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Interviste

FUDASCA e l’arte di fluttuare oltreoceano con la sua musica: is it a dream?

La musica non ha barriere linguistiche, è inarrestabile e può fare viaggi lunghissimi per tutto il mondo. Simone Eleuteri, in arte Fudasca, lo sa molto bene. Classe ’96, producer e autore, è attualmente tra i nomi di punta del panorama musicale lo-fi internazionale.


Fudasca vive nella provincia di Roma, ha iniziato a produrre musica lo-fi nella sua stanza ed ora vanta oltre 20 milioni di ascolti su Spotify tra il suo album interamente in lingua inglese “I’m a mess and I make music” e varie collaborazioni con alcuni dei nomi più interessanti del panorama musicale internazionale legato a questo genere e non solo. Da Powfu, rapper canadese hip-hop/lo-fi super popolare tra le nuove generazioni a Jay B, membro di una delle band kpop più importanti al mondo, i Got7, che lo ha personalmente contattato per la produzione di un brano per il suo progetto solista Def.

Fudasca è l’ennesima conferma che la nostra musica, quella italiana, può arrivare oltreoceano. Incuriosite dalla sua storia e dai suoi pezzi con delle vibes estremamente internazionali, noi di Futura 1993 abbiamo deciso di fargli qualche domanda per scoprire qualcosa in più su di lui. Leggi cosa ci ha raccontato!

Ciao Fudasca! Hai iniziato ad avvicinarti al mondo della produzione con ledm, per poi spostarti sul genere lo-fi. Da dove è nata questa esigenza? Ci puoi raccontare un po’ come è iniziato tutto?
Ciao ragazze! Più o meno tutti quelli della mia età che hanno iniziato a fare musica nel 2010/2012, hanno iniziato con l’edm. Infatti, quella era l’era di David Guetta, di Hardwell ecc…insomma un bel periodo, dove il produttore/dj era al pari, se non di più, del cantante! È li che ho capito l’importanza del produttore, e mi sono avvicinato quasi subito al lo-fi passando prima per l’rnb, poi per le session di tiny desk (quella di T Pain e un’altra di Mac Miller, bellissime su tutte) infine per il jazz. Ho capito che era il genere che mi lasciava libero di esprimermi senza l’”obbligo” del dover funzionare per forza, senza schemi, solo espressione, a volte anche semplice ma diretta.

Come ci si sente a raggiungere dalla propria camera in provincia di Roma, parti del mondo così lontane? La tua discografia vanta dei nomi internazionali, come nascono queste collaborazioni?
Ho la fortuna di essere cresciuto nell’ era di internet (almeno lavorativamente parlando) e la musica non ha lingua; quindi, è stato bello essere stato libero di poter far girare i miei pezzi ovunque. Tutto è nato da un canale lo-fi (che all’epoca aveva 300k iscritti e oggi ne ha 3 Milioni) dove ci siamo trovati nel 2017/2018, e tutto è iniziato. Abbiamo contribuito a creare una vera e propria wave di lo-fi e contribuito a rendere il lo-fi un vero e proprio genere riconoscibile anche a livello popolare, ognuno con le sue sfumature e concezioni di esso.

In quel canale c’ erano Kina, Snow, Powfu, Rxseboy, Thomas Reid e molti altri che oggi sono conosciuti in tutto il mondo.

Da pochissimo è uscita Is it a dream” con Def, progetto personale dellartista Jay B (GOT7). Come è stato collaborare con uno dei più famosi artisti coreani?
È stato stimolante, non è facile arrivare ad essere cosi d’impatto in Corea. Ci sono riuscito grazie ad un pezzo del mio precedente album che è esploso in corea (what a nice day to runaway), e quell’album (non a caso) era incentrato sulla filosofia orientale. Essere riuscito in qualche modo ad arrivare lì è stato un grande traguardo, ho sempre fatto musica per scopo “culturale” e non ho mai voluto fare la hit digeribile a tutti (se riesce ben venga, ovvio) ma ho sempre cercato di essere un punto di riferimento per le culture dei diversi paesi. Questa collaborazione è stata un grande riconoscimento per me e la mia musica!

Lidea di collaborare con Def è nata per caso oppure da parte tua c’è un interesse per il mondo orientale / musica coreana?
Esatto, come detto amo le diverse culture, e ovviamente quella orientale. Ascolto anche musica coreana, tra cui Jay B; tuttavia, è stato lui a scrivermi: per me era impensabile, ma avendo ascoltato il mio pezzo che stava andando forte in Corea ha deciso di collaborare con me, un grande onore.

Quasi contemporaneamente, è uscito anche il pezzo in collaborazione con ATARDE. Quanto è diverso lapproccio alla scrittura dei pezzi tra artisti italiani e stranieri? In particolare, preferisci produrre canzoni in italiano o in inglese?
A me piace produrre musica sincera, che comunichi qualcosa, italiano o inglese non fa differenza, mi è piaciuto molto anche collaborare con Atarde, secondo me molto forte.

