Foto di Federico Buonanno | Articolo di Jennifer Carminati
Subito dopo il successo dei concerti tenutisi nel nostro paese la scorsa estate, le due formazioni californiane TESTAMENT ed EXODUS, giganti del thrash metal mondiale, annunciarono un nuovo tour europeo, Titans of Creation European Tour 2023, insieme alla leggendaria formazione canadese dei VOIVOD come supporto, e mi ripromisi subito che non avrei dovuto mancare di rivederli.
Imperdibile e tanto attesa data, o almeno così era fino a qualche settimana fa, quella di oggi giovedì 1° giugno 2023 al Live Music Club di Trezzo sull’Adda (Milano), dove non capitavo da qualche anno per un concerto, prima del Covid sicuramente, ma non riesco a ricordare di chi fosse, ne vedo talmente tanti che far mente locale mi viene difficile a volte, dovrei andare a recuperare il biglietto che conservo con cura insieme a tutti gli altri nel mio cassetto dei ricordi. Mi rendo conto scrivendolo che ormai è diventato nell’uso quotidiano dividere i momenti della propria vita, come uno spartiacque, a quanto successo prima e quanto successo dopo quella maledetta Pandemia: il mentre lo ricordiamo tutti come un periodo fin troppo lungo senza concerti, e non aggiunto il resto che ci ha toccati tutti, chi più chi meno, nel mondo privato delle proprie emozioni e affetti.
Bando alla tristezza e malinconia, ormai è quasi un anno che i Live sono ripresi e io son qui per raccontarvi quello di questa sera, che vede un Live Club davvero colmo, nonostante le grandi assenze di questa sera i metalheads accorsi da ogni dove sono davvero tantissimi e riempiono ogni punto visibile del locale, letteralmente. Sicuramente chi sta leggendo questo report lo sa, per tutti gli altri faccio un breve riepilogo di quanto accaduto la scorsa settimana in termini di notizie riguardo l’evento di oggi.
Andiamo con ordine, d’importanza direi e non di annuncio: gli Exodus in data 22/05 cancellano l’intero tour europeo, meglio non riporto la scusa annoverata; Dave Lombardo già mesi fa ha dichiarato di non poter partecipare a tour con i Testament quest’anno a causa dei troppi conflitti tra il suo calendario, che lo vede collaborare con molte altre band, e il loro; in data 24/05 il chitarrista Alex Skolnick annuncia di non poter partecipare alle prime date del tour, e questa di oggi è tra queste ovviamente, per motivi famigliari. C’è altro? Per fortuna no, ma credo che come me in molti abbiamo pensato fosse doveroso e corretto nei confronti di noi fan cancellarlo questo tour non proprio nato sotto una buona stella e rimborsare i biglietti, ma come si sa, chi prende queste decisioni è dettato solo da un mero discorso di guadagno o perdita in termini di denaro, e non pensa certo alla coerenza e correttezza nei confronti di un pubblico pagante. Ma nonostante questo, ripeto, l’affluenza è stata altissima, vuoi che domani è un giorno festivo per molti, vuoi che le band presenti sono indubbiamente dei colossi del trash metal mondiale che fa sempre piacere vedere dal vivo, i metallari, prevalentemente over 40 diciamocelo, non sono mancati questa sera, anzi, per cui, col senno di poi, è stato meglio così.
Detto questo, ho deciso di essere qui, e ora vi racconto come è andata la serata, nonostante tutto.
