Articolo di Marzia Picciano | Foto di Luca Moschini (Hiroshima Mon Amour)
Disclaimer, dovuto: sì, é l’ennesimo articolo che dedico a Paolo Benvegnù. Ma questa volta é diverso.
Il pezzo che mi mancava, dopo aver intervistato per ben due volte Paolo Benvegnù, all’uscita del suo ultimo album di inediti, É inutile parlar d’amore, e quindi qualche mese fa, per la ri-edizione per il ventennale di Piccoli Fragilissimi Film, lo ammetto, era vederlo dal vivo. Occasione infine sopraggiunta a Milano, il 21 novembre, per la data della Santeria Toscana 31 dell’anniversario di Piccoli Fragilissimi Film – Reloaded. In versione autentica, Paolo e band, e di volta in volta, città per città, ospiti che hanno collaborato con lui alla riedizione di quest’anno. Per la data milanese, un Dente perfettamente amalgamato nella densa intensità del live, in una serata di acqua e neve, mentre sul palco si e’ scatenata una tempesta interiore.

Perché se un minimo ho imparato a conoscere di più Paolo Benvegnù in queste occasioni di confronto, con fiumi di parole che ogni volta mi soprendo a sentire da lui, mai stanco delle innumerevoli identiche domande che gli saranno poste, sempre pronto a offrire una nuova sfumatura, una nuova percezione, é che della portata di questa portata infinita di pensieri metafisici, noi, che alla fine siamo tesi a moltiplicare tutto (cit.), non ne usciamo completamente vivi. Maneggiare con cura, perché é travolgente. Un po’ come la sua prosa poetica, perché quella che lui usa per cantare, i suoi testi, sono poetici sì, ma sono anche un lunghissimo discorso, quello che si fa lui, ci facciamo noi nei nostri apparenti silenzi, quando siamo presi da tutt’altro. Un fiume di parole appunto, che conosce poco delle regole del ritornello perfetto – ma sarà per questo che alla fine ci piacciono tanto? Che siamo ancora qui a sentirci la messa live di un disco di dieci anni fa, esattamente come da set list di un disco?
Di questo grandissimo discorso a noi stessi, saremmo mai pronti a farne un momento condiviso che non sia una solitaria camminata con la musica sparata nelle orecchie, un pensiero perfetto di catarsi, un mea culpa tutto nostro e soprattutto segretissimo? Che agnelli pazzi e masochisti, e che lupi stupidini che siamo. Certo che si – non tutti ovviamente, c’é anche chi ha una vita felice e normale, che non ha bisogno di farsi del male, ma quelle persone lì non siamo noi, aspiranti personaggi tossici di una qualsiasi storia à la Sally Rooney, noi in Santeria giovedi sera o chiunque altro si avvicini all’esperienza di un concetto o concerto tale, ovunque Benvegnu decida di suonare.

Perché l’unica cosa che posso dirvi é: andate a vederlo, amici del masochismo ma anche gente felice. Andate a vedere, finché potete, il live di Piccoli Fragilissimi Film. Magari gli ultimi dischi non vi sono piaciuti, magari non é il vostro genere, ma io vi dico: fatevi una lezione gratuita su come empatizzare con noi, mondo di disadattati cronici o ipersensibili che ci nascondiamo dietro velleità poetiche o amaro sarcasmo. Noi, i cerchi nell’acqua chiamati a forza a mettere da parte i nostri giorni passati sul letto a cercare distrazioni per non guardarci dentro, dai risoluti, a prendere azione, fare qualcosa.
Non manca niente, la band, Paolo in divisa e cravatta rossa, l’impiegato o il cerimoniere di questa gran riunione di gente a cui questo disco ha dato qualcosa, segnato nel profondo, o di chi come me si é trovata a riscoprirlo dopo aver conosciuto Benvegnù, e quindi dal vivo, sparato in faccia come aria compressa, per usare una locuzione che trovo ideale per questa esperienza. Dicevo, persino Dente abbandona la sua ironia, e come cammina sul palco grave, denso per accompagnare Benvegnù su Quando Passa Lei e duettare con lui su Anche Se Non Voglio. É intensita fatta persone, voce, suoni, questo concerto. Raramente ne ho percepiti così intensi. Cerchi Nell’Acqua é pura condivisione liberata di malessere, gioiosa nel suo sforzo di uscirne. Persino a chiusura quel monologo colliniano che altro non é Isola Ariosto sembra centrare perfettamente lo spirito di un disco di dieci anni fa. Benvegnù é sempre lui? O é che siamo dinanzi un album che effettivamente ha lasciato un po’ il segno?
Mi permetto di portare un’altra teoria. In un mondo di ermetismi o sottintesti, o peggio, un abuso di risposte pronte sorrentiniane che ci lasciano sempre con il dubbio di non aver colto davvero (oltre che farci sentire sempre un po’ stupidi se non cogliamo tutto tutto) la prosa estrema di Benvegnù, questi Piccoli Fragilissimi Film che invadono letteralmente le nostre sinapsi dicendo invece tutto, dettagliandolo il più possibile, ecco, é una salvezza.

Abbiamo disperatamente bisogno di qualcuno che ci racconti la storia. Quella in cui possiamo rimanere sul letto, pero’ riuscendo a guardarci dentro. A non scappare di nuovo, forzarci a lavoro, metterci la testa dentro idee, battaglie, parole e poesie che non sono nostre – qualcuno o qualcosa che ci permetta di essere deboli in un mare verticale senza provarne assoluta vergogna. E magari lasciarci sempre con una vena di ironia, perché quella anche salva sempre.
Saranno queste le famose moltitudini di cui Paolo parla sempre, quella strana forza che permette di trovarci insieme e far accadere cose, nella nostra diversità e complessità? Come trovarci insieme e cantare questo benedetto disco dall’inizio alla fine, e ricordarsi di quel periodo un po’ strano, un po’ grigio ma che é cosi irrimediabilmente parte di noi? Bene allora avete capito. Correte a vederlo e non fatevelo scappare.
Paolo Benvegnu – La scaletta del concerto di Milano
Giornalismo
Il Mare Verticale
Io e te
Il Sentimento delle Cose
Fiamme
Brucio
Only For You
Le Gioie Minime
Suggestionabili
Cosa sono le nuvole
Quando Passa Lei (con Dente)
Anche se non voglio (con Dente)
Cerchi nell’acqua (con Dente)
Catherine
Preferisci i silenzi
Isola Ariosto
E’ Solo un sogno
