Articolo di Silvia Cravotta | Foto di Andrea Ripamonti
Buona anche la seconda per Damiano, Victoria, Thomas ed Ethan che ieri a San Siro hanno chiuso con il quarto sold out le loro tappe evento negli stadi, dopo la data zero di Trieste e le due – sempre da tutto esaurito – all’Olimpico di Roma. Per l’occasione non è mancata neppure una delle 60 mila persone che hanno acquistato il biglietto e che hanno riempito il Meazza nonostante le difficoltà di spostamento, soprattutto per chi arrivava con i mezzi, create dal devastante nubifragio che nella notte tra lunedì e martedì ha colpito Milano e che aveva dato già un primo assaggio durante l’esibizione della band romana per la sua prima data nella Scala del Calcio, quella di lunedì 24 luglio.
Fuori dal Meazza, una città ancora stravolta e impegnata a fare i conti con impalcature crollate, grondaie strappate via dalla forza del vento, strade e binari dei tram bloccati da alberi spezzati e caduti a terra. Dentro, un variegato insieme di persone che si godeva il cielo sgombro e la serata finalmente serena: giovani, famiglie con bambini, persone abbondantemente sopra la mezza età. Per lo più italiani, ma anche stranieri. Alla tenda del merchandising una ragazzina dai tratti orientali abbracciava un vinile appena acquistato mentre il papà le scattava una foto.
Perfetta rappresentazione dell’universo che segue i Måneskin da quel 2017 che li ha visti protagonisti seppur non vincenti a X Factor e invece assoluti trionfatori a Sanremo nel 2021, per poi decollare verso l’estero a mietere successi. Vero rock italiano d’esportazione che unisce con sapienza l’ispirazione dichiarata al glam (e chi c’è oggi più glamour dei Måneskin?) e all’hard rock degli anni Settanta/Ottanta a un sound moderno e di impatto, arricchito dalla bravura di musicisti in costante crescita tecnica e dalla versatilità vocale del frontman, il Signor David. Se poi ci si mette pure il fatto che si esibiscono sul palco con la stessa disinvoltura con cui noi ci muoviamo in casa nostra e con un carisma che li rende inevitabilmente magnetici allo sguardo, non serve dire altro per spiegare il loro successo.

Veri animali da palcoscenico, questi Måneskin. Il pubblico lo sa e per questo non sembra voler aspettare: dagli spalti e dal parterre li comincia ad acclamare con ole, fischi e voci sin da pochi minuti dopo le nove. Non dovranno aspettare molto, perché alle 21.15 spaccate si accende la combo di luci rosse e stroboscopiche composta da oltre 650 corpi illuminanti che ci accompagnerà per tutto il concerto, danzando a ritmo dell’intro musicale che precede la canzone di attacco, la potente Don’t Wanna Sleep, accolta – ça va sans dire – da un boato. Seguono a raffica Gossip e Zitti e buoni, la trionfatrice di Sanremo che tutti sanno e tutti cantano. Emblema del mood maneskiniano, che con una carriera alla velocità della luce e dopo gli incredibili successi raccolti in appena sei anni – dai miliardi di streaming, ai riconoscimenti ricevuti, alle esibizioni sui palchi musicali più prestigiosi -, non hanno più voglia di sentire critiche nei loro confronti. La gente parla, insomma, ma loro se ne fregano e vanno avanti. Damiano canta e si muove da rocker navigato, Victoria e Thomas fanno ballare insieme chitarra e basso, Ethan pesta sulla batteria. Non serve altro.
E non sono mancate le parole in questo concerto, tante, come nelle date precedenti. La sensazione è che ci fosse la voglia di raccontare come sono arrivati fino a là, di ringraziare e un po’ la necessità di togliersi qualche sassolino dalle scarpe. Prima di lanciare Chosen, “il nostro punto di partenza”, Damiano usa il microfono per raccontare come il tour stadi sia andato bene e di come loro siano contenti per quello che definisce “un traguardo“, anche se ovviamente dispiaciuti di essere all’ultima data. Ma non è certo il momento di essere tristi, così con Own My Mind e Supermodel si ricomincia a saltare e cantare tutti insieme, caricati dal frontman che lo farà per tutto il concerto, giocando col pubblico a colpi di “su su su” e chiedendo più volte a Milano di fare “un cazzo di casino“. Come ogni cattivo ragazzo dovrebbe dire.

