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Reportage Live

I BLACK PUMAS a Milano. Nel Blues dipinto di Blues

Il duo americano BLACK PUMAS a Milano per l’unica tappa italiana in un affollatissimo Fabrique: dopo l’acclamato ed omonimo primo album e l’uscita del secondo lavoro Chronicles of A Diamond il duo di Austin dal vivo si conferma una formazione incredibile, potente e passionale, dalle sonorità blues rock mai scontate e banali che ci trascina in una festa a metà tra Woodstock e Studio 54.

Articolo di Serena Lotti | Foto di Davide Merli

In una serata come quella di ieri sera a Milano con in cartellone sia l’attesissima e iper venerata band post-punk di Dublino Fontaines D.C. live all’Alcatraz sia Tananai in concerto al Forum, senza considerare la nebbia e il freddo che sono calati impietosamente e più velocemente di un ascensore della Jin Mao Tower, chi si aspettava di sentir suonare i BLACK PUMAS in un Fabrique semivuoto si è sbagliato clamorosamente.

Si perchè la band pysch-soul di Austin, Texas, non solo era attesissima a Milano per l’unica tappa italiana di questo tour 2024/2025 che li ha già visti sui palchi più importanti di tutta Europa, ma ha egregiamente disatteso le aspettative dei detrattori che vedevano i fan scegliere in massa i loro giovani colleghi di Dublino. Quello che si presenta alla mia vista alle 21.00 dopo avere trovato l’unico parcheggio libero, gratuito e vicino all’entrata grazie ad un rarissimo allineamento dei pianeti, è una folla immensa di gente gioiosa e festante ma soprattutto di un’altra gen oltre che di un altro mood rispetto a quella che ieri sera riempiva via Valtellina e Via di Vittorio ad Assago.

Mi faccio largo tra la gente e mi recupero un triangolo di visuale tra una schiena vestita di angora e una spalla brutalmente tatuata. Eccola lì la band di Austin, all’anagrafe Adrian Quesada & Eric Burton che sembrano proprio in assetto “Siamo in missione per conto di Dio”.

Le cose si muovevano rapidamente nel 2019 dopo l’esordio Black Pumas sono seguite le nomination ai Grammy, è cresciuta la pressione per un seguito e infine il duo ha tirato i freni. Durante i quattro anni che separano Chronicles Of A Diamond dall’omonimo esordio, i Black Pumas hanno portato a revisionare la loro DeLorean abbandonando di poco la matrice revivalista (tanto revivalista che Colors conta oltre 100 milioni di streaming su Spotify) per abbracciare sempre il vintage ma in una chiave diversa, più sperimentale e contemporanea.

Sul palco i Black Pumas si presentano come una band in piena maturazione, capace di dosare sapiementemente energia e raffinatezza, retro’ e innovazione, miscelando i suoni in modo magistrale, i tiri soul-funky sono tutti vibranti di psichedelia e groove ipnotico e alle nostre orecchie tutto non è che un ASMR irresistibilmente catchy, elettro-soul ed afrobeat.

Il concerto si apre con una versione intensa di Intro / Next to You, sullo sfondo campeggiano iconici due puma neri che richiamano la cover del primo album. Dal primo pezzo la band stabilisce subito il tono: groove ipnotico, atmosfera vibrante e ritmo trascinante. Eric Burton sembra fare tutto senza sembrare di fare tutto, la verità e che la band è composta da talenti astronomici, percussionista e batterista praticamente respirano in perfetta sincronia, la tastiera synth brucia letteralmente per 90 minuti e le linee di basso conferiscono vibranti sfumature R&B a quella che è una schiena dritta tutta funky e blues. Le chitarre però sono quelle di Austin, il dannato Texas, quello degli stivali sporchi di fango e del rum nei Levis 501…ci puoi mettere tutto il soul e il blues che vuoi ma sentirai sempre il graffio dell’America delle highway, desertica e brutale, l’urlo hard rock spingere sotto i tacchi.

Le intenzioni dei Black Pumas vanno verso una chiara direzione psichedelica, non c’è dubbio. Quella è la stazione finale, ma prima di arrivarci saranno tante le fermate dove sosteremo grazie a chitarre calde e graffianti e sintetizzatori in loop, grazie a cori gospel e lustrini, grazie ai continui deja-vu che ci portano da Marvin Gaye a Curtis Mayfield da Sam Cooke allo Studio 54, passando dai Pink Floyd ai Portishead.

Vogliamo ballare, è un bisogno insopprimibile. Burton sta gridando come James Brown adesso: è il momento di More Than a Love Song (che ha già oltre 5 milioni di streaming su Spotify) e il carrozzone dorato non si ferma, siamo su Know You Better e Black Moon Rising, dove i Black Pumas sfoderano il loro tocco più vintage e nostalgico, siamo aggrappati dentro ad momento intimo e speciale, siamo in pieno 70’s. Non possiamo scendere dalla DeLorean. Il coro in crescendo insieme ai suoi intermezzi lirici “Fly Together” ci manda in pace verso la prossima fermata, la Motown e o il soul-jazz-hip-hop di Ghostface Killah? Al Green o Otis Redding?

