Foto di Matteo Scalet | Articolo di Costanza Garavelli
Le porte dell’edizione 2022 del Bay Fest si aprono l’11 agosto a Bellaria, con una rassegna di nomi da capogiro. Aprono infatti il festival i Flogging Molly, Bouncing Souls e i Sick of it All, come assaggio dei giorni successivi.
12 agosto, secondo giorno del festival punk rock più importate d’Italia. L’apertura dei cancelli alle ore 17 è preceduta da un lento pomeriggio all’insegna della musica, che dalle 15 viene proposta in acustica sul palco frontemare della Becky Bay, la spiaggia su cui, nei giorni a ridosso di ferragosto, si raccolgono gli amanti della musica alternativa da tutta Europa. L’atmosfera generale di familiarità e leggerezza è anche dovuta l’ottima resa di una location eccellente e rara per i quanto riguarda il mondo dei festival outdoor italiani. Le luci allungate del tardo pomeriggio fanno da perfetta cornice al palco, che accoglie in apertura i The Last Gang, trio punk rock californiano e i Make War, altro trio punk rock americano, che raccolgono sotto di loro le prime ondate di gente, avviando il pogo, non ancora troppo affollato, ma già intenso e carico dell’adrenalina giusta.
É con il calar del sole, nel blu elettrico di un cielo non ancora spento, che la zona delle transenne inizia a farsi affollata, in attesa che gli Ignite facciano il loro ingresso sul palco del Bay Fest. La band non delude le aspettative: Eli Santana, voce del gruppo, consuma il palco fino in fondo. La sua recente entrata nella band, dopo l’addio alle scene di Zoli Teglas (ex frontman del gruppo), se la guadagna ad ogni concerto, soffiando sulle braci del punk con la passione di chi questo genere ce l’ha dentro. Capelli sciolti e aria selvatica, affronta il pubblico senza risparmiarsi. E mentre attacca il riff di “A Place Called Home”, si arrampica sulla struttura metallica del palco, dominando la scena dall’alto, dirigendo il pogo con la scivolosa ruggine delle sue corde vocali. Su “Sunday Bloody Sunday” il pubblico sottostante si lascia andare a un coro quasi familiare, rispondendo all’energia del famoso pezzo degli U2, riproposto in chiave punk dalla band. Ma il cuore, gli Ignite, decidono di farcelo battere davvero, quando Brett Rassmussen e relativo basso, planano sulla folla sottostante, atterrando in mezzo alla gente, continuando a suonare. Con una naturalezza irreale, senza bisogno di nessun invito, in pochi secondi si accende un intensissimo circle pit, al centro del quale, il bassista non molla le corde suonando fuori tutto, nell’occhio del ciclone. Lasciano palco e pubblico impolverati, stravolti ed eccitati dall’ora di fuoco che hanno sparato fuori. Dopo uno show così, c’è solo bisogno di riprendersi un po’, la serata è ancora lunga e piuttosto ricca e c’è chi si prepara a quello che sta per succedere con qualcosa da mangiare, una birra, respirando l’aria di mare, la presa bene generale e l’idea che ci sono ancora due giorni per godere di tutto questo, per restare dentro questa bolla estemporanea di musica, di gente che sentiamo in qualche modo vicina, di sole ed emozioni.
È già ora di rimettersi all’opera e cercare di riguadagnarsi il posto sotto lo stage, cercando o evitando il pogo, scegliendo la propria posizione strategica per godere al meglio l’arrivo sul palco dei Millencolin, che militano nella scena punk dal 1992. La band svedese, che vede ancora la stessa formazione da quasi 30 anni, calca la scena con la stessa potenza di sempre, aprendo il concerto e il cuore del pubblico con pezzi storici, mentre sotto palco la situazione si fa sempre più stretta, sudata e carica. Scattano i primi e sempre più sfacciati crowd surfing, un pogo ora molto più consistente. Propongono una selezione di sound che ha l’effetto di un tonificante, intensificando il traffico di corpi sospesi sulla folla che si riversano a cascata oltre le transenne tra le braccia di bodyguard imbronciati e a pochi centimetri dalla band, che non arretra di un millimetro, mentre snocciolano i loro brani cult come “Penguins and Polarbears” e “Fox”. La band svedese chiude con un’altra super hit, “No Cigar”, supportata dai cori di migliaia di punk rockers. La presa del pubblico inizia ad allentarsi, per dare spazio ad un respiro a pieni polmoni prima di riprendere a spingere con lo ska-punk degli Interrupters, band formatasi a Los Angeles, con oltre dieci anni di attività sotto la Hellcat Records, etichetta di Tim Armstrong dei Rancid. Ultimo gruppo della line-up della serata, sono attesi sul palco da lì a una mezz’ora. Si respira un’aria di leggerezza, di complicità vagamente alcolica e una pioggia leggera avvolge come un velo rinfrescante il parco, mentre Miss Aimee Allen, voce femminile del gruppo, assieme ai fratelli Bivona, avvia l’ultimo concerto di questa serata magica. Per la loro prima volta al Bay Fest, accendono il palco con bordate di ska anni ‘80, spremuto fuori con la propulsione del punk, presentando svariati pezzi del nuovo album “In The Wild” uscito lo scorso aprile. Lo show è intenso, sul palco la frontwoman si muove come avesse il fuoco dentro, tenendo il suo pubblico aggrappato ad ogni nota. Arriva chiara la complicità tra i membri della band, che offrono uno spettacolo fluido, che vivono la scena come un unico battito cardiaco, al quale chiunque, là sotto, si unisce seguendo il ritmo incalzante, senza riuscire a smettere di ballare, incuranti della pioggia. Viaggiano senza tregua, in un revival di vecchi pezzi e ondate di novità per quasi un’ora e mezzo. Chiudono la serata ed anche la pioggia è cessata, aprendosi su un cielo di stelle, rendendo la situazione perfetta per godere del dj-set proposto alla Becky Bay con Andrea Rock alla consolle.
