Le favelas saranno le architetture del futuro. Il mondo sbagliato sarà il mondo del futuro. I poveri di oggi, sarà il mondo del futuro. Che mondo ci aspetta…nel futuro?
Inizia in maniera poco rassicurante questo esordio de El Santo, una maschera da lucha libre dietro la quale si celano l’inventiva di Giorgio Scorza, Daniele Mantegazza e Lorenzo Borroni (La Stasi) e quella di Pasquale Defina (Volwo, Atleticodefina). Registrato dal vivo presso le Officine Meccaniche di Mauro Pagani, “Il topo che stava nel mio muro” è un condensato di ottimo rock italiano e non a caso tra le collaborazioni troviamo alcuni esponenti della miglior musica italiana. Tra gli altri, il sax e clarino di Roberto Romano (Baustelle) e il tocco alla registrazione di Antonio Cupertino (Teatro degli Orrori, Verdena, Vinicio Capossela).
Le undici tracce del disco vanno via che è un piacere, con alcuni picchi di pregevole fattura che nulla hanno da invidiare ai più blasonati nomi del rock alternativo peninsulare (Garage#5, Marabù, Sugar Ray). Afterhours, Verdena, Vinicio Capossela sono solo alcune delle coordinate di questa band che dimostra di avere mezzi e capacità per elaborare una loro dimensione personale ed estremamente coinvolgente. Una menzione particolare per i testi, sospesi tra ironia caustica ed poeticità letteraria di volta in volta declamati, sussurrati, cantati e gridati in ottima sintonia con l’incedere mai monotono della musica.
Casualmente mentre scrivo mi trovo proprio in Messico. Da queste parti c’è chi considera El Santo, un luchador famosissimo durante gli anni cinquanta e sessanta, una specie di eroe nazionale. Ha incarnato l’essenza dell’eroe mascherato meglio di chiunque altro, in perenne lotta contro i cattivi di ogni sorta tanto da aver recitato in una serie di film-culto (con titoli come El Santo Contra los Zombies o El Santo en la Venganza de las Mujeres Vampiro). Al contrario dell’eroe messicano, il protagonista de “Il topo che stava nel mio muro” non sembra voler combattere in maniera frontale il male del mondo. Sembra piuttosto un eroe stanco e deluso, che preso atto dell’invincibilità della malvagità sparsa nel mondo non può fare altro che somatizzarla in uno sfogo artistico dalle tinte multicolore, in un’amara e avvincente espressione artistica.
Marco Dalla Stella

