Articolo di Pamela Piccolo | Foto di Federico Buonanno
Siamo giunti alla nona edizione del DISSONANCE FESTIVAL, l’annuale evento organizzato e promosso da VERSUS MUSIC PROJECT, quest’anno proposto nella splendida cornice del CIRCOLO MAGNOLIA, a Milano in collaborazione con TRIVEL, PLASMA CONCERTI e BAGANA.
La location, meravigliosamente immersa nel verde del parco Idroscalo, ci offre la possibilità di affrontare due palchi che si alterneranno durante la giornata senza sovrapporsi. Verrà dato spazio a varie sfumature del metal più moderno ed estremo, con band come i FULCI, i SOEN e i DESTRAGE – orgoglio nazionale del djent.
Costruita intorno agli headliner MESHUGGAH, la line-up è feroce, solida, di altissima caratura.
Ecco, quindi, che sul second stage avremo in ordine di apparizione SHADING, SLUG GORE, DAMNED SPRING FRAGRANTIA (freschi del decimo anniversario dall’uscita di “Divergences”, cui verrà dedicato il set) e Fulci, mentre il main stage sarà devastato da PROSPECTIVE, BENTHOS, TEN56., Destrage, Soen e, infine, dai Meshuggah.
SHADING

Spetta dunque agli Shading aprire le danze del Dissonance Festival 2023 con il loro metalcore fatto di tecnicismi, growl e linee melodico-progressive dall’impatto cyberpunk dai volumi delle chitarre ahimè molto bassi. Nonostante questo inconveniente tecnico che i cinque porteranno avanti per l’intera loro esibizione, “The Vanishing of Our Lore” e i brani da esso proposti gasano il pubblico stante, paghi dell’energia scaturita dal palco B alle sole tre del pomeriggio.
PROSPECTIVE

Ci spostiamo al palco A dove ad attenderci ci sono i Prospective.
La carica adrenalinica cresce grazie al frontman DANIELE MAGNANI, il cui growl e le cui movenze danno un ottimo seguito al festival. Inutile dire che la band spacca. I tempi contorti, la sezione ritmica, l’influenza progressive sono decisamente accattivanti e orecchiabili, ma, secondo noi, le clean vocals fanno storcere un po’ il naso (c’entrano un po’ poco, ndr).
SLUG GORE

È il turno degli Slug Gore sul second stage: molti di voi conosceranno POLDO e DANNY METAL. I due volti di YouTube e Twitch Italia hanno fondato un quartetto grindcore, con un pizzico di hardcore. Con all’attivo l’EP “Extraterrestrial Gastropod Mollusc” fresco fresco di stampa (autoprodotto, rilasciato nel febbraio 2023), gli Slug Gore ti spettinano e ripettinano i capelli. Blast beats, incazzosi scream, groove e cambi di groove, la band è veloce e atroce nell’esecuzione dei suoi brani intensi. Il concept cui ruota attorno il debut EP fa riferimento ai B-movies splatter e al gore cinematografico: vedi la motosega imbracciata da Poldo su “Mucus Chainsaw”.
Uh, tra chi headbangava c’era chi nel pit risolveva magistralmente un cubo di Rubik!
BENTHOS

Torniamo come schegge impazzite al main stage. I Benthos sono in postazione per allietare i presenti con un experimental progressive metal pesante ed etereo al tempo stesso.
Corposi nei suoni, nei clean vocals e nel growl, i Benthos dimostrano di essere una band altamente professionale ove i contrasti intensi ed emozionali dei brani proposti dal debut full-lenght “II” uscito nel 2021 per ECLIPSE RECORDS conferiscono quella profondità d’animo che non avevamo, oggi, ancora scorto. Il quintetto milanese avrà un forte impatto sul pubblico, a partire dalla timbrica di GABRIELE LANDILLO. Dal suo essere sinuoso e istrionico, dal suo essere rabbioso al suo essere evocativo. Melodiosa, intricata e potente è anche la sezione ritmica: ricordiamo che GABRIELE PAPAGNI ed ENRICO TRIPODI hanno una formazione classica, avendo studiato al Conservatorio Giuseppe Verdi.
Ci troviamo dinnanzi a una nuova perla dell’ambiente prog che catapulta i Benthos nella scena di TesseracT e Periphery, solo per citarne alcuni.
DAMNED SPRING FRAGRANTIA