Ice Cream e Confines vengono praticamente mashappate in coda/capo e la spinta pop-soul e funky è qui pericolosamente sexy e psichedelica grazie al chitarrista Quesada che dalle retrovie gestisce tutto il set a colpi di riff caldissimi come un perfetto alchimista con le sue fiale magiche.

I momenti chill-out sono tanti innegabilmente, ma è su Hello e la sua lenta transizione elegantissima sull’elettronica che si svela un’altra chiave di lettura di questa incredibile band, sapere affascinare con continue incursioni nel vintage e nell’old style stando in equilibrio tra nostalgia crepuscolare e innovazione sperimentale.

Immancabile momento magone in pieno encore con l’inflazionatissima Fast Car di Tracy Chapman che grazie all’interpretazione in acustica di Eric viene infusa di nuova vita, consolidando ulteriormente la ballata come un fenomeno generazionale che acquisisce maggiore importanza culturale con il passare del tempo. “I had a feeling that I belonged, I had a feeling that I could be someone” alzi la mano chi pensa non stia parlando dei fallimentari capitoli della propria vita amorosa.

Seppure all’attivo soli due dischi i texani Black Pumas possono vantare i loro classiconi di rito, Colors decisamente sopra a tutti che a fine serata diventa una vera e propria celebrazione collettiva e magica con un pubblico gremito e in pieno fomento che canta all’unisono il ritornello e che illumina questa “chiesa elettrica” che è il Fabrique, un’esibizione di conversione, un rito di passaggio da un’epoca all’altra.

La travolgente “Rock and Roll”, un omaggio audace alle radici del genere, chiude la serata in un’esplosione di pura adrenalina e follia lisergica. La stazione psichedelica è raggiunta, ci siamo solo noi e le pianure allucinate di Woodstock.

L’equilibrio è ciò che rappresenta meglio questo live. Potenza e controllo, sono le due facce della stessa medaglia, ma non c’è potenza senza controllo e questo i Black Pumas lo fanno benissimo. La chiave soul/r&b revival che propongono i Black Pumas non si arroga il diritto di rivoluzionare la scena black e di riscriverne la storia bensì proporre musica terapeutica e di facile ascolto con patchwork di suoni familiari e rassicuranti, dannatamente swag e acchiappanti. Capaci di imprimere potenza e forza al sound i texani sanno anche calibrarne la velocità e l’intensità con risultati che sono stati durante 90 minuti sempre al di sopra delle nostre aspettative.

Eric Burton sembra fare tutto ma non fa tutto. Resta un frontman gentile e generoso, un crooner del popolo uscito dalla Motown, un artista con una potenza lirica e vocale che nello stesso tempo è versatile, vituosa e piena di sfumature: la band alle sue spalle è però sempre compatta e affiatata e crea uno sull’altro mutevoli paesaggi sonori tanto diversificati quanto, allo stesso tempo, mai banali o slegati tra loro. Il magnetismo di Burton e la sua verve sono i good point dello spettacolo, ma tutto è parte integrante di tutto: gli assoli di chitarra brucianti di Quesada, i fluidi strati vocali del coro, l’atmosfera dei tasti infuocati del synth e la sezione ritmica serrata di basso e batteria garantiscono le basi solide su cui costruire tutto.

Quello che è certo che è Burton con la sua gold voice potrebbe cantare tutto il catalogo dell’Ikea senza mai mandare in downgrade il fomento del pubblico. Qualcuno direbbe che è stata la Mano di Dio (oppure…La Voce di Dio). Cantare R&B nel 2024, come lo fa lui, con una gamma dinamica di suoni che svolazzano liberi costruendo simmetrie perfette come mandala è qualcosa che oggi è raro, rarissimo da ascoltare.

Usciamo dal Fabrique e la nebbia ci avvolge. E’ arrivato l’inverno così, in una serata. Non siamo tristi, ci sentiamo un pò sporchi dentro, di quello sporco cool, abbiamo le mani calde, il collo umido e nella testa, piena di colori e oro una sola frase “I’m headed to town, town, town in style, with all my favorite colors, yes, sir”.

Clicca qui per guardare le foto del concerto dei BLACK PUMAS al Fabrique di Milano (o sfoglia la gallery qui sotto)

Black Pumas

BLACK PUMAS – La scaletta del concerto al Fabrique di Milano

Intro

Next to You

Gemini Sun

More Than a Love Song

MRS Postman

Know You Better

Black Moon Rising

Angel

Old Man

Ice Cream

Confines

Hello

Fire

OCT 33

Colors

Encore:

Fast Car

Rock and Roll

Written By

Milanese, soffro di disordini musicali e morbosità compulsiva verso qualsiasi forma artistica. Cerco insieme il contrasto e il suo opposto e sono attratta da tutto quello che ha in se follia e inquietudine. Incredibilmente entusiasta della vita, con quell’attitudine schizofrenica che mi contraddistingue, amo le persone, ascoltare storie e cercare la via verso l’infinito, ma senza esagerare. In fondo un grande uomo una volta ha detto “Ognuno ha l’infinito che si merita”.

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