Foto di Andrea Ripamonti | Articolo di Michela Ravasio
Quella all’Alcatraz si prospetta come una serata nostalgica, con qualche nota romantica e quel pizzico di mestizia che un genere soprannominato love metal può regalarci. Mi chiedevo come sarebbe stato il ritorno in pompa magna di Ville Valo, con il suo Heartagram schiaffato dietro al palco con l’aggiunta delle sue iniziali nel mezzo. Ci sarà gente? Qualcuno che sente la mancanza degli HIM e vuole fare un viaggio nel tempo tra vestiti neri, berrettini e matita sotto gli occhi? Ci saranno nuovi fan?
Ho avuto la mia risposta quando sono entrata nel locale e mi sono accorta di non essere affatto la più vecchia lì dentro. Rispetto agli ultimi concerti a cui ho partecipato, la media di età si era alzata parecchio. Dubito che la mattina dopo qualcuno dei presenti dovesse andare a scuola… Con mio stupore, mi trovo attorno anche un sacco di persone e per l’occasione è stato pure allestito il palco grande. Giuro che non mi aspettavo tutta questa affluenza per un genere che pensavo ormai di nicchia. Io e la mia amica ci siamo ritrovate già abbastanza schiacciate ancora prima che il gruppo spalla iniziasse.
Veniamo al dunque.
Kælan Mikla
Sullo stage, avvolte da una luce bianca appaiono le Kælan Mikla e subito il flauto a traverso suonato dalla tastierista Sólveig Matthildur ci prende per mano. La prima traccia ci culla in un mondo fatato – o stregato? – con delle note dark-wave e gotiche, con il cantato delicato di Laufey Soffía che ci fa da ninna nanna e ci rilassa nonostante il basso distorto di Margrét Rósa ci stia facendo vibrare lo sterno.
L’incantesimo si scioglie però durante brani come Kalt o Andvaka quando la vocalist inizia a urlare fortissimo a venti centimetri dal microfono come se stesse lanciando una qualche fattura sul pubblico. L’utilizzo che le tre ragazze islandesi fanno dei riferimenti alla stregoneria sembra più sentito in queste canzoni post-punk di strilli altissimi e stonati che in quelle dark-wave dal ritmo sinuoso.

Ciò che ci è chiaro, nonostante la differenza che c’è nel cantato da una traccia all’altra, è che la band ha trovato un suo stile. Quello che ci troviamo ad ascoltare sono tre streghe che con i loro vestiti oscillanti gridano in una lingua nordica che sembra incantata. C’è una sorta di magia per tutta la loro esibizione.
Siamo così presi dalle note, che quasi ci sembra normale quando durante Sólstöðu lanciano urla disperate, a turno, nei loro microfoni.
E forse è proprio una frase di questa canzone che ci riassume il vero spirito delle Kælan Mikla: “le streghe evocano gli spiriti sotto la gelida aurora boreale”.

Ville Valo
Se ci troviamo qui, questa sera, è per l’Heartagram sulla locandina del concerto. Siamo qui per VV, o meglio per Ville Valo, o – per essere specifici – per il cantante degli “ormai furono” HIM.
La scaletta era chiara fin da prima dell’inizio del concerto: l’alternarsi di una canzone dal nuovo album solista e di un revival dei vecchi successi. La differenza tra il pubblico si sente fin da subito. C’è chi canta fortissimo solo le canzoni degli HIM, c’è chi sa un po’ tutto e ha addosso la maglia con l’Heartagram da perfetto devoto e c’è chi – intento a postare la diretta di tutto il concerto sui social – canta giusto le canzoni nuove.
Ville sembra in ottima forma rispetto ai tour passati dove non si sentiva al microfono o dove a malapena sembrava aver voglia di cantare. Stasera sembra essere felice di essere in tour, sorride alla platea, penzola lì dov’è cercando di cantare brani vecchi di vent’anni senza steccare nonostante la sua voce non sia più la stessa. Insomma, sembra in buona.
Senza sosta lui e i suoi turnisti passano da una canzone all’altra, da Echolocate Your Love alla meravigliosa The Funeral of Hearts, da Buried Alive by Love alla nuovissima In Trenodia. Non si rivolge quasi mai al pubblico se non per un “buonasera” e per qualche “grazie” qua e là, mentre la band procede spedita nell’esibizione di tutte le quattordici tracce in scaletta.

