chiamamifaro, al secolo Angelica Gori, è una delle voci più promettenti dell’indie pop italiano. Un indie pop di vecchia scuola, non per l’ineluttabile senso di nostalgia e di gioventù sbiadita, quanto per la qualità dei pezzi e per il loro potenziale di aggregazione.
Dai primi singoli come Pasta rossa o Bistrot, catartici canti di amore e disamore, si è fatta strada fino a pubblicare l’album Post nostalgia, uscito per Sony nel 2022. MA MA MA è il suo ultimo singolo, un pezzo estivo con una produzione pop rock e un hook martellante che si aggancia al cervello.
L’abbiamo incontrata, parlando di come sdoganare il pogo ai concerti indie-pop, della annosa dicotomia Battisti–Dalla, della moda delle rime, dei brani con decine di autori tra i credits, e di cosa ci dobbiamo aspettare dal presente e dal futuro. E abbiamo avuto la conferma che, spesso, dietro a chi scrive pezzi brillanti c’è una mente che, brillante, lo è altrettanto.
MA MA MA è una hit estiva – nel senso più nobile del termine – soprattutto per l’hook “ma ma ma cazzo!” che ti si incolla in testa. È vero che scrivere un pezzo “estivo” è più facile rispetto a una ballata piano e voce?
Dipende. Questo pezzo è stato una sorpresa, perché io avevo scritto la strofa insieme ad Alessandro – il mio chitarrista – e ce l’avevamo pronta da un po’ quando siamo andati a fare questa session con Celo, Itto ed Etta. Quando si fa una session con gente nuova il primo giorno si combina poco o nulla, si capisce come lavorano gli altri. In questo caso invece, dopo pochissimo è uscito il ritornello e da lì è stato tutto in discesa.
Ultimamente sono sorte alcune polemiche contro i pezzi internazionali che trovano decine di autori nei credits. Meglio una squadra ristretta o meglio aprirsi a più collaborazioni possibili?
Io tendo a lavorare con chi mi sono trovata bene, ha poco senso avere troppa gente nuova su un pezzo in un’ottica di album dove le canzoni devono avere una coerenza. Adesso lavoro con Marco Paganelli, che è la persona di riferimento per la produzione dei miei brani. Anche le canzoni che non produco con lui, passano da lui per uno step prima del mix. E poi con Itto, Celo, Etta. Questo non vuol dire non aprirsi a collaborazioni, perché invece sono importantissime e molto stimolanti. Si tratta di tenersi strette le persone con cui lavori bene!
MA MA MA è uno sfogo liberatorio, il racconto di un addio non detto ma ugualmente doloroso: l’uptempo e la produzione pop-rock lo rendono un pezzo da cantare a squarciagola con gli accendini ad un concerto. Può esistere solo in cuffia?
Il tour dell’estate scorsa mi ha gasato tantissimo e mi ha fatto capire meglio le dinamiche della musica dal vivo. Finito quel tour scrivevo solo pezzi up-tempo e molto band, che mi immaginavo in ottica live. Non vedevo l’ora di tornare a suonare. MA MA MA è uno di questi e sono qua che aspetto con ansia le prime date del tour estivo per vedere la gente cantarla con me e pogare sotto palco. Il mio obiettivo è sdoganare il pogo ai concerti indie-pop. Ci sto lavorando.
Il tuo primo disco, Post nostalgia, è uscito nel 2022. La post nostalgia è generazionale e insita nei vent’anni, o è una condizione permanente dell’essere?
Non credo di poterlo ancora sapere, visto che ho solo vent’anni, ma qualcosa mi dice che non sia una cosa generazionale. La nostalgia non è un sentimento che passa quando si compiono i trenta, quindi immagino che non lo sia nemmeno la post nostalgia, che nella mia testa è quel momento in cui decidi di lasciare andare le cose, le persone, i posti che ti creano nostalgia e li vivi con un po’ più di leggerezza. È una nostalgia un po’ più dolce.
In Metaverso, brano d’apertura dell’album, canti “a volte perdo senno ma non perdo sonno”. Naturale pigrizia che porta a dormire anche nei momenti di ossessione, o voglia di scoprire cosa il cervello ci farà sognare, sperando ci dia qualche consiglio?