Ma è ora tempo di Damned Spring Fragrantia e del loro progressive metalcore.
La band modenese celebra quest’anno i dieci anni dall’uscita di “Divergences”, album di debutto rilasciato per BASICK RECORDS, nonché disco seminale del djent italiano.
Groove e swing hardcore la fanno da padrona. I DSF sono massicciamente furenti. NICOLÒ CARRATA propina perle – o mine? – dalla miscela esplosiva di djent, math, prog e hardcore perfettamente equilibrate. E dal vivo rendono tantissimo.
TEN56.

Assetati e affamati (non c’è pausa tra un set e l’altro), ci dirigiamo verso il palco principale, perché i Ten56. scalpitano.
Avremmo dovuto accoglierli lo scorso anno al Dissonance Park al Parco della Musica di Padova, ma causa eventi estremi non suonarono. Eccoli finalmente oggi in tutto il loro splendore.
Abrasivi come pochi e dotati di una aggressività pura e senza fronzoli, i Ten56. infiammano letteralmente il Circolo Magnolia. Il loro ingresso nel metalcore europeo – improvviso, durante la pandemia – fa capolino con il debut “Downer” (2022) e “Downer part II” (2023) editi per OUT OF LINE MUSIC. Il deathcore djent dei francesi Ten56 è così cupo, claustrofobico ed estremo, così coinvolgente e groovy da farli balzare al primo posto della nostra personale classifica immaginaria delle band viste sinora al Dissonance 2023.
Dietro il progetto troviamo l’ex vocalist dei BETRAYING THE MARTYRS, AARON MATTS, e membri di Betraying the Martyrs, UNEVEN STRUCTURE, NOVELISTS e KADINJA. Ciascun membro della band è un mondo a sé con un background di spessore: sono bombe che esplodono, dotati di un carisma, di una tecnica e di una velleità troppo arrapanti (vorrete perdonare il termine). Il pubblico è carico e si riversa in moshpit e wall of death. La proposta dei cinque, con i suoi innesti industrial, scalda anche le viscere del più glaciale degli esseri umani. L’impatto scenico è anch’esso fuori dagli schemi: i ten56. tengono il palcoscenico con maestria ed ego. Sì, perché il loro contorsionismo intrinseco occupa ogni millimetro dello spazio fisico a disposizione.
Sapevate che ten56. è un codice della polizia degli Stati Uniti usato per indicare la presenza sulla strada di un cadavere morto per soffocamento o suicidio causa alcol o sostanze illegali? Che dire, stupefacenti fino in fondo.
FULCI

I Fulci sono relegati al palco secondario, palco che sta loro davvero stretto.
Accompagnati da un batterista in carne e ossa, NICEBOI, e una chitarra in più, non hanno alcuna scenografia a far loro da contraltare. Poco importa: la morbosità dei Fulci è comunque tra noi, in un funereo fulgore.
I Fulci sono la quintessenza del brutal in Italia: macchine assassine ispirate agli horror movies del cineasta italiano LUCIO FULCI, la cui influenza sulla scena metal estrema è innegabile, inanellano brani dai tre full-lenght, ciascuno dei quali è un concept basato su pellicole dello stesso L.F.: “Paura nella città dei morti viventi”, “Zombi 2” e “Voci dal Profondo”. Il sound dei campani è robusto, lancinante, da rendere sordi per almeno un’ora. Rigettano suoni e parole ad un pubblico largamente, felicemente, partecipe. “La vita è troppo breve per suonare e ascoltare riff spompati”, dichiarava la band in una recente intervista. Infatti, i Fulci offrono, senza chiedere, atmosfere destabilizzanti fatte di growling gutturali e sound robusti che si fondono gli uni con gli altri sì da portarli al 35° posto della classifica delle 50 più grandi band death metal stilata da Kerrang!
DESTRAGE