In apertura, in “sostituzione” degli Exodus, gli italianissimi Fleshgod Apocalypse, arrivo al locale quando sono già a metà del tempo a loro disposizione, ma vi riporto quanto ho potuto vedere ed ascoltare. Sicuramente penalizzati dai volumi altissimi della batteria dell’ucraino Eugene Ryabchenko che sembra un rullo compressore ininterrotto, che copriva quasi interamente gli altri strumenti, compreso il pianoforte di Francesco Ferrini e la voce da soprano di Veronica Bordacchini, i nostri ci danno comunque prova delle loro indubbie capacità e della passione per quello che fanno. Il poliedrico Francesco Paoli, questa sera in versione bassista, vista l’assenza di Paolo Rossi, si dimostra un eccellente musicista nonché frontman, in grado di coinvolgere il pubblico che a più riprese li acclama a gran voce. Ho apprezzato particolarmente anche la gentilezza e l’umiltà con cui ha ringraziato l’organizzazione tutta, Vertigo in primis ovviamente, per l’opportunità data di essere qui questa sera, e tutto il pubblico presente. Dopo essermi appropinquata al palco e presa la prima birra della serata, noto i costumi di scena in stile ottocentesco e vedo anche la presenza di un secondo chitarrista, Fabio Bartoletti, che con volumi più decenti, avrebbe sicuramente ricevuto maggior pago della sua performance.
I 40 minuti a loro disposizione non possono che renderci orgogliosi che una band di questo spessore e caratura, che calca le scene ormai dal lontano dal 2007, sia nostrana, ad ulteriore dimostrazione che di eccellenze D.O.C.G. ce le abbiamo, eccome.


Passiamo ora al primo dei due headliner della serata, il gruppo per cui la sottoscritta ha voluto esserci comunque questa sera. I Voivod sono una band che in quarant’ anni di onoratissima carriera ha sempre rappresentato con orgoglio e intransigenza il sound più sincero e onesto dell’heavy metal classico che stasera ci proporranno nei loro tiratissimi 60 minuti. Devono ancora cominciare, ma all’interno del locale l’eccitazione è palpabile, la voglia di esserci qui quest’oggi è tanta e l’aria è carica di passione per questo genere, il trash metal, che riproposto nelle sue varie sfumature, piace ancora e molto a noi italiani, se fatto con i dovuti crismi e senza ridicolizzare la scena: non farò alcun riferimento per non inimicarmi alcuni di voi, ma nella mia testa ne ho in mente un paio che hanno purtroppo contributo a quanto ho appena dichiarato dalla sottoscritta. Sicuramente non sono i Voivod che attaccano alle h 20 precise con “Killing Technology “, un buon incipit di sicuro impatto, che permette ai fonici di sistemare ed equilibrare al meglio i suoni, per fortuna direi, e uno dei brani migliori dell’ultimo album, a mio gusto si intende. Il carismatico e simpatico Denis “Snake” Bélanger, ci mette molto poco a fare proprio il pubblico, con le sue particolari movenze che lo rendono un frontman atipico, oltre che un sorriso stampato in faccia che lo rendono subito simpatico, e come lui anche Chewy con la sua chitarra tagliente e precisa sia nei vecchi brani che nei nuovi contenuti nell’ultimo full-lenght ‘Morgöth Tales’ di recentissima uscita, insieme all’inossidabile Michel “Away” Langevin alla batteria e il riccioluto Rocky al basso, hanno davvero voglia di pestare questa sera, e ci sbattono addosso quell’attitudine cazzona tipica degli anni ottanta che tanto ci piace senza mai perdere un colpo, tecnicamente ineccepibile la loro performance oltre che a livello di coinvolgimento. Questi ragazzotti si divertono a stare sul palco e lo si percepisce in ogni istante della loro performance. Il mai dimenticato Piggy viene ricordato prima di eseguire “Rebel Robot”, e il pubblico applaude al cielo nella certezza che lui ci sta seguendo e guardando da lassù. Sinceramente non mi stupisce l’energia che tutta la band ci mette nell’esecuzione di ogni singolo brano: stasera avremo di fronte solo grandi Professionisti che avendo alle spalle mediamente trent’anni di carriera sanno bene come si fa a tenere un palco e ancora meglio, sanno cosa il loro pubblico si aspetta da un loro live e sanno altrettanto bene che loro sono i vincenti della serata, essendo passati da opener a co-headliner per giusta causa oltre che merito s’intende.


