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UNDERDOG – Keep Calm

A tre anni di distanza dall’esordio discografico con Keine Psichotherapie, gli Underdog irrompono nuovamente sulla scena con dodici tracce caleidoscopiche all’insegna di un geniale nonsense.

Si può dire che “Keep Calm” sia underdog di nome e di fatto: capovolgendo qualsiasi schema di genere, la band di Tivoli scaraventa in una pièce di Ionesco gli antieroi e gli emarginati (gli underdog, per l’appunto) e punta i riflettori sulla loro esistenza tragicomica in modo del tutto esplosivo (vedi la pornomamma di Mummy on the sofa). Ma i veri protagonisti dell’album sono altri. In primo piano, l’ossimoro vocale creato dal timbro schizo-caparezziano di Diego Pandiscia e dall’ugola d’oro di Barbara “Basia” Wis’niewska (della stessa pasta di Antonella Ruggiero, per intenderci) che, in un continuo ping-pong multilingue, si lasciano e si riprendono freneticamente per tutti i quaranta minuti del disco. In sottofondo, la bellezza di sette strumenti danno vita a un flusso orchestrale in continuo divenire.

Ed ecco come inquietanti incipit diventano un crescendo di percussioni e cinguettii (Lundi Massacre) e come, senza un perché, guidati da un impetuoso piano e da un malinconico trombone ci ritroviamo ad addentare una rosa e a ballare un tango con uno strano personaggio mascherato (Empty stomach, I’m waiting for my doc). Al jazz di Jackie the Priest seguono poi l’isterico be-pop di Macaronar (termine usato dai romeni per definirci) e l’esilarante rivisitazione di Cuore Matto del compaesano Little Tony. Se le mani di Giuseppe Trastulli la fanno ancora da padrona in Niko, che ascoltiamo sotto il tendone di un circo davanti ad acrobati sospetti, la struggente Goodbye e il bisbigliare di SoulCoffee danno maggior spazio al suggestivo violino di Di Maio. Il sipario cala sulle note della splendida Berlin, che è esattamente come respirare un’altra storia dentro di sé, e assorbire tutto ciò che di più triste e dolce c’è in un’anima che vaga per le fredde strade della capitale tedesca.

Sembra quasi pleonastico sottolineare che “Keep Calm” è un progetto tecnicamente inappuntabile e studiato con la massima ricercatezza sia negli arrangiamenti sia nell’interpretazione canora. Tanto che la netta sensazione che si può avvertire al primo giro è che sia un calderone a tratti troppo artificioso. Come quando si ascolta – un po’ affascinati, un po’ spaesati – un addetto ai lavori che sfoggia tecnicismi ed espressioni gergali elaborate. E, infatti, l’ultima fatica degli Underdog è frutto del lavoro di sette Professionisti (con la P maiuscola) con storie, pulsioni e contaminazioni polivalenti, che lottano per lasciare una traccia di sé. È un disco imbevuto di influenze diverse, dal jazz al rock fino al noise, come Nick Cave, Tom Waits, Brainiac e Primus. È un continuum irrequieto, che appena sembra smorzare i toni ti sorprende quando meno te l’aspetti.

Keep Calm è l’antitesi della monotonia, che fa rimanere in bilico tra un sentimento di riverenza e cupo timore. È un secco no al mainstream più mediocre in circolazione. Chissà, forse il no che tutti attendevamo.

di Karen Gammarota

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