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Reportage Live

BRUCE SPRINGSTEEN al Parco di Monza: la felicità dura 2 ore e 45 minuti

Bruce Springsteen evoca magia e caos mentre offre un’epica e prodigiosa maratona musicale per il suo indimenticabile show all’Autodromo di Monza.

Articolo di Chiara Amendola | Foto di Andrea Ripamonti

Il prequel del concerto di Bruce Spingsteen a Monza è piuttosto spaventoso. La città è reduce da un terribile nubifragio e la fattibilità del live è ripetutamente compromessa fino all’ultima ora. Poi finalmente arriva il sole, il meteo si placa, ma restano le complicazioni legate alla mobilità: il traffico per raggiungere la venue è più rigido del solito, gli ingressi aprono scaglionati e per arrivare al pit ci vogliono almeno 40 minuti di camminata. Nessuno demorde, ci sono 70mila persone, tutto esaurito, e il maltempo non ha intaccato la voglia di assistere a questa agognata serata.

Ci si muove presto per essere comodi e godersi con calma l’opening che vede alternarsi The Teskey Brothers e Tash Sultana, non male come deterrente per l’attesa; nel mentre si beve birra in compagnia, con code ai food truck inaspettatamente scorrevoli – “Non c’è sete da Bruce” – mi scrive un amico – e in effetti ha ragione.

L’aria è impregnata di profumo di antizanzare ma di tanto in tanto le narici vengono stuzzicate dal pungente aroma di patatine fritte al ketchup, intorno a me c’è serena convivialità e un’organizzazione quasi impeccabile.

Alle 20 in punto salgono sul palco Max Weinberg e Roy Bittan, Jake Clemmons e Garry Tallent, Nils Lofgren e Steven Van Zandt e infine lui, Bruce Springsteen.

In un attimo, tutte le preoccupazioni pregresse vengono dimenticate.

Springsteen alza le mani e sorride, accolto da una moltitudine di occhi lucidi. Il Boss è ancora qui.

Bruce Springsteen & The E Street Band in concert in Monza photo by Andrea Ripamonti

Conferito dalla sua band e dal suo pubblico “Boss” è un titolo onorifico molto più imponente di quello di Presidente, Primo Ministro o Re. È un appellativo affettuoso che si è dovuto guadagnare, e implica un’ascesa: un lavoratore, uno del popolo, sollevato in alto dal rispetto di chi lo circonda. Springsteen è stato un musicista per sei decenni, una rockstar per mezzo secolo, forse il più grande dei nostri tempi e, come dimostra questo ennesimo tour, è ancora l’uomo al comando.

Insieme alla sua magnifica E Street Band, accompagnata da un nutrito ensemble, Springsteen ci ammalia con quasi tre ore di rock and roll ruggente, pieno di anima, commovente e ispiratore. Ma soprattutto una esibizione con rare pause per respirare, anzi nessuna.

Ammetto che sono in ansia a scrivere per la prima volta di lui, afflitta da un timore reverenziale.

Un concerto di Bruce non è mai una semplice collezione di successi, ma una storia strutturata in modo intelligente, che trasmette un contenuto dominante.

Nel 2023 il musicista del New Jersey compie 74 anni e questo tour si svolge all’insegna del cameratismo, del potere resiliente del rock, dell’invecchiamento e della morte. I primi tre brani indicano il tono esistenziale dello show: No Surrender è una dura dichiarazione di determinazione di fronte a tutto ciò che lo ha messo alla prova in cinquant’anni di musica e di vita; Ghosts, con il suo riff potente, è una magnifica omelia, un omaggio a una persona cara scomparsa; Prove it all night (originariamente destinata a una ragazza) è ora dedicata al pubblico “I’ll prove it all night for you”.

Il significato di questo trittico inaugurale è chiaro: il rock come energia vitale per scongiurare l’avanzare degli anni.

Un immaginario che attraversa tutto il concerto e continua nella prima parte con Letter to you, dichiarazione senza filtri, accompagnata dal testo che scorre in italiano sullo schermo, e Promise Land, manifesto della sua band e ballata memorabile dal retrogusto malinconico.

La prima mezz’ora è particolarmente epica, un vero concentrato dello spirito “springsteeniano” in cui il rock diventa grande gesto collettivo e solidale, una prova dell’esserci ancora e con una grandiosa umanità. Out in the Street irrompe in questa nostalgia e diventa un banger per festeggiare.