Quando arrivano canzoni come la punkeggiante “Synchro Anarchy“o il super classico “Pre-Ignition“, le prime file sono inarrestabili, si scatenano pogo e moshpit selvaggi, con tutti i musicisti sul palco che saltano e corrono come forsennati, alla faccia della loro non proprio giovane età, ne hanno ben donde dal voler andare in pensione, musicalmente parlando, e anche lavorativamente nel loro caso. Dal seminale ‘Dimension Hatröss‘ del 1988 ci propongono ‘“Macrosolutions to Megaproblems”, conosciutissima dal pubblico e cantata nel ritornello praticamente da metà locale, con il buon Snake che sembra quasi commosso da cotanto affetto e afflato dimostrato nei loro confronti. Tuffo nel passato, torniamo nel lontano 1986 con uno dei loro indiscussi cavalli di battaglia, “Thrashing Rage”, e neanche ve lo sto a dire cosa succede all’interno di queste quattro mura ormai divenute regno incontrastato di questo genere che tanto mi e ci piace e che ancor’oggi, dopo quasi 40 anni sa scatenare un tale putiferio. Purtroppo, però, prima o poi arriva sempre la fine della scaletta, e oggi tocca al manifesto omonimo “Voivod”, non prima dell’immancabile “Fix My Heart” che ha scatenato un vero e proprio caos su e giù dal palco. Con il loro stile unico e irripetibile, oltre che inimitabile, i Voivod son stati spesso poco compresi, soprattutto dalle nuove generazioni, ed è un vero peccato, ma oggi ne ho visti parecchi di giovani metalheads che spero si approcceranno con il giusto spirito ad un loro futuro ascolto. Quel che è certo è che io son totalmente soddisfatta e contenta di esserci stasera, la prestazione eccezionale dei Voivod ci ricorda cosa significa fare la propria musica con esperienza, tenacia e passione, e loro come quelli che seguiranno sul palco a breve, ricordano a tutti noi che l’età anagrafica è davvero solo un numero scritto sul documento d’identità, l’importante è l’attitudine che uno ha dentro e butta fuori, e loro vi assicuro, ne hanno ancora in abbondanza.
See you soon ci dice Snake prima di scendere dal palco, e noi ci contiamo davvero, molto soon please che già mi mancate.


I minuti appena trascorsi, all’insegna di un velocissimo thrash old-style, son stati davvero intensi e sudati oserei dire, ora devo assolutamente prendere un’altra birra in compagnia del buon Federico, fotografo della serata, e riprendere le energie per l’ultima esibizione di questa sera. Qualora fosse possibile, durante il cambio palco il locale si è andato via via riempiendosi ancora di più, il pubblico questa sera c’è, in tutti i sensi: non mancheranno mai calore, coinvolgimento e partecipazione durante tutte le ore trascorse tra queste mura, ed è davvero da parecchio tempo che non scrivevo una frase del genere in un mio report. Ed eccoci finalmente alla tanto attesa esibizione dei Testament, che vi spoilerò, non deluderà le aspettative altissime, di Chuck Billy e compagni, che lo scorso anno hanno spento trentacinque candeline sulla loro personalissima carriera fatta di grandi successi, e qualche piccolo scivolone, diciamocelo pure. Salgono sul palco accolti da un boato di applausi e grida a gran voce, l’apertura è affidata a “Rise Up” e la grande carica dei cinque americani si riversa senza pietà sui presenti fin dai primi istanti. Chuck Billy, certamente appesantito ma vocalmente sempre ad altissimi livelli e ancora padrone di un growl profondo e possente, impiega qualche pezzo per ingranare la marcia, mentre Eric Peterson da una parte e Alex Skolnick dall’altra, sono intenti a sparare riff incisivi e potentissimi a raffica con una precisione di altissimo livello. Ah no scusate, ho avuto un déjà-vu!!! come anticipato all’inizio, non c’è Skolnick, al suo posto suona l’ex Machine Head, Phil Demmel, mah che dire…senza infamia e senza lode la sua prestazione, certo non paragonabile come presenza scenica a quella dell’assente che tutti avremmo rivisto molto volentieri. Ottima invece quella del sempre presente Steve DiGiorgio al basso, col suo groove assolutamente devastante oltre che inconfondibile e che dire della batteria, Chris Dovas fa il suo dovere, ma io avrei voluto tanto tanto Dave Lombardo.