Un nuovo giorno scalda le spiagge di Bellaria e nel primo pomeriggio, tra le famigliole e i pensionati, all’altezza della spiaggia Becky Bay, la fauna comincia a cambiare. Capelli colorati, tatuaggi, costumi eccentrici e musica prendono vita sotto il sole romagnolo. Il pomeriggio ha sempre un flow lento e dolce, accompagnato dalle esibizioni acustiche di Yotam Ben Horin e subito dopo Mike Noegraf, che propongono un repertorio emozionante e sentito, perfetto per il nutrimento dell’anima e prepararla agli eventi della serata.
Anche questa giornata di festival inizia attorno alle 17:30. In apertura gli Acid Brain, gruppo italiano formatosi a Lucca nel 1997, che propone un punk rock con influenze grunge e in successione gli Spider. È tempo di farsi venire la pelle d’oca, con l’incredibile performance dei The Baboon Show, band svedese del 2003, che vede sul palco una quota femminile al 50% con Cecilia Bostrom alla voce e Frida Stahl al basso. La capacità della frontwoman e di tutto il resto del gruppo di arrivare nello stomaco della gente come un pugno è potentissima. Sensuale ed estrema Cecilia si rivolge ad ognuno dei suoi fan adoranti, cantando con gli occhi piantati nei loro, raccontandosi, spingendo fuori tutto l’impegno sociale di cui i suoi testi sono intrisi, con la violenza della sua voce graffiata. Affiatati e fieri, su quel palco i Baboon Show non sprecano nemmeno un secondo, e inchiodano i cuori di tutti noi alle transenne.
Finito lo show, la folla si disperde per il parco con gli occhi lucidi e il cuore gonfio.
I Raw Power entrano in scena, portando un po’ di sano hardcore nostrano. La storica band, nasce nel 1981 con quarant’anni di attività e una discografia che conta più di una quindicina di album. Al microfono la voce tirata e dura di Mauro Codeluppi non molla un colpo nonostante non sia più un ragazzino. L’urgenza isterica propria del punk hardcore arriva dritta come una lama, dalle tachicardiche rullate di Mattia Bertani e dalla violenta protesta sociale ben salda nei testi e fa ribollire il sangue spingendo un pogo stretto e spietato.
Reduci di queste prime due ore vissute a mille, c’è bisogno di prendere fiato e rallentare, bevendo una birra e magari mangiandosi una ricca piada passeggiando tra gli stand del festival.
Gli ultimi due nomi della line-up di questo 13 agosto non sono da poco, infatti i penultimi ospiti della serata sono i Circle Jerks e il loro dream team che vede alla voce l’ex cantante e fondatore dei Black Flag Keith Morris, alla chitarra l’ex chitarrista dei Bad Religion e dietro le pelli l’ex batterista dei Queens of the Stone Age. La band californiana si forma alla fine degli anni settanta, cavalcando gli anni della scena alternativa statunitense, conquistandone presto l’approvazione. Nonostante il percorso tumultuoso e non lineare, mantengono la loro posizione tra i più influenti esponenti del genere, con l’asprezza radicale del loro sound hardcore. Non perdono tempo e attaccano trascinandosi dietro la fiumana di gente tra le vecchie glorie dei loro pezzi più potenti che vengono accolte da cori da polmoni scoppiati. A “Wild in the street” cover di Garland Jeffreys, il pogo esonda, trascinando a sé la maggior parte dei partecipanti mentre, un giro dopo l’altro, Morris & co. ne dirige il ritmo pulsato. Un’ora vissuta persi nella ruvidezza della voce inconfondibile del cantante, nei riff feroci di Hetson e Schloss e il tiro da mazza chiodata di Joey Castillo. I Circle Jerks, quest’anno, al Bay Fest, hanno creato un inferno, di quelli grandi, incendiati, eccessivi e che danno piacere.
L’inferno perfetto, per preparare lo stage all’avvento dell’ultimo nome di questa serata.
Signore e signori: The Hives sono sul palco.