Continua il nostro sali scendi dal palco secondario al palco principale e viceversa. Sono quasi le otto di sera e i Destrage sono pronti a scaldare i motori per la seconda parte del festival.
Quanto vi manca GABRIEL PIGNATA al basso? A noi moltissimo. Visivamente, tecnicamente, espressivamente parlando, i Destrage sono ai nostri occhi un po’ meno Destrage. Nonostante non sbaglino davvero mai un colpo e ci sorprendano ad ogni release, le parti di basso registrate per questa data italiana ci deludono un po’… Abbiamo il cuore spezzato, ecco. Ad ogni modo, i Nostri distruggono, creano, si trasformano e sublimano senza pause. Giunti al loro sesto album in studio “SO MUCH. too much”, il sound dei Destrage è sempre ricco, intricato, complicato, melodico, ironico, funky, una figata. Mette in risalto lo straordinario talento e le mille sfaccettature dei suoi componenti.

“Purania”, “The Chosen One”, “Symphony Of The Ego”, “Italian Boi”, “Everything Sucks and I Think I’m a Big Part of It” e “Don’t Stare at the Edge” sono solo alcuni dei brani in scaletta provenienti dalla discografia della band.
L’energia sprigionata dal tentacolare FEDERICO PAULOVICH, dalle chitarre di RALPH SALATI e MATTEO DI GIOIA e dalla voce di PAOLO COLAVOLPE è sempre mostruosa.
Non c’è stato un concerto in cui i Destrage fossero sotto tono, e questo è un fatto.
SOEN

Con l’arrivo dei Soen sul palco del Dissonance 2023 quasi tutti i presenti lasciano le rispettive postazioni – chi si trova all’area relax, chi al food&beverage, chi al merch – per accogliere e per godere del calore del supergruppo svedese.
Giunta a Milano in ritardo causa volo, la band, che non ha potuto fare il sound check (non che ce ne fosse stato bisogno, ndr), si è affrettata a calcare il palco del Magnolia infondendo immediatamente quell’energia positiva che sa sprigionare in occasione di un live. Perfezionisti all’ennesima potenza, i Soen portano in scena il più classico progressive metal con brani come “Savia”, “Martyrs” e “Lotus”. La timbrica di JOEL EKELÖF è calda e morbida. Siamo in un’oasi di pace e tranquillità nella frenesia della giornata.
È la quiete prima della tempesta.
MESHUGGAH

Cala il buio.
I Meshuaggah salgono sul palco del Dissonance 2023 alle 22:05.
Immutabili, come il titolo della loro ultima release.
Appaiono dinnanzi una consolidata scenografia per attaccare, avanzando granitici come una cosa sola, con “Broken Cog”. Poche parole, ma molti fatti. I Meshuggah non si perdono in chiacchiere, loro suonano – anzi, te le suonano. Non c’è via di scampo e la fine di un brano segna l’istantaneo inizio del successivo. Prendendo a mani basse dalla loro immensa discografia, i Meshuggah ti prendono, ti masticano, ti sputano fuori. JENS KIDMAN e soci sono più carismatici che mai, proprio non riescono a non sferrare ritmi così tecnicamente micidiali e dal groove mastodontico. È un caso che Meshuggah in ebraico significhi pazzo?
Non è invece un caso che i ten56. abbiano oggi ringraziato i Meshuggah di essere la fonte di ispirazione per una generazione di musicisti che non sarebbe attiva se i Meshuggah non avessero fatto quello che invece fanno.
“Rational Gaze”, “Ligature Marks”, “Born in Dissonance”, “Demiurge” sono alcuni pezzi che devastano i numerosi accorsi questa sera. I suoni sono al limite della perfezione da ogni angolazione del Circolo Magnolia e il growling di Jens Kidman – un vero assalto frontale – si erge ottimamente in questo muro di suono, dove ogni colpo sferrato da TOMAS HAAKE alla batteria, ogni nota di basso e di chitarra raggiungono i nostri padiglioni auricolari e le nostre cervicali dispari, precisi, possenti.

Il pubblico, esploso con il primo brano in scaletta, sembra volerne sempre di più. Per tale motivo lasciamo amareggiati la venue: i Meshuggah hanno suonato solamente un’ora.
Un concerto dei Meshuggah è comunque molto più grande della somma delle sue parti. Questa sera abbiamo assistito al concerto di una delle band più grandi in circolazione e nessuno, a questo, potrà controbattere.
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