Gli eventi non sono stati buoni, le indecisioni comuni idem, e se ci vogliamo aggiungere anche tanta di quella sfiga aggiungiamocela pure, fatto sta che Zach Condon ed i suoi Beirut provano a tirare le somme della loro carriera e cercano di sbirciare una linea d’orizzonte che li possa portare ancora sulle scene – in tutti i sensi fisici – .
Ci riprovano con questo quarto disco, No No No, un nove tracce in cui la band australiana si gioca le sorti di tutto, e a dire tutta la verità, quel tutto sembra già sfiorire sin dalle prime note, non per un fatto di estetica, ma per una “debolezza” generale che avvolge il disco, una questione di vuoto che disegna noia su noia.
Ballate, ritmi sausaliti, una voce fiacca, quella velatura waveing e astrusi arrangiamenti contribuiscono ad appiattire l’ascolto, una trama sonora che caratterizza una band – secondo un personale punto di vista – oramai al capolinea e che non ha più nulla da dare al pubblico. Non bastano i bonghi che percuotono Gibraltar, le onde mariache che stringono At once, la brezza che muove Perth o il melodramma cha castiga So allowed per far ricredere l’ascolto, occorre ben altro per ritornare in pista dimostrando di essere guariti dai problemi e rimettere in mostra certi piccoli fasti del passato.
La classica ciambella “senza buco”? Certo che sì!
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