Articolo di Alessandro Cebrian Cobos | Foto di Rossella Mele
“Benedizione”: il nome che Micah Davis a.k.a. Masego ha scelto per se stesso ha questo significato nella lingua Tswana del Sudafrica. E di certo il pubblico del suo concerto al Fabrique di Milano del 28 novembre si è sentito benedetto dalla sua presenza magnetica e dal suo stile eclettico.
Le prime note in effetti non sono quelle che ti aspetti: una chitarra distorta riempie il Fabrique come un tuono, ed effettivamente sentiamo anche i suoni di una tempesta in arrivo. Ecco la band: super minimalista, batteria da un lato e basso / tastiere dall’altro, a potenziare le basi dei pezzi, prende posto attraverso le coltri di fumo. Poco dopo emerge un’altra sorpresa: sono le note della strofa di “Michelle” dei Beatles, ma presto si trasformano nel sample iniziale di “Navajo”.

Ed eccolo: entra di colpo, con impeto, facendo lui stesso un video al pubblico col cellulare che mette via rapidamente per intonare le prime frasi. Domina il palco con uno stile invidiabile: pantaloni skinny grigi, canotta e giacchetta con motivo colorato, al collo un ciondolo a forma di sassofono e sulla faccia occhiali da sole che non toglierà un momento. Inizia a cantare con quel suo flow trap e a muoversi sul palco con la sinuosità di un felino. Ci fa aspettare fino alla fine del secondo pezzo, “Queen Tings”, per tirare fuori il suo sax, con un assolo degno di questa prima parte del concerto, così potente: inizialmente non sembra molto in stile Masego, abituati come siamo a una versione in studio più rilassata, morbida. In realtà ci saranno spesso momenti molto intensi, soprattutto grazie al sound rotondo e potente della batteria, ai giochi di luci e colori, agli acuti del cantante.
Masego scivola tra questi primi brani lasciando poco spazio per riprendere fiato, abituato com’è a passare dai vocalizzi agli assoli nel giro di un respiro. Scivola metaforicamente: presenta i brani con poche frasi, ogni tanto aggancia il pubblico con un call-and-response ma poi passa in fretta alla canzone successiva.

Scivola letteralmente: attraversa il palco, balla, durante “Lady Lady” improvvisa un moonwalk che infiamma la sala. Presenta un nuovo pezzo, “Mullah’s Dream”, dedicato al tema dei soldi, e finalmente fa buon uso del piccolo moog che occupa il centro del palco. Diteggiature rapidissime sul basso, impennate al sassofono, rullate mozzafiato; nel breakdown di “Prone”, Davis si lancia nella citazione della prima strofa di Crazy degli Gnarls Barkley e tutti apprezzano il riferimento cantando insieme a lui.
“Silver Tongue Devil” inaugura una piccola sezione più vicina ai generi caraibici che Masego ha esplorato nell’ultimo EP “Studying Abroad: Extended Stay”, non per caso viste le origini giamaicane del padre. “Yebo” e “Say You Want Me” fanno ballare tutta la sala su groove afro prima che il remix di “Mystery Lady” ci riporti verso ritmi nuovamente più urban. Ovviamente “Tadow”, il pezzo che l’ha fatto conoscere, viene lasciato per ultimo. Questa versione è ambiziosa: cresce dall’iniziale giro di chitarra in loop, coinvolge tutto il pubblico nei cori, finisce lasciando totale libertà ai musicisti. Che infatti danno tutti se stessi, creando interazioni vorticose tra i tre strumenti, arrivando a picchi di potenza finora mai raggiunti. Micah ci lascia lassù, in cima, e poi esce di scena, salutando con un sorriso furbetto.

Al di là della musica in sé, totalizzante, capace di punte di delicatezza e di grande intensità, e ineludibilmente catchy, l’esibizione rimane a metà tra un concerto rap, tutto focalizzato sulla figura del frontman e la sua energia contagiosa, e un’esibizione di derivazione jazz, con frequenti occasioni, per Masego ma anche per i suoi due compagni di palco, di mostrare il loro talento in assoli davvero esaltanti.
Forse possiamo dispiacerci per la mancanza di una band più fornita, ma d’altra parte ho raramente sentito groove di batteria e basso tanto incollati come quelli di questa sera. Il concerto è durato poco meno di un’ora e mezza, eppure, sarà per lo stile da storyteller di Micah, mi è sembrato molto più lungo.
Il finale esplosivo ma senza bis ci ha lasciati un po’ confusi; ma del resto forse è tempo che finisca l’era dei bis obbligatori e di maniera, come ha suggerito di recente un articolo del Washington Post. Poco male insomma: certamente resta la voglia di accogliere presto di nuovo Masego in Italia, per un’altra esibizione fiammeggiante come questa.
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MASEGO: la setlist del concerto di Milano
Navajo
Queen Tings
Old Age
Lady Lady
Mystery Lady
Mullah’s Dream
Veg Out
Bye Felicia
Yamz
I’m Scared Of You
Prone
Sides Of Me
Good N Plenty
Bliss Abroad
Silver Tongue Devil
Yebo
Say You Want Me
Mystery Lady Remix
Well Travelled
You’ll Never Visit Me
King’s Rant
Tadow