Con Le parole lontane, il ritmo rallenta ma rimane inguaribilmente rock. Il momento si fa più intimo, un faro illumina Damiano che ricorda gli inizi senza pretese del gruppo e di come suonare negli stadi sia per loro “un sogno che si realizza“. Ringrazia i suoi compagni di avventura e attacca la canzone che, spiega, gli ha fatto capire che tutto sarebbe cambiato. Avrete letto in giro che la sua cover di Iron Sky di Paolo Nutini, eseguita a cappella su un palco buio, era da brividi. Ecco, lo era davvero. La sua voce graffiante e potente ha invaso una San Siro ammutolita, intenta a godersi il momento, ha travolto tutti ed è poi tornata al suo posto, dove serviva. L’esibizione è perfetta, l’applauso scrosciante.
Si riparte da due pezzi di Rush, il loro terzo e ultimo album da oltre 1,3 miliardi di stream, Baby Said e Bla Bla Bla, inevitabilmente cantate a gran voce da tutto lo stadio. Damiano si toglie la canottiera dai cerchietti di metallo traforati, in pendant con i pantaloni di Victoria (un ritorno all’armonia che si vociferava non ci fosse più?), resta sul palco con il suo perfetto physique du rôle da rocker e le movenze sexy che si abbinano perfettamente a quelle ondeggianti di Victoria e Thomas. I due intanto scendono sotto il palco, con Vic abbracciata da tutta la prima fila mentre suona, come da tradizione.
Beggin’ viene presentata per quello che è. “Croce e delizia“, la canzone che li ha fatti additare come quelli delle cover e contemporaneamente quella che gli ha portato successo ed esperienze indimenticabili. Le critiche alla fine portano bene, dice Damiano, e per questo le consigliano a tutti. E a conferma del grande successo di questo brano, basta vedere la reazione del pubblico di San Siro. In nome del padre e For Your Love, con quell’assolo di batteria di Ethan a cui si aggancia la chitarra di Thomas e che vorresti durasse per almeno un’ora, confermano che ci troviamo chiaramente davanti a un ottimo esempio di rock nostrano.

Come tutte le loro canzoni italiane, anche Coraline viene cantata da tutti con più facilità rispetto a quelle in inglese, così energetiche e veloci che a volte è difficile tenere il passo. Inizia la fase del concerto in cui la band si stringe al pubblico: il grande palco, coi megaschermi laterali, resta vuoto e la band si sposta sulla passerella di 35 metri che fende il parterre. Ethan è già pronto con la batteria, gli altri tre salgono sul pezzo di passerella che scorre sui binari e li porta da lui. Le due parti si ricompongono e si può dare il via a un momento letteralmente di fuoco che parte con Gasoline, con la band completamente immersa nella luce rossa e fiamme sparate sul palco principale. Con Timezone prima e I Wanna Be Your Slave l’atmosfera non si raffredda certo, anzi.
Il calore si sente ancora di più quando i quattro si sistemano in mezzo al parterre per il momento acustico, illuminati da un grosso faro che li mette in risalto tra il pubblico. Sembra di rivederli quando si esibivano per strada in via del Corso, in quei filmati o quelle foto del prima che in fondo rappresentano bene la provenienza e la rapida ascesa dei quattro romani. Torna a casa e Vent’anni sono il loro momento di intimità con i fan, che cantano accanto a loro ma senza disturbarli o anche solo stringersi troppo, d’altronde Damiano aveva detto che lo avrebbero fatto “con il vostro permesso e il vostro aiuto“.

Si torna indietro e partono le luci stroboscopiche per La fine, Victoria ci regala un’altra delle sue sensuali camminate e si regala un breve crowd diving tra le prime file sotto il palco, prima di andare a duettare con Thomas sulla punta della passerella. Mark Chapman e Mamma mia fanno saltare tutti, in primis i musicisti. Thomas se ne va in giro sotto il palco e viene scherzosamente riportato indietro sulle spalle degli uomini della sicurezza. Damiano ha il suo momento da rocker che sfoga lanciando per il palco l’asta del microfono. L’ingresso di un nutrito gruppo di fan, i Kool Kids, segna la fine ufficiale della scaletta. Durante la canzone (con le sue suggestioni alla Fontaines DC, come giustamente sottolineato da Andrea Ripamonti che ha scattato le bellissime foto che accompagnano questo pezzo), sul palco i ragazzi sono scatenati e terminano la loro esibizione in ginocchio, con gesti di adorazione verso Thomas che sul mixer poggiato in terra chiude la canzone a colpi di distorsioni elettroniche.
Gli encore, come da programma, sono la struggente ballata The Loneliest, abbellita ulteriormente dal solo di Thomas, che dal vivo regala virtuosismi di rara bellezza, e una reprise di I Wanna Be Your Slave, ballata e cantata con la stessa energia di quella in scaletta.

Dopo il Loud Kids Tour, la tournée nei palazzetti europei che ha fatto registrare il tutto esaurito in Italia e in luoghi sacri della musica europea come la londinese O2 Arena, dopo le esibizioni in vari festival sul vecchio continente, dopo queste date speciali negli stadi, sarebbe giunta l’ora per i Maneskin di riposare un po’. Ma non durerà tanto. A settembre si ripartirà per il Rush World Tour che li porterà dall’Europa al resto del mondo e ritorno, passando per Giappone, Australia, Canada, Sudamerica e Stati Uniti (e parliamo di Madison Square Garden, per intenderci). Non resta dunque che aspettare il 2024, sperando che ci sia occasione di rivederli ancora su un palco italiano.
Clicca qui per vedere le foto dei Maneskin in concerto a San Siro o sfoglia la gallery qui sotto
MANESKIN – La scaletta del concerto di Milano
Don’t Wanna Sleep
Gossip
Zitti e buoni
Chosen
Own My Mind
Supermodel
Le parole lontane
Iron Sky (Paolo Nutini cover)
Baby Said
Bla Bla Bla
Beggin’
In nome del padre
For Your Love
Coraline
Acustico:
Gasoline
Timezone
I Wanna Be Your Slave
Torna a casa
Vent’anni
La fine
Mark Chapman
Mammamia
Kool Kids
Encore:
The loneliest
I wanna be your slave (reprise)