Bruce Springsteen & The E Street Band in concert in Monza photo by Andrea Ripamonti

Il Boss prosegue contagioso, trasportando il pubblico in uno spettacolo che si snoda da un’apertura trafelata a una canzone dopo l’altra, senza stop, con una selezione che salta da un decennio all’altro mantenendo sempre alta l’intensità.

Le lunghe storie del passato piene di improvvisazione sono sostituite da uno schema più controllato e compatto. Certo, la setlist offre meno sorprese di prima, ma Springsteen regala un riassunto mozzafiato del suo lavoro, dal 1973 al 2023. Nessuno degli angoli della sua ricca discografia viene così abbandonato.

Per Kitty’s back – accompagnata da una sezione di fiati a quattro – la band si estende a 18 elementi, dal vivo il brano è un singalong dall’anima jazz che non finisce mai di vibrare e prosegue diretto in Nightshift, cover dei Commodores, un tributo ai grandi Marvin Gaye e Jackie Wilson, in cui duetta con Curtis King.

Springsteen non parla molto, a parte qualche interiezione per ispirare la folla, come se risparmiasse la fatica per suonare. Ma fa un’eccezione per una lunga introduzione alla sua performance acustica da solista di Last Man Standing. Silenziando la folla, racconta della morte dell’amico George Thiess nel 2018, che lo reclutò da adolescente nella sua prima band, i Castilles, di cui lui è ora l’unico superstite.

Le ore si susseguono con una qualità apoteotica quasi divina, trasformando il solenne repertorio in un archivio di inni secolari. Wrecking Ball è uno di questi momenti con l’enorme folla che urla “hard times come, hard times go” e poi porta avanti l’intera esecuzione su un’onda di “oh-way-ohs“, quasi a far si che la band sia costretta a muoversi a tempo con il pubblico, piuttosto che il contrario.

È un’esperienza gioiosamente unificante, e si ripete più volte.

Bruce Springsteen & The E Street Band in concert in Monza photo by Andrea Ripamonti

La raffica di classici – The Rising, Badlands e Born to Run – arriva in coda e porta con sé le ultime reticenze facendo ballare anche i più recalcitranti.

Dancing in the Dark è il più grande trionfo di questa notte, superato solo dall’insperata cover di “Twist and Shout” su cui Springsteen si impegna in una promessa di imminente ritorno “I’ll come back soon”.

Dopo un estremo climax euforico, e a soli due minuti dalla fine, il nostro idolo sceglie di restare sul palco per un’ultima emozione, una versione in acustico di I’ll See You In My Dreams, tenero addio condito da un dolceamaro litigio con la mortalità, finale struggente per un’esibizione dal fantastico vigore musicale.

Ancora una volta, mi chiedo: qualcuno sulla terra è mai invecchiato meglio di Bruce Springsteen?

Sulla nota finale le luci si abbassano lasciando i presenti immersi nella natura circostante e in un religioso stato di grazia.

Si dice che la felicità arrivi solo in piccoli momenti.

Non è vero.

Con Bruce Springsteen, la felicità dura tre ore.

Clicca qui per vedere le foto di Bruce Springsteen and The E Street Band in concerto all’Autodromo di Monza o sfoglia la gallery qui sotto

Bruce Springsteen & The E Street Band

Bruce Springsteen – la scaletta del concerto di Monza

No Surrender
Ghosts
Prove It All Night
Letter to You
The Promised Land
Out in the Street
Darlington County
Kitty’s Back
Nightshift
Mary’s Place
Johnny 99
The River
Last Man Standing
Backstreets
Because the Night
She’s the One
Wrecking Ball
The Rising
Badlands
Born to Run
Bobby Jean
Glory Days
Twist and shout
Dancing in the Dark
Tenth Avenue Freeze-Out
I’ll See You in My Dreams

Written By

Cinefila e musicofila compulsiva. Quando qualcosa mi interessa non riesco a tacere.

1 Comment

1 Comment

  1. Grazia pistocchi

    27/07/2023 at 23:08

    Un concerto meraviglioso, Bruce “Forever Young”!!! È vero, Chiara, sono state 3 ore di pura felicità….e a 74 anni ci voleva davvero!!

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