Articolo di Philip Grasselli
Quando ti ritrovi dentro un live di Raphael Gualazzi al Blue Note, inizi un po’ a farti quei mega-viaggi sia spaziali, grazie alle sue contaminazioni musicali, sia temporali, grazie al suo passato sanremese e al clamoroso Eurovision Song Contest.
Quattro date al jazz club di via Pietro Borsieri, tutte andate a ruba e, chevelodicoaffà, sold-out. Un grande successo per il cantautore e pianista marchigiano che ci porta sul palco le sue ultime creazioni, soprattutto tratte dall’album “Dreams”, uscito il 6 ottobre 2023.
Il palco è quello tipico del Blue Note: non troppo affollato, assetto classico con Gianluca Nanni alla batteria; Michele Guidi al Nord Stage 3 e all’organo Hammond; Luigi Faggi alla tromba, flicorno soprano e cori; Anders Ulrich al basso elettrico e al contrabbasso e, naturalmente; lo stesso Raphael Gualazzi al pianoforte, Nord Stage 3, ukulele e voce. Last but not least, la presenza di Emma Morton come ospite d’onore è la ciliegina sulla torta, che regala anche dei veri e propri momenti danzerecci oltre alla .
L’inizio del concerto
SI parte con il trittico di brani consecutivi da “Dreams”, ovvero “In esilio da me”, “Vivido il tramonto” e “Malinconia di averti”. Un percorso che parte un po’ più synth-jazz e che prosegue gradualmente verso il pianoforte e quella dolce e lenta bossa nova alla Caetano Veloso che si intreccia con i versi proprio di “Malinconia di averti”. È incredibile quanto la voce di Raphael Gualazzi sia spesso e volentieri uno strumento che culla e che si integra perfettamente, a livello di frequenze, tra il pianoforte e la tromba, quasi come un sassofono soprano.
Il primo volo verso il 2011, l’anno della sua vittoria a Sanremo Giovani e al pazzesco secondo posto all’Eurovision Song Contest di Düsseldorf, avviene con “Carola”, brano nato “con questo suono delle pentole che cascano” e che è incluso nell’album che lo consacra nella maniera definitiva: “Reality and Fantasy”. Gli skit un po’ alla Paolo Conte che vanno a condire bene e a ribadire il concetto di voce sottolineato in precedenza, specialmente nell’omonima traccia.
Emma Morton
Sale sul palco Emma Morton, a piedi nudi, che porta il suo Scottish jazz e che traccia un confine abbastanza netto con le canzoni precedenti. Avrebbero dovuto performare “Song for Billie”, il brano dedicato alla figlia della cantautrice, ma hanno virato verso “Good Men”: una canzone folk jazz tratto dall’album “Bitten by the Devil” del 2018 e che non ha bisogno di molte spiegazioni, se non tramite il primo verso.
Why have all the good men gone bad?
I’m following the father I’ve never had
Where have all the young boys gone tonight?
Papa says they’ll bark but wont bite.
Emma Morton & The Graces – Good Men (2018)
Degno di nota il timbro da contralto che, a tratti, ricorda Amy Winehouse, PJ Harvey e, sulle note più acute, anche Beth Gibbons dei Portishead. Sublime.
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Lo standard jazz di “Everybody Loves My Baby” portato dalla coppia Gualazzi-Morton, con la seconda che inizia a muoversi sul palco con il boogie-woogie, trasforma improvvisamente il Blue Note nella New York di cent’anni fa, tramite le improvvisazioni di qualunque strumento, dal pianoforte, alla tromba, passando per l’Hammond e il kazoo.
Gualazzi da qui osa sempre di più
Si torna all’album “Dreams” con “Addiction Waltz”, una sorta di antologia divisa in due parti, una molto più pianistica e l’altra più percussionistica. L’uso del pedale in “Love Life Peace”, tratto dall’omonimo album del 2016, regala un’atmosfera che gradualmente ci accompagna nel pezzo più anomalo di tutta la serata: “Verdi”. Infatti, è un divertissement per pianoforte, batteria e contrabbasso, in cui la contaminazione jazz delle marce e delle ouverture di Giuseppe Verdi pervade nel rigorosissimo silenzio assoluto del jazz club. Pazzeschi i momenti in cui la batteria arriva a circa 320 battiti per minuto, anche per rispettare i momenti in cui Verdi si divertiva ad accelerare nei vari finali di ouverture in cui, sul pentagramma, ti ritrovi dei tempi tagliati assurdi.
Uno dei momenti più attesi è anche Raphael Gualazzi che abbandona la postazione del pianoforte per suonare l’ukulele in “Not Scared”: audace prova, considerato il canto in contemporanea, che ha regalato un momento che mescola il mood hawaiiano di Israel Kamakawiwo’ole e quelle voci rilassate e discrete dei Kings of Convenience.
Una sola canzone ha fatto da bis ed è “I Won’t Lie”, la sesta traccia dell’ultimo album, con il feature – già presente nella versione studio – di Emma Morton: qui si sprigiona lo skit di Raphael Gualazzi che si confonde col flicorno soprano di Luigi Faggi. E con il bravissimo pubblico che batte le mani sul secondo e quarto movimento. Che gioia e che finale!
RAPHAEL GUALAZZI – La scaletta del concerto al BLUE NOTE di MILANO
In esilio da me
Vivido il tramonto
Malinconia d’averti
Carola
Soul Affirmation
Reality and Fantasy
Good Men (feat. Emma Morton)
Everybody Loves My Baby (feat. Emma Morton)
Addiction Waltz
Love Life Peace
Verdi
You Are My Africa
Not Scared
Welcome to My Hell
Encore:
I Won’t Lie (feat. Emma Morton)