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Reportage Live

The PRODIGY a Milano: gli instancabili electro-punk rendono orgoglioso Keith Flint

L’iconica formazione che ha reso popolare a livello planetario la scena big beat inglese finalmente a Milano per un live che omaggia il frontman scomparso nel 2019

Articolo di Chiara Amendola | Foto di Andrea Ripamonti

Arrivo all’Alcatraz più tardi del solito, i main artist questa sera si sono fatti annunciare a un quarto alle dieci e al mio ingresso trovo un parterre già svestito e un po’ sudato che beve rilassato pinte di birra in attesa del caos.

Una sirena risuona e i bassi iniziano a martellare con una potenza convulsa. I Prodigy si spaiano sul palco introdotti dal cantante Maxim che si erge statuario al centro della scena, immerso in una pioggia di luci stroboscopiche. Il riff di “Breathe” parte mentre il chitarrista Rob Holliday, in pelle senza maniche, inizia a far girare il suo strumento come una motosega fuori controllo.

Il pandemonio è immediato.

The Prodigy in concerto all’Alcatraz di Milano foto di Andrea Ripamonti per www.rockon.it

Le urla di riconoscimento di quanto sta per accadere sono euforiche e quando i grandi ritmi finalmente prendono il via, 3.000 corpi sudati si muovono con ancora più entusiasmo, pronti a farlo per tutta la notte. Alcuni imitano con assoluta gioia la postura dei video musicali della band, altri rimbalzano, girano, saltano o agitano le braccia in uno stato di abbandono selvaggio.

Qualcuno invece, che non veniva a un concerto dai tempi del liceo, è palese, ha difficoltà a gestire lo spazio intorno a sé e sfoggia un look troppo austero per la serata, pur conoscendo ogni singola nota pronunciata sul palco.

È la prima volta della band a Milano dopo la morte del cantante Keith Flint nel 2019, un uomo i cui capelli con le corna da diavolo sono diventati l’emblema più riconoscibile dei Prodigy. La sua presenza scenica era tale però che, all’indomani della sua morte, alcuni si sono chiesti se la band potesse continuare senza di lui – ma l’abilità dello spettacolo è così potente stasera che il pubblico non è chiaramente preoccupato. Lui comunque c’è, lo si percepisce e su “Firestarter” viene omaggiato, la sua sagoma è proiettata al centro del palco con dei laser mentre balla con un’intensità da brivido.  

Le selezioni di The fat of the land e Music For The Jilted Generation sono ancora oggi rinvigorenti: “Voodoo People”, e in particolare il suo doppio breakdown, incita un movimento sfrenato, “Their Law”, con il suo riff di chitarra industriale e il basso che scuote l’anima, suona decisamente pericolosa.

Maxim è sempre stato un frontman magnetico e continua a esserlo anche stasera, agile come un pugile, ha il doppio del palco da coprire, è un vero e proprio maestro di cerimonie, che urla incoraggiamenti per spingere la folla già scatenata a muoversi. Il resto del tempo canta, si pavoneggia o calcia alto mentre Liam Howlett, la mente musicale della band, intrappolata dietro a banchi di tastiere e sintetizzatori, trasforma quello che potrebbe essere un ruolo da DJ con le mani in pasta in un’atletica performance punk-rock.

The Prodigy in concerto all’Alcatraz di Milano foto di Andrea Ripamonti per www.rockon.it

C’è un’urgenza nel suonare dei Prodigy che sembra provenire da un punto più profondo rispetto al passato, l’euforia e la liberazione che procurano sono travolgenti.

L’ampiezza dei brani a disposizione è certamente d’aiuto, e vengono eseguiti magnificamente. “Smack My Bitch Up” è amplificata a dismisura ma non abbastanza, il pubblico ne vuole chiaramente ancora.

Quando arriva il bis, la sala sembra la superficie del sole e non si respira dal caldo e dai profumi incisivi dei corpi bagnati, i bicchieri un tempo pieni di birra o di cocktail, giacciono vuoti sul pavimento, sento sotto i piedi fluidi di qualsiasi natura e ho paura di scivolare.

Eppure, quando i Prodigy si lanciano in “Take Me To The Hospital”, la folla canta ogni parola del ritornello verso il palco con la stessa intensità con cui aveva accolto il primo pezzo più di un’ora prima. La chiusura del set “Out Of Space” si trasforma in un canto così esultante che si può immaginare Flint sorridere dal palco.

È stato un concerto veloce, durato poco più di un’ora e un quarto, ma inarrestabile e la parte romantica sepolta in un angolo dentro di me è certa che questa sera Flint ci ci abbia spiato da qualche parte indefinita dell’universo con uno sguardo orgoglioso.

Clicca qui per vedere le foto dei Prodigy in concerto a Milano (o sfoglia la gallery qui sotto)

The Prodigy

The PRODIGY – la scaletta del concerto di Milano

Breathe
Omen
Wild Frontier
Light Up the Sky
Climbatize
Everybody in the Place
Disrupt Ya flow
Voodoo People
Firestarter
Roadblox
Their Law
Get Your Fight On
Need Some1
Smack My Bitch Up

Encore:
Take Me to the Hospital
Invaders Must Die
We Live Forever
Out of Space

Written By

Cinefila e musicofila compulsiva. Quando qualcosa mi interessa non riesco a tacere.

2 Comments

2 Comments

  1. Monica Brambilla

    18/05/2023 at 11:19

    Che bel articolo. Forse quella con il look austero ero io😂 Ma fidati se ti dico che non mi perdo un concerto a Milano….

  2. David

    19/05/2023 at 22:14

    Gran concerto mi è dispiaciuto un po per il ragazzo con la carrozzina che è stato mandato indietro dalla sicurity capisco anche la sicurezza ci mancherebbe ma c è gente che lavora lì dentro si poteva trovare una soluzione migliore magari è stata trovata e io non so se è così scusate. Saluto la ragazza in prima fila anche lei pressata dalla sicurity aveva astuccio insulina mangiare senza glutine come me comunque dopo è stato fatto entrare tutto non è un insulto il mio su la sicurity che lavora sono solo punti un saluto al popolo prodygi

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