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I JASPERS vedono la luce lungo la fine di un infervorato 2009. Il progetto prende inizialmente una forma decisamente orecchiabile, dolce, pop. Una musica che permettesse loro di avere quell‘esposizione e quelle entrate remunerative che le loro competenze tecniche infine meritavano. Ma furono proprio queste competenze ad avere la meglio sul progetto.
Lasciata intatta l’ossatura delle produzioni, i sei l’hanno arricchita, storpiata, distorta, ma sopratutto infettata con la moltitudine di influenze proprie di ogni rappresentante del gruppo.
Gli argini dell’iniziale progetto hanno ceduto alla spinta inarrestabile dell’ispirazione folle e in costante stato degenerativo, che si sprigiona quando i sei musicisti si ritrovano per comporre. Quel limbo che loro stessi definiscono una vera e propria “orgia creativa”.
Impostazioni teoriche quali neuropsicologia, psichiatria, psicanalisi nonché manie, psicopatie, difficoltà cognitive, allucinazioni, alterazione della percezione della realtà, disturbi bipolari, demenza, schizofrenia, clozapina, carbamazepina, sertralina, benzodiazepine, aripiprazolo, zolpidem, fluoxetina sono solo parte della grande musa ispiratrice dei Jaspers. I Jaspers trovano un equilibrio in questo turbinio di forze tanto sperimentali quanto popolari!
Mondocomio, il disco d’esordio
Il mondo è un manicomio da cui ci libererà la musica.
Normalità e follia, maschere e verità, nevrosi e liberazione. La musica dei Jaspers rimbalza fra diversi poli, impazzita come una pallina che erompe dalla macchina da gioco e spacca il vetro del conformismo. Il mondo è un manicomio, anzi come riporta il titolo di questo disco d‘esordio un “Mondocomio”. Multiforme come le loro canzoni che unisce una scrittura rotondamente pop a mille influenze frammentarie ma ricomposte in un‘indole espressionista e teatrale. Solidi impianti hard rock, elettronica, costruzioni prog-metal, addirittura reggae e ballad da manuale. Il gruppo milanese non lascia perdere nessuna delle possibili soluzioni di una creatività indomita, e con lo stesso spirito va ad affrontare nei testi i tanti malesseri di una realtà di gabbie fisiche e mentali, dove crisi dell‘io e alienazione sono all‘ordine del giorno.
Non stupisce allora che nel corso del processo creativo che ha portato al disco i sei componenti della band, il cui nome omaggia il grande psichiatra tedesco, abbiano iniziato a esplorare ciascuno un proprio personaggio con la sua psicopatologia, raccontata con l‘urgenza che è tipica dei gruppi importanti. Il dottore (cantante) e la sua illusione di
onnipotenza, la cavia (l‘altro cantante) e la sua relazione costante con il dolore, il supereroe (bassista) e il suo eccesso nella capacità di sogno, il robot/macchina (tastierista) e la sua umanità poco più che latente, il businessman (chitarrista) e il suo conformismo allo status quo ed infine l’inserviente (batterista) e la sua mania dell’ordine e del controllo. Maschere, personaggi, persone che dal vivo mettono in scena un concerto ricco di inattesi spunti teatrali, uno spettacolo che ha già saputo farsi valere su diversi palchi d‘Italia. Baudelaire diceva che “l‘io è un altro”, cosa che gli Jaspers sanno bene perché “altra” è anche la loro musica. Un qualcosa di sorprendente, vivo ed eccezionalmente personale. Anzi, multi-personale.