Articolo di Chiara Amendola | Foto di Oriana Spadaro
Arrivo al Fabrique con un ritardo quasi colossale, causa perturbazioni, tram deviati e pioggia torrenziale.
Clementino viene chiamato a gran voce da un pubblico melting pot composto non solo da miei coetanei ma da tanti bambini che indossano t-shirt con su scritto “Tarantelle”, una delle parole polisemiche del mio cuore
“Gugliù ci sit?” ed è subito standing ovation, anche se tra i presenti non ci sono solo napoletani.
Ghandi è il pezzo apripista, il pubblico canta, agita le mani e improvvisamente mi ritrovo a scuotere il mio sedere come una donna from the ghetto, mi chiedo se forse lo sono… In effetti condivido con Clementino molto più di quanto si possa immaginare, anzi in un momento trapassato nella mia prima vita, penso di averci flirtato pesantemente.
Clementino si dimena come una iena, interagisce costantemente con i fan con un’umiltà disarmante, quasi si confonde tra la folla nonostante la distanza “fisica”, è evidentemente emozionato quando intona Alleluia, il suo beat è però puntuale con un flow sempre diverso e sempre nuovo. Lo show è un freestyle tra una canzone e l’altra che il rapper recita nella sua lingua, il dialetto, ma non sembra un limite.
Mi sento un po’ a disagio con il parterre femminile, sono qui dopo una estenuante giornata di lavoro e ho giusto uno sputo di trucco in viso, le donne sono invece bellissime, occhi marcati, catene al collo, capelli tirati, assomigliano a delle geishe dai tratti mediterranei, menomale che ho messo i cerchi alle orecchie.
Siamo ragazzi fuori è un inno generazionale, prima di cantarla Clementino si getta tra i fan e fa un tiro di sigaretta. Inaspettatamente una coppia alle mie spalle discute, fa “tarantelle” appunto, ma l’improbabile serenata diventa un pretesto per la pace e lasciarsi andare a tenere effusioni.
Cos, cos, cos è un terremoto e tutto intorno si dipana una coreografia di mani al cielo. Clementino si muove smanioso a ritmo di ogni verso senza esitare, non ha mai il fiatone e anche se salta da un punto all’altro non trasuda stanchezza.
Per i conterranei, ma non solo, regala una cover di Don Raffaè di De Andrè, ed è poesia.
A sorpresa, sul palco arrivano anche alcuni ospiti: Nyat fornisce dei potenti “schiaffoni o’flow”, Achille Lauro stravolge l’atmosfera con il suo look rock’n’roll in una passionale interpretazione di Ammò.
Per il resto del tempo, però, sul palco c’è solo Clementino (anche se aiutato da Pj Gionson) e con la sua esperienza teatrale sa riempire senza problemi l’intera scena da solo, lo spettacolo rimane sempre ad “alto livello”.
Un intermezzo disco con qualche brano di repertorio come Fratello mixato con Around the world dei Daft Punk, con tanto di stage diving, conduce il concerto al gran finale con un atteso Fabri Fibra e l’inseparabile compagno Rocco Hunt.
E’ difficile stare dietro a tutti, le parole scorrono a ritmo veloce, la performance è un encore di baci e abbracci.
Prima di andare via le luci si spengono per un intervallo malinconico sulle note di O’ vient, giusto una pausa dal cardiopalma per sparare il colpo finale con Tarantelle.
A Milano la pioggia continua a venir giù potentissima, corro alla ricerca di una Enjoy ma a differenza delle altre volte non mi importa di essere bagnata fradicia, forse Clementino ha portato un po’ di sole anche in una cinica come me stasera, e allora grazie fratè.
Clicca qui per vedere le foto di Clementino in concerto a Milano (o sfoglia la gallery qui sotto)
Clementino – La scaletta del concerto di Milano
Primo Atto
Intro
Ghandi
Alleluia
Mare di notte
Joint + Tossico + Fumo
Versi di te
Come fa
Ragazzi fuori + La cosa più bella che ho
Secondo Atto
Sempre verde
Cos Cos Cos
Babylon
Don Raffaè – De Andrè Cover
Un palmo dal cielo
J Dilla
Ammò feat. Achille Lauro
Quando sono lontano
Terzo Atto
Infamous
Hola feat. Nayt
Smoke Bong
Luna
Chi vuol essere milionario feat. Fabri Fibra
Alto livello groove
O’ vient
Tarantelle
