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Metal

CONVERGE – Axe to Fall

CONVERGE - Axe to Fall

CONVERGE - Axe to Fall

Epitaph Records
Prendete una sedia. Mettetela al centro della stanza. Inserite Axe to Fall nel vostro stereo e fatelo partire. Sedetevi e bendatevi.
Ecco, ora vi dirò quello proverete: vi sembrerà di essere investiti da un camion in corsa, di essere punti da mille api che infetteranno con il loro veleno il vostro cervello, sentirete spilli perforarvi gli occhi, ulcere esplodere nel vostro stomaco.

Non potrete fare a meno di tenervi il cranio con le mani, di infilarvi le unghie nello stomaco per estirparlo, vi ritroverete a scaraventare la sedia contro le pareti.
Vi sembrerà di essere al centro di un cubo di mercurio che si muove in mille direzioni, soffocati dalla sua densità, stretti da mille mani che tentano di reprimere i vostri istinti di primordiale sopravvivenza.
Perchè i Converge sono questo. Rabbia. Ansia. Disprezzo. Follia.
Un intreccio di morte e poesia, di immagini e musica (le copertine degli album sono curate dallo stesso Jacob).

Axe to Fall è il settimo album del gruppo di Boston.
Il successo arriva nel 2001 con Jane Doe, il primo di una trilogia prodotta dal chitarrista Kurt Ballou, di cui fanno parte anche You Fail Me (2004) e No Heroes (2006).

Jane Doe è il nome che viene utilizzato negli obitori per indicare i corpi di donna non indentificati, come se il gruppo volesse indicare di non avere ancora un’identità ben precisa, come se fossero un corpo formato da diverse sonorità, di cui nessuna prende il sopravvento. “Con i successivi You Fail Me e No Heroes, un percorso ed una trilogia hanno visto il loro compimento, nel primo attraverso una spettrale e scarna lettera d’amore della band al sound del suo Monumento passato, nel secondo per mezzo di una rivalsa hardcore di fronte ad una decadenza sociale imperante.” I lavori del gruppo sono quindi una sorta di crescita, un percorso. Chiuso un capitolo, il gruppo si prepara ad aprirne uno nuovo, questa volta atto a rinsaldare le radici degli esordi, un ritorno al metal più cupo supportato dalle liriche emotive e viscerali di Jacob, a partire da Dark Horse, uno dei pezzi più brutali dell’intero album, caratterizzato da un riff inconfondibile che entrerà nelle vostre viscere facendovi piangere lacrime nere e dense. Rape what you sow è un colpo di pistola che si scaglia prepotentemente nel vostro cervello, un connubio di riff violenti (grazie anche al contributo di Sean Martin, ex Hatebreed), velocità e vocalità, come sempre caratterizzata da urla e falsetto.Velocità. E’ questo il nodo centrale dell’intero album.Un unico assalto di pura violenza sonora. Mancano la sofferenza, i momenti riflessivi dei precedenti album, emerge invece tanta rabbia e brutalità. Le chitarre di Ballou, impregnate di richiami alle icone del metal più estremo conferiscono al tutto un alone dai toni quasi nostalgici che riportano alla memoria gli esordi del gruppo, il che può essere esteso anche ad “Effigy”, traccia corale che vede la collaborazione dei Cave In, progetto parallello del batterista Ben Koller. A livello generale possiamo dire che l’album possiede alcune peculiarità: la prima, sono le numerose collaborazioni inserite nell’album, tra cui quelle di Genghis Tron e Von Till dei Neurosis, che presta la sua voce rauca e profonda in“Cruel Bloom”, una ballata malinconica e sommessa, in antitesi con le precedenti tracce ;la seconda è che tutto l’album sembra essere un voluto climax e anticlimax, un’intemittenza di luci e ombre (o meglio, di ombre più o meno scure), il che fa sembrare ancora più cupe alcune tracce come Damages, inserita dopo l’accattivante Wishing well. E’ a questo punto che i Converge sfoderano l’arma: “minore durata, maggiore violenza” che parte da Losing Battle fino ad arrivare a Slave Driver. Ed è qui che i Converge iniziano a socchiudere il sipario con la già citata Cruel Bloom per finire con Wretched World.Ed è su questo pezzo che vale la pena soffermarsi. Ogni opera d’arte, ogni album racchiude in sè una parte che rappresenta la sua vera essenza, il cuore pulsante del messaggio che l’artista ci vuole trasmettere. Quella sarà la traccia che, se socchiudi gli occhi e lasci liberi i tuoi pensieri, ti regalerà un grammo di luce che andrà ad arricchire la tua anima. E Wretched World è questo. La conclusione di un episodio di pura violenza che trova la sua essenza in un brano dalla forte intimità sonora, che ti sembra cullare e rassicurare, che esorcizza il tuo animo curandone le ferite. E tu non puoi fare altro che chiudere gli occhi e sussurrare “Grazie”.

TRACKLIST:
01. Dark Horse
02. Reap What You Sow
03. Axe To Fall
04. Effigy
05. Worms Will Feed
06. Wishing Well
07. Damages
08. Losing Battle
09. Dead Beat
10. Cutter
11. Slave Driver
12. Cruel Bloom
13. Wretched World

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4 Comments

4 Comments

  1. Davide

    09/11/2009 at 21:36

    bella recensione. Degno successore di No Heroes che mi aveva fatti rivivere a tratti la magia di Jane Doe.

  2. Serena Mazzini

    11/11/2009 at 13:57

    Grazie Davide!:)
    Beh, Jane Doe è indefinibile. <3

  3. Dario Doldi

    12/11/2009 at 18:38

    complimenti per la recensione!
    mi hai messo l’ansia solo leggendo!
    l’album devo ancora ascoltarlo bene!

  4. Serena

    14/12/2009 at 18:50

    Grazie Dario!!
    Ormai si aspetta solo che facciano il tour qui in Italia!!

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