Un vero peccato, insomma, le due assenze si fanno sentire, ma questo è se vi pare, e anche se non ci pare. La setlist propostaci questa sera ha ovviamente degli estratti dall’ultimo ‘Titans Of Creation’, oltre ai grandi classici che non potevano certo mancare per la gioia dei fan: da “The New Order” a “The Preacher”, da “Practice What You Preach” a “The Haunting”, con l’aggiunta messa nei punti giusti di brani più recenti come “The Formation Of Damnation” o “Night of the Witch”.
Pochissime le pause e sempre rivolte a ringraziare il pubblico, le ben quindici canzoni che compongono la setlist scorrono velocemente, e chiude, tra gli applausi del pubblico, “Disciples of the Watch“.
Dopo quasi quattro ore ininterrotte di concerto, giunge l’ora di fare ritorno a casa, con la consapevolezza di aver assistito a due show di altissimo livello da parte di queste leggende del thrash metal a stelle e strisce, ma l’assenza di una delle stelle regine nel firmamento di questo genere si è fatta sentire, eccome.
Speriamo che gli Exodus decidano di tornare presto in Europa, magari da soli, noi comunque li aspettiamo fiduciosi in questo 2023 ancora a metà corsa.


E ora, per chiudere, vi beccate una riflessione personale che mi è frullata in testa per tutto il tempo del viaggio di ritorno verso casa e che voglio condividere con voi. Stasera tra queste quattro mura si è consumato un evento importante, uno di quelli che ricorderò con assoluto piacere e da raccontare a chi non c’era facendolo pentire amaramente, perché in fondo, quel che conta sempre, gusti e opinioni personali a parte, è assistere ad un concerto fatto di buona musica, suonata con talento e passione, e in questa serata appena trascorsa ne abbiamo fatto incetta per un bel po’ si, nonostante tutte le assenze è stato così, e chi come me era presente credo lo possa solo che confermare. E’ stato bello vedere nuove generazioni di metalheads mischiarsi ai vecchi metallari anni ’80, accumunati semplicemente dalla volontà di tributare a dovere chi sta sul palco e condividere insieme questi momenti da portare ognuno nel personalissimo cassetto dei ricordi. A proposito, tornando all’inizio del mio report, ricordate vi ho detto che era da qualche anno che non venivo al Live e non riuscivo a ricordare chi fossi venuta a vedere? Ecco, ho aperto il cassetto, quello vero, cercato la busta etichettata 2019, e che c’ho trovato dentro? Il biglietto del concerto dei Machine Head, venerdì 25 ottobre 2019, che in quell’occasione fecero oltre tre ore di show riproponendo per intero “Burn My Eyes”.
Come ho potuto dimenticare un evento epocale come questo? Non l’ho fatto, state tranquilli, è tutto ben impresso nella mia memoria, come rimarrà il concerto di questa sera, statene certi.
Al prossimo ricordo.
Clicca qui per vedere le foto di Testament, Voivod, Fleshgod Apocalypse al Live Club di Trezzo sull’Adda (o sfoglia la gallery qui sotto).
FLESHGOD APOCALYPSE – la scaletta del concerto al Live Club di Trezzo sull’Adda
Fury
Healing Through War
Sugar
Minotaur (The Wrath of Poseidon)
No
The Violation
The Fool
The Egoism
The Forsaking
VOIVOD – la scaletta del concerto al Live Club di Trezzo sull’Adda
Killing Technology
Obsolete Beings
Synchro Anarchy
Macrosolutions to Megaproblems
Rise
Rebel Robot
Thrashing Rage
Holographic Thinking
Sleeves Off
Pre-Ignition
Fix My Heart
Voivod
TESTAMENT – la scaletta del concerto al Live Club di Trezzo sull’Adda
Rise Up
The New Order
The Preacher
Children of the Next Level
Practice What You Preach
The Pale King
D.N.R. (Do Not Resuscitate)
3 Days in Darkness
The Haunting
Night of the Witch
More Than Meets the Eye
The Formation of Damnation
Over the Wall
Into the Pit
Disciples of the Watch

