Articolo di Philip Grasselli | Foto di Marco Arici
“Why do all good things come to an end?” potrebbe essere la frase che riassume un po’ la lunga carriera dei Sum 41, che sta per giungere al termine (il 30 gennaio 2025 sarà la data X, con la chiusura del cerchio nella loro Toronto).
L’ultima volta in Italia è andata a coincidere con la torrida data del 9 luglio 2024 agli I-Days all’Ippodromo SNAI San Siro di Milano, con quasi un’ora di show in meno, considerato anche che hanno condiviso il palco con i Simple Plan e Avril Lavigne. Stavolta, l’Unipol Arena di Casalecchio di Reno (BO) è tutta per loro, insieme ai Neck Deep in apertura: la penultima occasione in Italia per vedere la band canadese, considerata l’ultima a Roma il giorno successivo.

I Neck Deep in apertura
The reason we’re here is to fucking warm you up for Sum 41!
Ben Barlow al pubblico entrante
In apertura, appunto, i Neck Deep, band gallese da Wrexham che porta una ventata di pop punk di inizi anni ’10 con quell’atipico accento dell’ovest e con quelle influenze classiche dell’emo dei My Chemical Romance o del punk rock dei Blink-182. Aprono in anticipo, con ancora tantissima gente fuori all’improvviso freddo della bassa padana, alle 19:45.
Il repertorio è proprio inconfondibile, come in “Dumbstruck Dumbf**k” nel loro ultimo eponimo album, un salto nel passato che fa da fil rouge di tutto il disco: immancabile ovviamente è il mosh-pit nei momenti più veloci (tipo in “STFU”).
Insomma, scene tipiche che vanno un po’ a creare una specie di piccolo stampo per quello che verrà dopo, con una promessa di Deryck Whibley di fare una vera, propria e grande festa tutti insieme.
Sum 41
Più di quindicimila persone si sono riversate all’Unipol Arena, con quell’evidente hype in quanto testimoni oculari di uno degli ultimi concerti in Italia dei Sum 41: il clima dapprima freschino è diventato assai rovente grazie ai Neck Deep, ma con “T.N.T.” degli AC/DC a luci spente e l’oi oi oi quasi come un ticchettio che porta verso l’inizio del vero concerto. Salgono uno dopo l’altro Dave “Brownsound” Baksh alle chitarre, Jason “Cone” McCaslin al basso, Tom Thacker ai synth, Frank Zummo alla batteria e, certamente, infine, Deryck Whibley alla voce e alla chitarra.

Un palco dei buoni vecchi tempi
Oramai “Motivation” è la canzone per eccellenza che apre i concerti dei Sum 41 negli ultimi anni: tre mosh-pit si aprono subito nella parte subito antistante il palco dell’arena bolognese. E, piccola parentesi, palco semplicissimo: come si faceva una volta, telo con il loro logo enorme in mezzo, luci e strumenti. Stop.
Crazy motherfuckers right here and right there, welcome to this celebration of thirty years of Sum 41!
Deryck Whibley molto chiaro col pubblico: vuole casino e poche lacrime!
Ovviamente Deryck Whibley è il primo a fomentare i mosh-pit, certamente con “The Hell Song” – come puoi stare fermo per tutto “Does This Look Infected?” nella versione disco? – o subito dopo con “Over My Head (Better Off Dead)”. Come detto in precedenza, in questo contesto bolognese i Sum 41 hanno a disposizione ben un’ora in più di divertimento rispetto a Milano ed è tanta roba, tanta attività fisica aggiuntiva tra salti, spintoni e corse qua e là.
Gli effetti scenografici con il pubblico anch’essi puntano al classico spettacolo di confetti, stelle filanti e fiamme come in “The Hell Song”, a far vagare palloncini enormi durante “Underclass Hero”: spettacolo più che sufficiente perché, appunto, per il resto ci pensano i Sum 41 e i suoi fan.

