Articolo di Stefano Artuso | Foto di Lucrezia Pegoraro
Al Teatro Astra di Schio stasera sale un pezzo di storia della musica italiana, uno di quei pezzi di storia che si è fatta ascoltare e vendere anche al di fuori dei confini dello Stivale, arriva la Premiata Forneria Marconi.
Il clima è tranquillo, qualche mascherina ancora gira tra i seggiolini stretti della platea e l’età media, per forza di cose, è piuttosto alticcia.
Ma chi se ne importa! Se c’è una cosa che niente ha a che vedere col passare degli anni, è proprio la musica.
Sono le 21 e 2 minuti quando le luci si spengono e salgono sul palco cinque giovincelli in camicia nera. La prima cosa che mi nasce spontanea è:
“Ma perché il front man se ne sta in un angolo così remoto del palco? Ma guarda te, ha la chitarra uguale alla mia”. Mezzo bastone e tre intere carote per il vostro scrivente.
La band si esibisce in 4 pezzi ma veleggia tra il pubblico una seconda domanda: “Bravi, ma come si chiamano? Lo hanno anche detto ma non s’è capito.”.
Il live lo portano abbondantemente a casa, la qualità degli strumentisti è alta e la personalità del membro principale, Luca Zabbini, trascina la gente. A proposito di personalità: quel personaggio che si muoveva impacciato a centro palco, un po’ Adam Levine e un po’ Gianni Dego, è davvero necessario nell’economia della band? Altro dirvi non vo’.
Il concerto d’apertura termina, le luci si accendono ma solo per una manciata di minuti, nel frattempo, tra confronti e ricerche social, si scoprono essere, più bravi che buoni, i Barock Project.
Neanche il tempo di un goccio d’acqua ed entrano in scena gli attori principali di questa sera. Ecco quindi il primo quesito che si rivela: “Ah, Zabbini suona anche con loro, ecco perché se ne stava là sopra!”.

Ma non c’è tempo, nemmeno quello che gli strumentisti si appostino al loro strumento, la musica esplode nel teatro. Di Cioccio comincia a maltrattare con tanta coscienza il suo drum set e ci fa ascoltare, in tre canzoni, il nuovo album “Ho sognato pecore elettriche”. Si presenta, anzi “tutta la band”, e ci dà il benvenuto a questa serata in cui si partirà dagli ultimi anni, per poi tornare agli albori e lasciarsi fluire nel tempo. A regnare stasera sono gli strumenti, gli strumenti e i loro suoni. Facci tornare negli anni ‘70 Franz! Tu con quella bandana, due coppie di bacchette incastrate nella cintura come le pistole dello sceriffo e quell’aria di libertà che è concessa solo agli impavidi. Anche il quarto pezzo fa parte di questo album, ma Franz si defila dal microfono e torna alla batteria. Tocca a Djivas a presentare, perché inizia la jam, inizia quello che li ha portati ad andare avanti, quello che i veri musicisti sentono vibrare nelle vene e li porta a fare 5, 6 mila concerti nell’arco di cinquant’anni. Ci saranno altri momenti così, lo anticipa, ma dopo “Transumanza jam” ci si proietta agli andati giorni.
È sicuramente la canzone più attesa della serata, quella che ha portato dei giovani del prog a essere conosciuti anche da chi di prog ne mastica poco niente (percentuale dalla quale non sento di escludermi). Ci immergiamo nelle note di “Impressioni di settembre”. Il risultato è un’onda di spirito avvolgente che parte dallo stomaco e si spalma come un unguento profumato sulla pelle tanto che, devo ammettere, ho dovuto concedermi una pausa emotiva al termine.
Rientro in sala e mi lascio sconvolgere dai sette elementi che occupano il palco, sicuramente non avrei mai immaginato che si potesse usare un violino con il Wah Wah. Rinsavisco in tempo per Cyber Alpha, durante la quale non riesco a staccarmi dalla potenza del riff di chitarra. È un momento del concerto da godersi fino in fondo, dopo infatti ci viene introdotta “Harlequin”, scritta con la poetessa americana Marva Jan Marrow, e un’azzardata ma egregiamente riuscita versione de “La danza dei cavalieri”, tratta dal Romeo e Giulietta di Sergei Prokofiev. Sembra terminare il concerto dopo il medley tra Violin Jam e l’Overture di Guglielmo Tell (tratta dall’opera di Gioacchino Rossini) e il successo internazionale che fu “Celebration” ma, spinti dal pubblico che li chiama, i musici tornano in postazione.
Quanto è bello vedere Franz di Cioccio scatenarsi e sventolare l’asta del microfono come la spada di un paladino, il suo danzare e coinvolgere il pubblico trasudano rock, insieme all’insofferenza di Patrick Djivas e il violino eccentrico di Lucio Fabbri; ciò non succede negli altri componenti che, nonostante la qualità tecnica eccelsa, dimostrano di svolgere il proprio lavoro, a volte sembrando addirittura forzati.
Bando alle ciance, arrivano i bis, la PFM chiude il concerto con un tributo all’amico Fabrizio De André, con due canzoni che loro stessi riarrangiarono per quei concerti che rimasero scolpiti nelle steli della storia, come rimarrà nella storia di città di Schio, il passaggio della Premiata Forneria Marconi.
Clicca qui per vedere le foto della PFM in concerto al Teatro Astra di Schio VI (o sfogliai la gallery qui sotto)
PFM – la scaletta del concerto di Schio (VI)
Mondi paralleli
Umani alieni
Il respiro del tempo
Transumanza jam
Impressioni di settembre
Il banchetto
Dove… quando… parte I
La carrozza di Hans
Photos of Ghosts
Quartiere otto
Cyber Alpha
Harlequin
Romeo e Giulietta: Danza dei cavalieri (Sergei Prokofiev cover)
Mr. 9 Till 5
Alta Loma 5 Till 9
Guillaume Tell Ouverture (Gioachino Rossini cover)
Celebration
Encore:
Volta la carta (Fabrizio De André cover)
Il pescatore (Fabrizio De André cover)
PFM – le prossime date del tour
20 ottobre ANCONA Teatro delle Muse
22 ottobre LEGNANO Teatro Galleria
29 ottobre CESENA Carisport
5 novembre ALESSANDRIA Teatro Alessandrino
10 novembre BERGAMO Teatro Creberg
19 novembre VARESE Teatro di Varese
16 novembre TORINO Teatro Colosseo
22 novembre MILANO Teatro Lirico
23 novembre MILANO Teatro Lirico
25 novembre FIRENZE Tuscany Hall
22 aprile 2023 BARI Teatro Team
23 aprile 2023 LECCE Teatro Politeama Greco
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