In divisa bianconera come da copione, i massimi esponenti del punk rock scandinavo dal ‘93, prendono la scena che già se la stanno ridendo. Lo sanno che la legge la dettano loro, e tant’è che partono mettendolo subito in chiaro, con un pezzo del loro quinto e ultimo parto discografico del 2012 “Lex Hives!” contenente una serie di considerazioni sulla legge. Comincia lo show, e Pelle, alla voce, il suo pubblico non se lo fa sfuggire, ci gioca, si muovono all’unisono. Schizzati, audaci, ironici, uniscono sound e stili retrò al tiro al kerosene del punk. E avanti tutta, con i loro pezzi iconici della portata di “Walk Idiot Walk” e “I Hate To Say I Told you So” tratti dai loro album di esordio, rispettivamente “Tyrannosaurus Hives” e “Veni Vidi Vicious”. Tra un pezzo e l’altro non perdono occasione per sfottere un po’ i fan: “Buonasera, noi siamo The Hives…e voi no!” e scoppia a ridere. L’intera performance è un rodeo, che vede lanci di microfono, camicie sbottonate, e balletti esagerati. Sono gli Elvis del punk. “Ok, ho due notizie, una buona e una cattiva”, incalza il frontman, “quella cattiva è che questo è l’ultimo pezzo, quella buona è che durerà mooooolto a lungo” e attacca il giro del loro pezzo più famoso “Tick Tick Boom”. Mantiene la sua promessa, prendendosi tutto il tempo, trascinando il pezzo tra siparietti divertenti e battute, per poi chiedere a tutti i presente di sedere a terra immobili mentre fermano il tempo battendo il ritmo del solo ticchettio, prima di far esplodere il gran finale in un salto generale che si propaga come un incendio, trasformandosi in un pogo furioso. E va bene così, non avrebbe potuto esserci una chiusura migliore per questa serata da pelle d’oca. È mezzanotte, sotto questa line-up si è dato tutto, e si resta sconvolti, assetati, grati e pieni di sabbia. Non resta che trascinarsi alla Becky Bay per l’ultimo paio d’ore di dj-set e brezza marina.
La cosa migliore di tutte però, è che non è ancora finita: infatti quest’anno per la prima volta, viene proposto per l’ultimo giorno di festival un pool party che dal pomeriggio del 14 agosto aprirà le porte ad un pubblico limitato (per ovvie ragioni di capienza) presso il Mapo Club e che vedrà come ospiti della serata niente di meno che gli Anti Flag, in un contesto da video pop punk americano.
Anche in questo caso l’apertura dei cancelli è attorno alle 17 in una location che sembra davvero quella di un party americano e la band statunitense, attiva dal 1988, è il caso di dirlo, è perfetta il debutto di questo spettacolare evento. Il concerto inizia verso le 20 quando il clima è già bello carico, ed è terreno fertile per sfogare il pieno di energia accumulato negli ultimi giorni e lasciarsi andare all’ultimo isterico pogo, tuffi in piscina e guerre con pistole ad acqua, godendo di ogni attimo di queste ultime ore, a questa riuscitissima edizione del Bay Fest 2022.
Sono state giornate pazzesche, all’insegna delle vecchie glorie della scena alternativa mondiale, ma sorge spontanea un’osservazione: la presenza di nuove leve nella scena era piuttosto ridotta, sia nel pubblico che tra le band, lasciando supporre che non ci sia stato un vero ricambio generazionale per quanto riguarda il punk. Non ancora, almeno. Restiamo solo noi della vecchia guardia? In ogni caso, questo festival è la riprova che, seppure non più ragazzini, c’è ancora un’ampia schiera di irriducibili, che rendono questi eventi unici. E se fosse vero che il punk sta morendo, varrebbe comunque la pena esserci, fino al suo ultimo respiro.
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The Interrupters:
1. Take Back the Power
2. Title Holder
3. Judge Not
4. On a Turntable
5. She Got Arrested
6. In the Mirror
7. Raised by Wolves
8. Got Eachother
9. Easy on You
10. Jailbird
11. A Friend Like Me
12. By My Side
13. Sorrow
14. Gave you Everything
15. Family
16. She’s Kerosene
The Hives:
1. Come on!
2. Main Offender
3. Go Right Ahead
4. Paint a Picture
5. Won’t be Long
6. Good Samaritan
7. Walk Idiot Walk
8. Stick Up
9. Hate to Say I Told You So
Encore
10. I’m Alive
11. Tick Tick Boom
Anti Flag:
1. The Press Corpse
2. Die for the Government
3. Troubles Follows Me
4. Brandeburg Gate
5. Hate Conquers All
6. Laugh Cry Smile Die
7. The Criminals
8. Turncoat
9. Fuck Police Brutality
10. The Disease
11. Drink Drank Punk
12. Christian Nationalist
13. Broken Bones
14. 1 Trillion Dollars
15. The Fight for Our Lives
16. This is the End
17. American Attraction
18. Cities Burns