Gemme rare come “Noots” e cover al metallo
In più canzoni non suonate dai tempi dell’album “Chuck”, “back after twenty years” come sottolineato da Whibley, come “Noots”: una canzone a libera interpretazione, già a partire dal titolo – che potrebbe essere la storpiatura di “Newts”, “tritone” – ma con un testo orientato ad una delusione amorosa.
Dopo un paio di pezzi tratti dal nuovo album “Heaven :x: Hell”, due classici del metal saltano fuori come funghi nel sottobosco, ovvero le cover di “Raining Blood” degli Slayer e, specialmente, “Master of Puppets” dei Metallica, una delle preferite in assoluto per Deryck Whibley, che dava modo a Dave Brownsound di sfogare la velocità della chitarra di Kirk Hammett.
Nel frattempo, scavalliamo la metà del live e già si vedono diverse defezioni del pubblico, svenimenti dal caldo o cali di pressione, oltre che qualche problema tecnico durante l’esecuzione di “We’re All to Blame”, ma per fortuna tutto gestito in maniera corretta dallo staff medico e del Front of House.
Tanti aneddoti anche per due singoli in particolare: la chitarra rubata di Deryck Whibley “Walking Disaster” ritrovata otto anni dopo in vendita online, ma anche del primo singolo di sempre, uscito l’11 luglio 2000, “Makes No Difference”, quando una buona fetta di pubblico nemmeno era nata.

Il primo encore
Il racconto di “Summer”, scritto tra i banchi di scuola nel 1997, è quello che apre il primo (sì, non è stato l’unico) encore della serata: è piaciuto così tanto questo brano all’interno dei Sum 41, che lo hanno inserito sia in “Half Hour of Power”, sia in “All Killer, No Filler”.
All I can say… we love you, we appreciate you, we’re gonna fucking miss you. Thank you for your love in these many, many years, from the bottom of our hearts!
Deryck Whibley si congeda per finta, ma ultimo vero discorso emozionale, al pubblico dell’Unipol Arena
Con queste parole un emozionato Deryck Whibley si congeda con il pubblico bolognese e internazionale, prima dell’inno generazionale “In Too Deep” da coro da stadio durante una partita di calcio del Bologna o di basket della Virtus.
Quattro minuti di applausi, uno scroscio infinito che non vuole far togliere la band canadese dal palco, anzi.
Il secondo encore
Anzi… a sorpresa il leader dei Sum 41 sale nuovamente sul palco ed esige un ultimo casino, per l’ultima volta, talmente non vuole staccarsi con il pubblico: “So Long Goodbye” e “Welcome to Hell”, lo yin e lo yang, la ballad emozionante che fa realizzare che davvero è tutto finito, il punk da pogo e mosh-pit per ricordare che i Sum 41 sono questi.
E ora andiamo a goderci la nebbia che si taglia con il coltello da Bologna a Milano, per farci ripiombare nella nuda e cruda realtà della Pianura Padana a novembre…
Clicca qui per vedere le foto dei Sum 41 all’Unipol Arena di Casalecchio di Reno (BO) (o scorri la gallery qui sotto).
NECK DEEP – La scaletta del concerto all’Unipol Arena di Casalecchio di Reno (BO)
Dumbstruck Dumbf**k
Sort Yourself Out
Motion Sickness
Gold Steps
Citizens of Earth
Kali Ma
Take Me With You
STFU
We Need More Bricks
In Bloom
SUM 41 – La scaletta del concerto all’Unipol Arena di Casalecchio di Reno (BO)
Motivation
88
The Hell Song
Over My Head (Better Off Dead)
No Reason
Out for Blood
War
Underclass Hero
Noots
Landmines
Dopamine
Raining Blood (Slayer cover)
Master of Puppets (Metallica cover)
We’re All to Blame
Some Say
Screaming Bloody Murder
Walking Disaster
With Me
Makes No Difference
My Direction/No Brains/All Messed Up
Preparasi a salire
Rise Up
Pieces
Fat Lip
Still Waiting
Encore #1
Summer
Waiting on a Twist of Fate
In Too Deep
Encore #2
So Long Goodbye
Welcome to Hell
