di Thanks For Choosing
La tracklist è tutta in maiuscolo, e non faccio altro che pensare a Myss Keta, o a Dola se vogliamo essere più underground. Solo che stiamo parlando dei Liles/Maniac. Da una parte abbiamo Maniac (ex Mayhem), con la teatralità estrema, personaggio chiave della scena black-metal norvegese, dall’altra parte c’è l’eccentrico Andrew Liles, la cui produzione va dal progressive alla dub. Due carismi imponenti che si scontrano e sovrappongono in un album strano, stratificato, oscuro e che mette decisamente a disagio. Una base elettronica, ritmi dispari, pochi ma molto ampi respiri, sussulti, dilatazioni, atmosfere da rave party post-apocalittici ai confini del mondo, sincopi e vortici che sfociano nella techno. Inaspettatamente, un album che può e deve piacere soprattutto a chi con metal e messe sataniche non ha molto a che fare, che si adatta bene in contesti da Club To Club e da dj set notturni del Primavera Sound. Un mondo infinito e dispero in cui immergersi disperati, come nelle sabbie mobili.
Consiglio un ascolto concentrato, notturno e possibilmente vagamente alcolico. Per i fan degli Zu, ma anche della techno berlinese, per chi non ha mai sopportato quest’estetica da metallari forestieri, e per chi vuole solo ascoltare qualcosa di diverso. Un buon modo per ritrovarsi su sentieri non ancora tracciati e per entrare in contatto con, ammetto la mia ignoranza, la Archeological Records, un’etichetta/laboratorio musicale che si impegna per fare archeologia musicale (che esiste, a quanto pare), all’ecologia e alla musica sperimentale. Un bel minestrone di realtà e sonorità, tutto ben ordinato e specifico che è impossibile non apprezzare. Da ascoltare.

