Un batterista che fa anche il cantante, una chitarra dai volumi impressionanti che diventa all’occorrenza anche basso. I Little Pieces of Marmelade (LPOM) sono stati la rivelazione dell’ultima edizione di X Factor con i loro suoni saturi e distorti ma soprattutto grazie allo stile che sfiora il rock e attraversa gli anni settanta, il grunge, con un tocco post – punk.
Un impatto sonoro che ha spiazzato il pubblico con performance tirate, dirompenti, asciutte. È giunto il momento in cui possiamo goderci dal vivo questa band nella loro dimensione ideale, perfetta e magistrale.
Rockon ha intervistato i LPOM prima del loro concerto al Parco di Villa Tittoni e abbiamo scoperto due personalità davvero prorompenti ma soprattutto appassionate e ambiziose.
L’esperienza a X Factor quanto è stata un compromesso per il vostro “animo ribelle”?
Paradossalmente è stato un compromesso quasi pari a zero perché siamo arrivati in tv con le nostre idee e siamo usciti dal programma con le nostre idee. Abbiamo vissuto questa esperienza non come una gara ma come un festival, che ci ha dato la possibilità di esibirci e per questo motivo siamo sempre stati noi stessi. Crediamo che per noi più di tutti sia stata libertà espressiva ai massimi livelli. In quel momento c’era bisogno di musica nel mondo e noi abbiamo avuto la possibilità di suonare.
Voi riuscite a fare in due tutto ciò che normalmente una band fa almeno in quattro persone (il cantante DD è batterista e il chitarrista Frank, è anche il bassista), questa cosa non rende tutto più faticoso? Avete mai pensato di allargarvi?
Per noi non è un limite essere in due, anzi, considerando che suoniamo insieme da tempo l’essere in due ha creato un’intesa più veloce. Non siamo contrari all’idea di suonare insieme ad altre persone, ma semplicemente non ci abbiamo mai pensato.


Essere un musicista emergente è già molto difficile in una vita normale, come avete vissuto da questo punto di vista il lockdown? Avete mai pensato che quel periodo di chiusura totale potesse cancellare tutti i traguardi raggiunti fino a quel momento?
Il Lockdown è stato il cimitero dell’arte, noi lo abbiamo vissuto con un disco appena terminato in tasca e pronto per uscire che cercavamo in tutti i modi di far girare. In questo senso X Factor è stata la salvezza. Paradossalmente siamo sopravvissuti grazie alla tv che è strano per il tipo di musica che facciamo. Diciamo che fortuna e ambizione ci hanno aiutato in un periodo davvero tanto difficile per chi fa musica.
A proposito di X Factor, durane i live avete avuto l’opportunità di suonare con Alberto Ferrari dei Verdena, come è stato?
Suonare con Alberto è stato il nostro premio. Siamo fan dei Verdena quindi è stato un sogno che si realizza. La cosa che ci ha più colpito è stata la sua disponibilità, ci ha trattato come dei musicisti e non come dei concorrenti.
Questo è il vostro primo tour. Qual è secondo voi la cosa che più vi eccita e quella che vi terrorizza?
Non ci terrorizza nulla del tour anzi non vediamo l’ora che si aggiungano altre date in verità. Siamo affamati e vogliamo suonare live, lo abbiamo sempre desiderato.
Quanto è importante il coinvolgimento del pubblico durante i vostri concerti?
Il pubblico per noi è fondamentale, anche se in verità durante X Factor siamo stati abituati a suonare dal vivo senza pubblico. Adesso il pubblico è presente, nonostante il distanziamento percepiamo che c’è del “pepe” le persone hanno voglia e bisogno di ascoltare musica, e quella carica la senti. La loro energia è importante.
Fareste un concerto in streaming?
L’idea dei concerti in streaming non ci ha mai attratto, proprio perché mancava quel feeling con il pubblico, è tutta una storia diversa e siamo felici di essere riusciti a esibirci dal vivo post lockdown.


Parliamo della copertina del vostro Album che è stata disegnata da Frankie, come mai avete deciso di cambiarla per la seconda pubblicazione?
Originariamente il disco era uscito pre X Factor e aveva una copertina realizzata con dei collage che però ci in tv ci hanno bocciato perché c’erano dei riferimenti alla marijuana. I discografici del programma ci hanno proposto una copertina alternativa ma troppo seria, che non ci rappresentava, quindi abbiamo combattuto affinchè la nostra immagine non venisse percepita con un semplice logo. E lato nostro è stata una vittoria poterne realizzare una seconda secondo il nostro modo di essere, che riflettesse noi stessi.
Dove vi collocate nel panorama musicale italiano?
Sicuramente non nel panorama vecchio e non in quello contemporaneo. In verità non ci pensiamo, il già doverci etichettare per noi è limitante. Diciamo che come musicisti non ci collochiamo in un panorama definito, siamo semplicemente noi e basta.
Qual è l’augurio che vi “auto augurate” per il prossimo futuro?
Fare numerosi concerti e pubblicare tantissimi dischi, dischi che non siano tutti dello stesso genere, vogliamo sperimentare. Ci auguriamo di fare ciò che ci piace per sempre.

