Articolo di Stefania Clerici | foto di Giorgia De Dato
Un’acufene gli ha posticipato il tour, ma il nostro Diablo dopo mesi di stop è tornato per un’infilata di live potenti e intensi che ci fanno capire quanto ci era mancato il suo rock, la sua energia, la sua parola.
Piero Pelù, nonostante i suoi da poco compiuti 63 anni, è sia dentro che fuori sempre quel ragazzaccio dall’anima rock e anticonformista che ha pubblicato con i Litfiba ormai 40 anni fa l’immenso album Desaparecido, da cui questa sera nella prima data del tour, ci ha regalato più di una traccia, a testimonianza quanto siano ancora forti e attuali quei testi di denuncia.

Ma andiamo con ordine, perchè di Lo spettacolo è iniziato proprio allo scoccare delle 21 ai Magazzini Generali di Milano, nella prima data completamente sold out di un tour già esaurito pure nelle prossime tappe di Padova, Roma, Torino, Bologna e Firenze. Pelù fa il suo ingresso on stage con il suo pezzo che introduce Lo spettacolo, tratto da Spirito, altro grande protagonista della serata. Indossa una maglia con un Ucle Sam ridotto all’osso, anzi letteralmente a teschio: di americano gli è rimasto solo un grande cappello in testa, ma non indica più nessuno con un ammiccante “I want you”, perchè sappiamo bene come è andata a finire… non gli è rimasto nemmeno un dito!
W il rock sociale, fuck the influencers
L’abito non fa il monaco, ma ci racconta molto del ragazzaccio sul palco e di come la pensa su molti fronti: con Eroi nel vento e La preda ce lo aveva già detto negli anni ’80 e stasera lo ribadisce bene anche con la neonata Novichok che come un monito ci descrive tutti con la semplice quotidianità:
“Beviamo e mangiamo e poi ce ne freghiamo
La nostra evoluzione è là, rimasta al palo
Ma dov’ero io, ma dov’eri te?
Com’è mai potuto a noi succedere?”
Le riflessioni sul momento presente non si fermano qui e vengono ben dichiarate con uno scritto in prima persona che decreta il fallimento del maschio etero bianco (ti vedo un po’ stanco, direbbe Brunori) ma che Pelù senza mezzi termini rifiuta di accettare per come è, condannando la violenza contro le donne e il patriarcato. La citazione del movimento Una, nessuna, Centomila apre le porte alla ventata di speranza con Io ci sarò che nei versi:
“Non c’è bisogno, babe, di dimostrare
Ci basta solo farsi rispettareIo ci sarò con tutto il mio entusiasmo
Ci scambieremo lo sguardo e poi, e poi
Io lo farò con tutto il mio entusiasmo”
dichiara un impegno vero alla partecipazione per cambiare le sorti attuali, perchè “Un’altra storia da vivere c’è, e c’è, e c’è”.

Ma i pensieri di altro mondo possibile per Pelù non si fermano qui, che dopo Maledetto cuore e Il volo, arriva con la sua dose contro la politica attuale, che minaccia minoranze e diversità a discapito dei più deboli, in nome di un falso “dio” (denaro, potere) che schiaccia i veri valori e i diritti degli esseri umani. Istanbul è dicharatamente dedicata al popolo Curdo che lotta in Turchia per la propria indipendenza, su No frontiere viene sventolata la bandiera della Palestina, in nome di uno Spirito di libertà per ogni popolo.

La messa pagana e il culto profano
Proprio i brani tratti dall’omonimo album, Spirito e Lancio Drom, aprono il live alla parte più rock e ballata del concerto, in cui cori, mani in alto e pogate la fanno da padrone. Il Canto di libertà prosegue sui brani di produzione recente come Bomba boomerang e la sanremese Gigante, per poi rifiondarsi nel passato del rock pesante del Toro loco e de El diablo, cantata e “pregata” a gran voce da tutti i Magazzini, ridotti letteralmente in ginocchio su richiesta di Pelù, prima dell’esplosione liberatoria dei magici numeri: 666.
Nel gran finale l’istrionico Piero ci presenta orgoglioso i suoi Bandidos compagni di palco: Amudi Safa alla chitarra, Luca Martelli “Mitraglia” alla batteria e Max Gelsi “Sigel” al basso, insieme al super guest Antonio Aiazzi, detto “il Don”, alle tastiere, per poi far ritorno sul palco per la remise con la delicata Lulù e Marlene. Il salto nel passato ci piace e continua sulle note di Proibito e Gioconda, fortemente partecipate da ogni lato del piccolo club.

Il bagno di folla sul finire di Tziganata è un trionfo per Pelù che viene anelato, toccato, venerato dalle prime file, che si protendono verso il loro Diablo pagano. La divinazione di Sara La Nera, patrona e protettrice della comunità Rom a cui Pelù si dichiara molto devoto, si fonde con la dimensione profana del divo che scende dal palco per giungere al suo pubblico. Un successo per nulla scontato ma del tutto meritato quello di Pelù che nella dimensione intima di un club da poche centinaia di posti in piedi, riesce a darsi del tutto senza risparmiare nulla di sè.
Sarà pure un ragazzaccio, un diablo come ama definirsi attraverso i testi dei suoi pezzi, ma a me -e non solo a me, a giudicare dagli applausi e dalle facce stupite e contente a fine live- piace tanto.
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PIERO PELÙ – la scaletta del concerto di Milano – 14 aprile 2025
Lo spettacolo
Eroi nel vento
La preda
Novichok
Io ci sarò
Maledetto cuore
Il volo
Istanbul
No frontiere
Spirito
Lacio Drom
Canto
Bomba boomerang
Gigante
Toro Loco
El diablo
Encore
Lulù e Marlene
Proibito
Gioconda
Tziganata

Don
15/04/2025 at 12:30
festa festa fino al mattinA.. non fino al mattinO… Almeno il testo corretto…