessun altro, ogni band ha il suo sapore ed è facile individuare l’anatomia di una canzone di Thomas Mars e compagnia.

La band ha catturato i cuori di molti nel corso della sua carriera e una parte – almeno la percentuale italiana – è riunita questa sera all’Alcatraz, in un venerdì di novembre che non potrebbe trovare passatempo migliore per abbracciare tutto questo ancora una volta e dal vivo.

Sogno di innamorami mentre ascolto live una delle canzoni che ha segnato i miei vent’anni, ma una coppia che ci da dentro immotivatamente davanti ai miei occhi, spegne in anticipo il mio entusiasmo.

In una folla che per l’occasione sfoggia un look di inizi anni duemila con un tripudio di vita bassa e pance piatte – al fine di esasperare i miei sensi di colpa per le innumerevoli pinte di birra che mi trascino dietro – Thomas Mars, che da coniugato fa Coppola, non dimentichiamolo – ci regala un salto indietro nel tempo di incommensurabile bellezza.

Molte cose sono cambiate negli anni trascorsi dall’ultima volta che l’inafferrabile band indie pop francese ha suonato in Italia. I bambini sono cresciuti, alcuni sono nati da congiunti altamente improbabili, molte tendenze sono andate e venute, sono passati diversi e numerosi governi. Il mondo è, nel bene e nel male, un posto diverso. Nonostante ciò i Phoenix salgono sul palco più forti che mai. Fin da subito, la scenografia e il disegno di luci catturano l’attenzione dei fan introducendo lentamente i temi dell’architettura francese e dell’astrofisica – perfettamente allineati con i singoli del nuovo disco. Il frontman volteggia sul palco senza sforzo, mentre ogni membro della band comunica il proprio, immenso, bagaglio di emozioni.

Photo credit: Shervin Lainez

Incredibilmente lo spettacolo si apre con “Lisztomania”, anche se la saggezza convenzionale suggerirebbe di lasciare i successi più grandi per la parte finale del set, l’ingresso con una hit ha dato una scossa imprevedibile al pubblico che ha pregustato con più acquolina lo spettacolo, ricco di colpi di scena.

La prima parte del set comprende altri successi, tra cui “Entertainement” e “Lasso” generando del panico generale tra i presenti troppo presi dal momento per staccare lo sguardo dal palco, lasciando persino il bar estremamente vuoto e triste, in una delle rare volte della storia.

Questo slancio che non è mail calato ha portato a diversi momenti di grande tensione che hanno raggiunto il massimo climax quando la band ha suonato le prime note del suo disco omaggio all’Italia con “J – Boy” e poi con “Ti amo” sfoggiando un italiano irresistibile anche per i più scettici.

Ma i Phoenix si sono assicurati di includerle anche i nuovi pezzi in scaletta, la loro interpretazione di “Alpha – Zulu” e “Tonight” ha racchiuso perfettamente lo spettacolo attraversato da un sentiment estremamente pacifico e inclusivo.

Personalmente ho amato tantissimo l’encore che si è aperto con “Telefono” e “Fior di latte”, i brani più battistiani della band, mostrando l’effettiva fragilità dei presenti, momento amplificato dall’arrivo di Giorgio Poi sul palco per “Lovelife” che ha rafforzato visibilmente il legame della band con il nostro Paese, degnamente salutato con l’ultima hit che mancava all’appello “1901”.

Lo spettacolo , senza ricorrere a iperboli intellettuali, è stato semplicemente speciale, un’occasione per i fan di lunga data di entrare in contatto con una band non troppo mainstream e difficilmente reperibile nell’ultimo periodo. L’attesa di rivederla può essere stata lunga senza dubbio, ma la ricompensa è stata più grande di quanto anche il più grande fan avrebbe potuto aspettarsi.

Bill Murray – altro nome vicino alla band – una volta ha detto che i francesi sanno tutto della musica popolare, tranne come farla. Senza una conoscenza preliminare, è impossibile percepire qualcosa di gallico in una performance dei Phoenix. La band dunque trascende la condanna di Murray o è così pulita dall’influenza franchista da soddisfare il presagio dell’attore?

A noi quel french touch sicuramente fa impazzire e siamo tutti d’accordo che da quando ci sono i Phoenix il mondo è un posto più bello.

Ti amo, je t’aime, te quiero.

Foto di Francesco Prandoni per gentile concessione di VIVO CONCERTI

PHOENIX – la scaletta del concerto di Milano

Lisztomania
Entertainment
Lasso
Too Young
Girlfriend
J-Boy
Ti amo
Alpha Zulu
After Midnight
Armistice
Love Like a Sunset Part I
Love Like a Sunset Part II
Artefact
Tonight
Rome
Winter Solstice
Long Distance Call
Identical
If I Ever Feel Better / Funky Squaredance

Encore:
Telefono / Fior di latte
Trying to be cool/ Dakkar noir
Lovelife
1901

Foto Copertina di Francesco Prandoni per gentile concessione di VIVO CONCERTI

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Cinefila e musicofila compulsiva. Quando qualcosa mi interessa non riesco a tacere.

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