In un’ora siamo già al momento dell’encore. Rapido, indolore, senza pogo, senza salti, senza mani alzate – se non per filmare -.
Un concerto un po’ asettico, devo dire. Non per colpa dei musicisti o di Ville ma a mio parere per la tipologia di musica e per la maniera in cui è stata recepita. Se mi fossi ritrovata a osservare la performance di Valo in un teatro, seduta, forse l’avrei preferito. Non ci sono stati momenti in cui il pubblico potesse ballare, chi non era schiacciato come sardine nella bolgia di quelli che volevano filmare il cantante, se ne stava immobile a braccia conserte. Da un punto di vista oggettivo, Valo era così intento a cantare, lì fermo come un palo, che non si è mai degnato di chiedere al pubblico di partecipare tenendo il ritmo delle canzoni, non ha cavalcato l’onda del momento di accendere i flash dei cellulari durante i lenti – When Love and Death Embrace si sarebbe prestata – .

In ogni caso, sappiamo che Ville Valo è un personaggio eccentrico, quindi eravamo abbastanza preparati.
Forse mi ripeto, ma pensavo sarebbe andata peggio, visto i trascorsi e visto i racconti di vecchi live che mi erano arrivati alle orecchie. Tutto sommato, alla fine, è stata una buona esibizione.
L’unico momento in cui il cantante si è dilungato un poco di più nel parlare con il pubblico, è stato durante l’encore, dove all’improvviso è diventato estremamente loquace. Così loquace che mi sono chiesta se non stesse cercando di allungare il brodo visto che non erano ancora le 22.30 e già eravamo all’ultima canzone.
In conclusione non posso dirmi insoddisfatta o delusa da questo live perché è stato di gran lunga sopra le mie aspettative. Il fantasma degli HIM si stende ancora come un velo pesante e l’effetto nostalgia si è fatto sentire. Anche le nuove tracce vivono di un eco di sound passati e piacciono perché è come se le lancette scorressero all’indietro. A volte però mi chiedo se sia giusto vivere approfittando di questi fantasmi.
Clicca qui per vedere le foto di Ville Valo in concerto a Milano (o sfoglia la gallery qui sotto).
VILLE VALO – la scaletta del concerto di Milano
Echolocate Your Love
The Funeral of Hearts
Neon Noir
Right Here in My Arms
Loveletting
Buried Alive by Love
In Trenodia
Wings of a Butterfly
Heartful of Ghosts
Join Me in Death
The Foreverlost
The Kiss of Dawn
Run Away From the Sun
When Love and Death Embrace
Encore:
Soul on Fire
Salute the Sanguine
Poison Girl
Saturnine Saturnalia

Alessia
03/03/2023 at 20:23
Il concerto di VV di ieri è stato un apoteosi di emozioni, un viaggio tra la storia degli Him e il percorso attuale di Ville Valo, una rinascita elegante e ricercata che non abbandona il ”love metal” che tanto amiamo. Il passo è più leggero, perfettamente in linea con l’uomo che è diventato e che, il suo pubblico ultra 20ennale, accoglie come un abbraccio dopo una lunga attesa. Il suo è il ritorno di cui avevamo bisogno, è mancato come l’aria. Un concerto meraviglioso con una prestazione vocale molto al di sopra delle aspettative. Abbiamo ballato, ci siamo divertiti, lo abbiamo sentito fin sotto la pelle.
Denis
03/03/2023 at 21:11
Ero presente al concerto e concordo con tutto il tuo discorso….ma mi è sorto un pensiero sulle condizioni di salute di Ville Valo…più magro del solito e apparentemente stanco(capisco la tournée)….poi l’assenza di canzoni del repertorio direi fondamentali per una performance live….
Fammi sapere….sono un super fan degli him e di Valo quindi qualche particolare l’ho notato