Articolo di Laura Faccenda | Foto di Luca Ortolani (Cesena) e Andrea Ripamonti (Milano)
“Il rock non eliminerà i tuoi problemi ma ti permetterò di ballarci sopra” – recita una famosa dichiarazione di Pete Townshend. E quante declinazioni ha la parola magica “rock”? Infinite. Oggi vorrei provare a declinare la citazione con due nuovi fattori senza far cambiare il risultato, applicando una sorta di proprietà commutativa della musica. “Il punk rock non eliminerà i tuoi problemi ma ti permetterà di saltarci sopra”.
È avvenuto questo, sabato 4 maggio, al Vidia Club di Cesena, per la seconda data italiana del tour promozionale di Sos, nono e nuovo album dei Millencolin, pubblicato il 15 febbraio scorso. Il locale, con sorprendente velocità, è stato riempito da innumerevoli cappellini con la visiera rigida, in perfetto stile skater, bicchieri di birra, t-shirt rigorosamente nere, riportanti al massimo i nomi di gruppi del cuore. Un pubblico adulto, sorridente e nostalgico ha ridisegnato i contorni di quel microcosmo punk così dirompente tra la metà e la fine degli anni Novanta.
Con il rituale quarto d’ora accademico di ritardo, il set di apertura è affidato agli Woes, giovanissimi musicisti scozzesi che dimostrano un grande entusiasmo e tanta voglia di continuare a far parlare di sé nell’attuale panorama musicale internazionale. Le piccole imprecisioni dovute alla poco più che triennale esperienza sono spazzate via dall’energia di un’esibizione in crescendo dove sono stati presentati i singoli di punta (non posso non menzionare il chitarrista Stuart Liang nei cui lunghi capelli biondo rossastri ho rivisto il Jerry Cantrell dei periodi d’oro).
L’atmosfera è sempre più incandescente. “È bello vedere il parterre completamente pieno” – fa giusto in tempo a dire qualcuno vicino a me quando ecco entrare in scena i Millencolin. L’attacco delle chitarre di Erik Ohlsson e Mathias Farm sovrastano l’urlo di accoglienza dei fan. Frederik Larzon è lì, vigile e pronto a martellare alla batteria. Nikola Sarcevic da frontman che si rispetti arriva per ultimo abbracciando il suo basso. Se il primo brano in scaletta è lo stesso che dà il titolo all’ultimo lavoro in studio, le successive hit Penguins & Polarbears e Finger Crossed decretano l’esplosione ufficiale del pogo. Già alla terza canzone le mani sono tutte in alto: c’è chi mostra orgoglioso il gesto simbolo del rock ‘n’ roll, chi le allunga verso i propri idoli e chi sostiene i primi incalliti dello stage diving.
Tutta l’adrenalina di Fox, Twenty Two e Olympic anticipa il frame più intimo in cui la protagonista diventa la cinque corde acustica del cantante. “Volevo provare a suonare qualche pezzo italiano…mi ricordo che da bambino quando venivo nel vostro paese ascoltavo sempre una canzone che fa…dove vai, ma che fai… come si intitola?”. “Giannaaaaaaa” – arriva come risposta dal pubblico. “Ahhh Gianna” – sorride Sarkevic – “Questa invece è The ballad”. La traccia che chiude il disco Pennybridge Pioneers è eseguita in versione chitarra e voce, voce di Nikola e di tutti i presenti, riportando alla mente l’esibizione a lume di accendino durante il black out dell’edizione 2018 del Bay Fest.
Si riprende, poi, a pieno ritmo. La band svedese, in forma smagliante, non perde un colpo e cerca costantemente il contatto con i propri sostenitori, inginocchiandosi durante i riff più elettrizzanti, avvicinandosi alle transenne, lasciando libero spazio di salto e movimento. Sono gli stessi Millencolin a chiedere che si formi il più grande circle pit mai visto in Italia prima di intonare Mr. Clean, apparentemente l’ultimo brano in scaletta.
I quattro di Orebro concedono, invece, non una ma ben due encore incentrate sulle famosissime Ray, Bullion, Duckpond e No Cigar durante le quali si spendono le ultime energie, le ultime gocce di sudore, le ultime forze per navigare, sorretti mano dopo mano, sulle teste della folla. A Black Eye sono affidati i saluti finali, prolungati nell’assolo di Larzon alla batteria, batteria di quel punk rock che unisce due capi opposti del mondo, dalla neve della Svezia al sole della California. Batteria di quello skate punk i cui colpi potrebbero protrarsi all’infinito, seguendo il ritmo del battito del cuore di chi, oggi e ancora oggi, si emoziona ascoltando quella musica. Un live che ha giocato sulle note della spensieratezza ma che ha lasciato anche l’impronta di sensazioni positive che, evidentemente, non appartengono soltanto alla dimensione passata e del ricordo. L’autenticità dei concerti nei live club, l’occasione di incontro, di condivisione, di vicinanza. Brindare a una bella serata con in mano una birra e alzarla, di fronte al palco, magari al posto dello schermo illuminato di un cellulare. Avvicinarsi, prima di uscire, al banchetto del merchanding per scegliere la patch con il nome della band da cucire al vecchio giubbotto di pelle che si sfodera solo per le grandi occasioni.
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MILLENCOLIN – La scaletta del concerto di Cesena
SOS
Penguins & Polarbears
Fingers Crossed
Sense & Sensibility
Fox
Twenty Two
Sour Days
Olympic
The Ballad
Farewell My Hell
True Brew
Lozin’ Must
Nothing
Pepper
Mr. Clean
Egocentric Man
Ray
Yanny & Laurel
Bullion
Duckpond
No Cigar
Black Eye
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