Sull’approccio invece, per quanto riguarda la costruzione dei pezzi, spesso con gli artisti internazionali noto che è più facile arrivare al sodo. Spesso in Italia ci perdiamo (come in molte altre cose) nelle forme e nella burocrazia; non parlo di bravura, che quella in Italia ovviamente non manca, ma proprio di approccio.

C’è qualche altro artista in particolare con cui sogni di collaborare?
Ce ne sono molti ovviamente, ma se dovessi dire un paio di nomi, per quello che hanno fatto, per quanto mi hanno ispirato e per quello che rappresentano direi Paul Mccartney e/o Ringo Starr, ma sono ovviamente per ora solo sogni!

E’ affascinante come il lo-fi vada controcorrente rispetto al consumo di musica di oggi ma nonostante questo si sia prendendo una fetta di pubblico sempre più importante. Siamo nellepoca dove tutto deve essere immediato, veloce e facilmente consumato tramite le app di musica streaming. Le canzoni lo-fi invece tendono ad essere di lunga durata e maggiormente ascoltate su youtube, dove la sezione dei commenti diventa un vero e proprio diario da parte degli utenti. Come la vedi e la vivi tu questa cosa?
Purtroppo, questa cosa è vera fino ad un certo punto, o meglio è stato vero fino a qualche tempo fa, fino a quando con il crescere della popolarità del lo-fi (ed è anche un po’ colpa nostra, di quella wave del 2018 che ti dicevo) alcuni hanno cominciato a far diventare il lo-fi un genere pop, nulla di male…se non fosse che alcuni hanno cominciato a fare delle plasticate, finte lo-fi, a cercare spasmodicamente il trend.

Hai detto bene te, il lo-fi è controcorrente, è uno stile di vita, è l’antidoto alla corsa sfrenata di tutti i giorni, molti artisti invece l’hanno fatta diventare l’ennesima gara.

Io nel mio piccolo cerco di fare un lo-fi prima di tutto con delle basi armoniche solide (dal jazz che è un pò la genesi del lo-fi) ma soprattutto sincero.

Cerco di “fluttuare” sopra la gara, non sono cose che mi riguardano.

Seguendoti sui social, spesso condividi con i tuoi follower i makeover dei tuoi pezzi, ed emerge di come dietro ad ogni minimo suono ci sia una motivazione. Ti va di raccontarci un po’tutto il processo? Nella tua musica nulla è lasciato al caso?
A me piace molto condividere, non tutto tutto sia chiaro, altrimenti non ci sarebbe più gusto.

Nulla è lasciato al caso, il lo-fi è bello anche per quello, spesso ci sono pochi elementi in una produzione, ma quegli elementi devono reggere tutto il brano, quindi devono essere fatti bene (almeno per come la penso io).

C’è una frase di Dizzy Gillespie molto bella: mi ci è voluto tutta la vita per imparare cosa non suonare; questo è quello che mi rappresenta, studio molto in armonia, strumenti, sound design, registratori a nastro e altro. Studio molto per saper togliere bene.

Nel lo-fi poi la cosa “storta”, l’imperfezione è una scelta estetica, spesso lascio alcune cose “grezze” di proposito per dare più human feeling al pezzo.

Anche qui c’è una frase di Thelonius Monk: oggi ho fatto gli errori sbagliati. Questa è molto bella, fa capire come spesso gli errori aggiungono colore a qualcosa, e che quindi ci sono anche degli “errori giusti”, nel caso di Monk, quel giorno erano sbagliati, ma la lezione è chiara.

Quindi anche qui, per quanto riguarda le “sporcature”, io studio per fare gli errori giusti.

Che rapporto hai con la musica? È una valvola di sfogo ma allo stesso tempo può essere fonte di ansia? Come trovi il giusto equilibrio?
Il giusto equilibrio per adesso lo trovo semplicemente facendo quello che sento sia giusto fare, ho fatto grandi passi avanti da quando mi sono tolto “idealmente” dalla corsa di cui ti parlavo nelle scorse domande. In questo modo riesco ad avere una visione più ampia, non ho più il paraocchi, questo mi permette di assorbire anche più materiale da inserire nella mia musica.

Non so se ripagherà, ma so che è la cosa giusta da fare.

Ti salutiamo con lultima domanda: quali sono i tuoi progetti per questo 2021 ormai agli sgoccioli e questo 2022 alle porte?
Non posso dire molto ma per il 2021 il programma è di presentare il mio primo progetto interamente italiano con artisti italiani (essendo italiano un mio sogno è fare qualcosa di rilevante per la cultura italiana) per poi riprendere il progetto internazionale nel 2022 🙂

Grazie ragazze, a presto!

Intervista a cura di Eleonora Bruno e Giulia Lansarotti

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