Articolo di Christian Cerantola | Foto di Lucrezia Pegoraro
Si conclude così il tour di Mannarino: quasi tre ore di concerto che hanno stregato l’Arena avvolgendola con un’energia ancestrale di profonda e rinnovata consapevolezza.
A dare il benvenuto al pubblico svetta al centro del palcoscenico un totem con sembianze femminili. Una dea, una donna, l’energia creatrice che ci accomuna tutti e che l’artista capitolino ha usato come musa ispiratrice per il suo ultimo album “V”.
Un preludio pulsante al ritmo primordiale di tamburi tribali, riscalda e allinea le frequenze cardiache di chi sta aspettando l’inizio dello spettacolo.
Ed ecco che arriva Africa, che subito incendia le tribune.
Un inizio potente, un biglietto di sola andata per un viaggio che dalla Terra Madre ci porta a Fiume Nero, che fa alzare in piedi l’Arena e la fa danzare per ore, fino a fine concerto. Mannarino prosegue in profondità con Agua e chiude questo primo capitolo esplodendo il messaggio di speranza e redenzione di Apriti Cielo.
I brani proseguono alternandosi in un flusso sciamanico e balzante, tra le vibrazioni mistiche e corali di una band a dir poco strepitosa. Un’amalgama di energie e talenti. Un rituale musicale che porta ogni spettatore a riflettere e vivere da protagonista i testi scritti dall’artista romano.
Tra tutti spicca distinta la potenza di brani come Cantarè, un’ode assoluta alla resilienza umana, Marylou che unisce in un’unica voce il pubblico veronese, Banca De New York che ritma la rivalsa della concretezza umana in un mondo governato dalla futile apparenza e Maddalena che con il suo amore redime Giuda, il primo tra i traditori.
La figura della Donna si fa trina e prende spazio sul palcoscenico esprimendosi nella fantastica voce, nello sguardo deciso e nel cuore fiero, delle tre artiste Lavinia Mancusi, Simona Sciacca e Gioia Persichetti. Insieme incarnano le mille sfaccettature della potenza femminile, tra sensualità, spiritualità, coraggio e forza.
Tre amazzoni che rendono viva la copertina dell’ultimo album dell’artista. Una Donna che, grazie alla sua atavica natura, sa scegliere quando mostrare la sua sensibilità o scatenare il suo animo combattivo.
Il concerto continua vivo e pulsante, fino ad arrivare ai bis che riprendono il famoso album d’esordio Bar della Rabbia. Ma prima di passare a “gonne, vino e botte”, Mannarino prende l’Arena per la pancia con Paura, un talking d’una potenza commovente, che regala un abbraccio di speranza al pubblico intero.
E poi via con le tanto attese scanzonate del Bar della Rabbia, Statte Zitta, Me so’ Mbriacato, cantate (per dare l’idea) dall’Arena intera, insieme all’artista e alla band.
Chiude il concerto il brano Vivere la Vita, che ricorda a tutti di “uscire di casa, sorridere e respirare forte, che siamo vivi!”.
Lo sguardo commosso di Alessandro che ci saluta alzando il braccio, mostra la rinnovata maturità di un grande artista che sta conoscendo sempre di più sé stesso, il suo percorso e la sua musica.
Un sorriso compagnone che, in questi ultimi due anni lontano dai palcoscenici, ha ricercato nella sorgente ancestrale una nuova consapevolezza, che ha poi saputo dipingere in modo magistrale nel suo ultimo album.
Un’esibizione impeccabile. Un concerto, quello di ieri sera all’Arena di Verona, che resterà impresso nelle menti e nei cuori di tutto il pubblico.
MANNARINO – la scaletta del concerto di Verona
Tamburi
Africa
Fiume Nero
Agua
Apriti Cielo
L’Imperio (Pachamama)
Cantaré
Banca de New York
Marylou
Maddalena
Fatte Bacià
Lei
Ballabylonia
Serenata Lacrimosa
Tevere Grand Hotel
Scetate Vajò
Arca di Noé
Vagabunda
Bandida
(Le Rane)
Paura
Bar della Rabbia
Statte Zitta
Me so ‘mbriacato
Vivere la Vita
LA BAND
Voci e tamburi: Lavinia Mancusi, Simona Sciacca, Gioia Persichetti
Chitarra e basso: Alessandro Chimienti, Emanuele Triglia
Batteria e Percussioni: Puccio Panettieri e Mauro Refosco
Tastiere e sintetizzatori: Seby Burgio
Fiati e altri strumenti: Simone Alessandrini