Sicuramente pigrizia, quasi patologica: credo che dormire sia la mia attività preferita al mondo e non funziono se non dormo almeno 9 ore a notte. Però anche i sogni mi intrippano parecchio: mi capita spesso di sognare delle canzoni e di riuscire a ricordarmi dei piccoli frammenti quando mi sveglio. Trovo assurdo come il mio cervello abbia voglia di fare musica pure mentre dormo. Stacanovista.
E tra l’altro, mare o montagna? Battisti o Dalla?
Sapevo sarebbe arrivata (ride, ndr.). Alla prima domanda rispondo mare, perché da bergamasca doc, le montagne le ho a due passi e dicono sia nella natura dell’uomo volere sempre quello che non abbiamo.
Su Battisti e Dalla il discorso è più complicato, potrei essere accusata di blasfemia. Dato per scontato che sono due artisti inarrivabili, che tutti i musicisti dovrebbero studiare, diversi tra di loro e con delle discografie – soprattutto quella di Battisti – da commuoversi… ad oggi sento che Dalla è più contemporaneo. Mi parla di più.
Nel secondo pezzo del disco, Addio sul serio, dici che vorresti imparare a dire addio sul serio, come i presidenti o i kamikaze: ma i presidenti sanno dire addio sul serio?
Non me la sento di esprimere giudizi su temi di cui non sono competente. Quella frase è un’iperbole per dire che in realtà nessuno è capace di dire addio sul serio: qualcuno di noi si lascia, altri scompaiono nel nulla, c’è chi si dimette da un ruolo o chi si fa esplodere, ma rimarremo sempre tutti vincolati al nostro vissuto. Soprattutto ora con internet, in cui ogni nostra azione diventa indelebile; siamo nell’era degli arrivederci piuttosto che degli addii.
Dagli anni ’60 in poi si è gradualmente perso in buona parte l’uso della rima. Nei tuoi pezzi è una costante spesso inaspettata e sorprendente, che rende i pezzi memorabili. Come si fa a rendere la rima interessante senza farla diventare banale e scontata?
Se ci fosse una regola mi piacerebbe saperla, io faccio solo del mio meglio. La rima è una delle mie fisse, credo di non averne mai lasciata una aperta. Quando la gente non le chiude mi urta proprio. Io sicuramente mi complico la vita, sono una professionista a scrivere melodie che prevedono pochissime sillabe di cui l’ultima è accentata. È una sfida, ma quando finalmente esce la chiusa giusta, dopo ore su Cercarime.it, è una grande soddisfazione.
Angelica e chiamamifaro hanno dei punti di divergenza? Quali?
Pochi. chiamamifaro mi piace pensare sia solo un nome e non un personaggio. Sicuramente da quando sono chiamamifaro mi sono messa molto alla prova e ho scoperto cose di me che non sapevo. Se avessero detto ad Angelica 4 anni fa che nel 2022 sarei stata davanti a 14.000 persone al Forum di Assago a cantare in apertura ai Pinguini Tattici Nucleari senza paura, ma solo una carica immensa, non ci avrei creduto. Eppure è successo.
Pensarci è ancora molto presto, ma tanto i preparativi ormai iniziano mesi e mesi prima… se dovessi andare in gara a Sanremo, quale cover canteresti?
Cercherei sicuramente di tenermi lontana dai classici intoccabili perché il pubblico di qualsiasi generazione ha un legame troppo stretto con quelle canzoni e reinterpretarle è sempre molto rischioso. Conoscendomi finirei per fare Vita Spericolata, ma a mente lucida opterei per qualcosa di caciarone e divertente come aveva scelto Madame la prima volta con Prisincolinensinainciusol o Olly con La Notte Vola. Probabilmente qualcosa di Rino Gaetano.
MA MA MA è uscita: adesso che succede? Dove ti vedremo?
Adesso usciranno delle altre canzoni. Sto scrivendo e cominciando a chiudere il secondo album e non vedo l’ora che arrivi l’estate per essere di nuovo in giro sui palchi di tutta Italia a fare i miei balletti scoordinati. Sono carica.
Filippo Colombo